Massimo Clarke: "Dalla leva all'asfalto. I freni"

Massimo Clarke: "Dalla leva all'asfalto. I freni"
Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Con sforzo ridotto il pilota genera, grazie all’intervento del sistema di comando, delle pastiglie e del disco, una coppia frenante che rallenta la moto, agendo tramite il complesso ruota-pneumatico. Ecco come | M. Clarke
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
5 giugno 2014

Cosa succede esattamente quando si tira la leva del freno? Lo sanno tutti, la moto rallenta, e lo fa in maniera tanto più vigorosa quanto maggiore è la forza con la quale si agisce sulla leva stessa. Ma c’è un limite alla decelerazione che si può ottenere. Quando la forza frenante che il pneumatico trasmette al suolo raggiunge un determinato valore, la ruota si blocca, il pneumatico perde aderenza e semplicemente slitta sull’asfalto, con conseguenze che possono essere anche molto serie. Non solo lo spazio di arresto si allunga notevolmente, ma viene meno anche la possibilità di controllo da parte del pilota. In effetti il rischio che questo possa accadere nelle moderne moto sportive è minimo, a meno che il fondo stradale non abbia un coefficiente d’attrito estremamente basso, come si verifica ad esempio nel caso di marcia sul bagnato. Su un normale asfalto asciutto, prima di arrivare al bloccaggio della ruota anteriore la decelerazione diventa infatti tale da far sollevare la ruota posteriore dal suolo.
 

La possibilità di regolazione delle pompe della serie RCS consente di scegliere tra due rapporti di leva diversi
La possibilità di regolazione delle pompe della serie RCS consente di scegliere tra due rapporti di leva diversi

La forza frenante che un pneumatico può trasmettere a terra è direttamente legata al coefficiente di aderenza e al carico gravante sul pneumatico stesso.
In staccata avviene un trasferimento di carico. Come tutti i motociclisti ben sanno, in tali condizioni la forcella si comprime e la maggior parte del peso del complesso moto+pilota va a gravare sulla ruota anteriore. Il retrotreno si alleggerisce e il freno posteriore serve a poco, ai fini del rallentamento. La forza frenante che esso può trasmettere al suolo infatti è assai modesta. Al limite, si può arrivare come visto al sollevamento della ruota posteriore dall’asfalto. In tal caso l’intero peso della moto e del pilota va a gravare sulla ruota anteriore.
Il trasferimento del carico, a parità di decelerazione, è tanto più accentuato quanto maggiore è l’altezza dal suolo del baricentro e quanto minore è l’interasse della moto.


Per semplicità e chiarezza facciamo riferimento al freno anteriore di una moto dotata di un solo disco. Il principio di funzionamento è assai semplice: quando si tira la leva del freno si mette in pressione il circuito idraulico che aziona la pinza, le cui pastiglie serrano quindi il disco, ostacolandone la rotazione.
La forza con la quale le pastiglie agiscono sulla fascia frenante del disco deve essere molto elevata, per ottenere una potente decelerazione, mentre lo sforzo che la mano del pilota esercita deve rimanere modesto. Alla fine di un lungo rettifilo, quando effettua la staccata, un pilota di superbike o di motoGP agisce sulla leva con una forza che è generalmente ben inferiore a 10 kg.

In che modo è possibile ottenere una frenata così vigorosa? La forza esercitata viene moltiplicata lungo il “percorso” che dalla leva al manubrio la porta alla pinza, ove essa deve raggiungere un valore molto elevato.
Un primo incremento è ottenuto meccanicamente e viene determinato dal rapporto tra due distanze, ossia quella tra il punto di applicazione della forza e il fulcro della leva e quella tra quest’ultimo e il punto di contatto tra la leva stessa e il puntale che aziona il pistoncino della pompa. In questo modo si ha un incremento che in genere è dell’ordine di 3 - 5 volte lo sforzo applicato. Le pompe Brembo della serie RCS presentano la possibilità di regolare la distanza tra il fulcro della leva e il punto di contatto del puntale su due valori differenti: 18 o 20 mm. Nel primo caso il comando del freno risulta più modulabile, mentre nel secondo è più pronto. Il punto di applicazione della forza è quello “medio” della leva, che spesso viene collocato a 50 mm dalla estremità esterna.
 

La forza trasmessa dalla leva al pistoncino della pompa agisce su una superficie ridotta. Tale pressione a sua volta agisce sui ben più grandi pistoni della pinza. Di conseguenza la forza trasmessa a questi ultimi è notevolmente più grande di quella esercitata sul pistoncino della pompa

Il secondo step del percorso dalla leva alla pinza è idraulico. Come noto i sistemi idraulici sfruttano il principio di Pascal, per il quale la pressione di un liquido è la stessa in tutti i punti di un circuito. In questo caso il pistoncino della pompa, di diametro modesto, agisce sul fluido dei freni, il quale a sua volta aziona i pistoni della pinza, che hanno un diametro ben maggiore. Una pressione non è altro che una forza divisa per una superficie; si esprimeva in kg/cm2, che da tempo sono stati sostituiti dai bar (uno dei quali corrisponde a 100.000 N/m2). E la forza con la quale un liquido agisce (su di un pistone, su di una parete, etc…) è costituita dal prodotto tra la pressione e la superficie interessata. Una forza che si ripartisce su di una superficie più estesa genera quindi una pressione minore; e una data pressione che agisce su una superficie maggiore esercita su di essa una forza più elevata.
La forza trasmessa dalla leva al pistoncino della pompa agisce su una superficie ridotta (dato il modesto diametro del pistoncino stesso), mettendo in pressione il liquido. Tale pressione a sua volta agisce sui ben più grandi pistoni della pinza, ovvero su superfici assai maggiori. Di conseguenza la forza trasmessa a questi ultimi è notevolmente più grande di quella esercitata sul pistoncino della pompa.


Il principio di Pascal, corrispondente idraulico della legge della leva in meccanica, è alla base del funzionamento delle presse, dei sollevatori, dei martinetti, eccetera. Nei circuiti idraulici di comando dei freni delle moto le pressioni in gioco generalmente vanno da 8 a 15 bar. L’incremento che la forza subisce viene dato dal rapporto idraulico, ossia quello tra la superficie totale dei pistoni della pinza e quella del pistoncino della pompa, che il più delle volte è compreso tra 20 e 32. L’aumento totale ottenuto, passando dalla leva alla pinza, è determinato dal prodotto tra il rapporto meccanico e quello idraulico.

La più recente pinza Brembo per impianti frenanti di altissime prestazioni è la M 50. La disposizione ottimizzata del materiale consente di abbinare la massima rigidezza con un peso straordinariamente ridotto
La più recente pinza Brembo per impianti frenanti di altissime prestazioni è la M 50. La disposizione ottimizzata del materiale consente di abbinare la massima rigidezza con un peso straordinariamente ridotto

Il disco viene serrato tra le pastiglie della pinza con una forza, perpendicolare alla fascia frenante, che grazie all’attrito ne genera un’altra tangenziale che ostacola la rotazione. La coppia frenante è costituita dal prodotto tra quest’ultima forza e il raggio “utile” del disco. Questo non è uguale a metà del diametro del disco stesso, ma è sensibilmente inferiore. Tale raggio infatti è costituito dalla distanza tra l’asse di rotazione e il centro della superficie sulla quale agisce la forza frenante (ovvero quello della zona di contatto delle pastiglie) e non il margine esterno del disco. La coppia frenante è quindi legata alla pressione idraulica, alla superficie totale dei pistoni della pinza, al raggio utile del disco e al coefficiente d’attrito delle pastiglie.
La coppia frenante, che come visto viene generata a livello del disco, va trasformata in forza frenante che la ruota deve trasmettere al suolo (qui viene chiamato in causa il diametro della ruota stessa), cosa che avviene tramite il pneumatico, le cui caratteristiche, unitamente a quelle dell’asfalto, sono pertanto fondamentali.
 

Dettaglio di una fascia frenante di ultima generazione, con ridotto spessore radiale, vincolata alla campana con sistema T-drive
Dettaglio di una fascia frenante di ultima generazione, con ridotto spessore radiale, vincolata alla campana con sistema T-drive

La scelta dei vari parametri che determinano il comportamento del sistema frenante costituisce una delle fasi più importanti nello sviluppo e nella messa a punto di una moto da competizione. Tra l’altro, si tratta di trovare un compromesso ideale tra la potenza e la modulabilità, e qui entrano in gioco i gusti personali dei diversi piloti. Negli ultimi tempi in superbike si è assistito a un aumento della diffusione delle pompe con pistoncini da 17 o da 18 millimetri, leggermente più piccoli rispetto al passato, abbinati a pinze esse pure con pistoni di diametro minore (30 e 34 mm). Inoltre, solo alcuni piloti continuano a utilizzare dischi da 320 mm, mentre molti sono passati a quelli da 328 e alcuni, di recente, a quelli da 336 mm. Per quanto riguarda le fasce frenanti, oramai è consolidato l’impiego di quelle con altezza radiale ridotta da 34 a 30 mm.
Per i motociclisti più esigenti la Brembo ha sviluppato una nuova pompa della serie RCS, dotata di pistoncino da 17 mm, che gia viene impiegata da diversi piloti e che si accoppia perfettamente con le nuove pinze M 50, monoblocco ad attacco radiale, con quattro pistoni da 30 mm, sviluppate in base alla filosofia progettuale della ottimizzazione topologica. 

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