New York: la guerra al Coronavirus si combatte anche in moto

New York: la guerra al Coronavirus si combatte anche in moto
  • di Jeffrey Zani
Muoversi rapidamente per rispondere alle necessità: è il grande vantaggio della moto. Anche e soprattutto in piena emergenza Coronavirus, dove c'è bisogno di mezzi veloci per consegnare strumenti di protezione al personale degli ospedali. Una storia americana
  • di Jeffrey Zani
31 marzo 2020

Le mani vicino ai cilindri della sua Triumph per scaldarsi nel freddo serale del marzo newyorchese. Il semaforo, rosso. Alle spalle il Williamsburg Bridge, che collega Manhattan a Brooklyn anche nei giorni in cui dentro la Grande Mela si fa largo un verme chiamato Coronavirus.

Sulla seconda metà del sellino, quella libera, una scorta di mascherine N95 e qualche bottiglia di disinfettante. Meredith aspetta il verde. È diretta nel Queens, dove c’è un altro dottore che aspetta. Lei, che di giorno fa parte dello staff di Vice e proprio per la testata statunitense ha raccontato la sua storia, è insieme ad altri tre motociclisti.

Vengono da Manhattan, dove hanno consegnato a un medico parte di un carico fatto di mascherine, disinfettanti, tute ignifughe, guanti e occhiali. All’aperto, senza riti né formalità. Su un marciapiede del quartiere di TriBeCa.

Il dottore, con un cappellino da baseball, una felpa grigia col cappuccio. Un sacchetto nero, di quelli per l’immondizia. È lì che ha messo il materiale.

Il semaforo è verde, adesso. Si riparte. Gli altri compagni di viaggio si fanno prendere un po’ la mano, il passo diventa frizzante. Uno di loro si chiama Ryan. È stato lui a sensibilizzare i motociclisti di questa metropoli da oltre 8 milioni di abitanti per fare qualcosa, dare una mano.

Stava curiosando sui social media, quando ha notato il tweet di Masks for Docs, una rete di oltre mille volontari che raccoglie e gestisce materiale destinato a chi in questi giorni combatte il COVID-19.

Cercavano qualcuno per consegnare il materiale destinato agli ospedali. Lui non aveva perso tempo. Si era fatto sotto, aveva coinvolto un’amica che poteva contare su un furgone: la trasferta a Long Island, a Est di New York, per prelevare il materiale che era poi stato trasportato a Brooklyn e smistato ai motociclisti. I vantaggi di muoversi su due ruote a New York sono diversi. Primo, la velocità. Maggiore, rispetto alle auto.

Secondo: ci si può dividere a seconda delle necessità. E poi, si carica e scarica più rapidamente: tutto ciò può fare la differenza, in un periodo in cui il tempo non è denaro, ma vita.

Mentre i due maschietti filano presi dal testosterone, Meredith rimane un po’ indietro. Fa niente, meglio non strafare. Alla sua sinistra, la Manhattan che ha lasciato pochi minuti fa. Le luci dell’Empire State Building, la solennità severa dei grattacieli che si svelano e nascondono mentre la ragazza procede verso la sua meta. Sembrano giocare a nascondino, celando le mille vite che si sviluppano fra le mura domestiche, mai così abitate come in questo periodo. D’altronde questa è una città dalle mille sirene, dove ogni canto sembra raccontare di un pretesto per rimanere fuori a fare qualcosa.

Entrare nel cuore di New York era stato strano, per Meredith. Una quiete surreale. Nel Queens incontra un altro medico, questa volta accompagnato dalla sua ragazza. Anche lui sistema il materiale in un sacchetto dell’immondizia. Ringrazia. Missione compiuta.

Il racconto risale al 21 marzo. La totalità dei motociclisti coinvolti con Masks for Docs, che coordina le richieste degli ospedali e le donazioni cercando di dare le cose giuste a chi ne ha necessità, erano i quattro i protagonisti di questa storia. In pochi giorni sono diventati più di cinquanta. Oggi, la pagina web in cui venivano raccolte le adesioni non accetta più richieste.