La Motocicletta nel Novecento

La Motocicletta nel Novecento
Maurizio Tanca
  • di Maurizio Tanca
Un centinaio di pezzi pregiati rappresentativi del secolo scorso, in mostra all’aperto in piazza Duomo a Milano, domenica, 11 settembre
  • Maurizio Tanca
  • di Maurizio Tanca
12 settembre 2011

Domenica 11 settembre, davanti al Palazzo Reale di Milano, è stata allestita la mostra statica a fini esclusivamente culturali intitolata “La Motocicletta nel novecento” (sottotitolo: “un secolo di storia Motociclistica italiana ed Estera in esposizione”) che dalle ore 9 alle 16 ha visto allineate nel piazzale incastonato tra il Duomo e l’Arengario – sede del nuovo Museo del 900 - un centinaio di motociclette rappresentative del secolo scorso, parecchie delle quali di gran valore in assoluto. Un’esposizione molto interessante, organizzata dal C.M.A.E. (Club Milanese Automotoveicoli d’Epoca, presieduto dall’architetto Marco Galassi)) con il patrocinio dell’A.S.I. e del Comune di Milano, nell’ambito delle celebrazioni nazionali per il 150° dell’Unità d’Italia.


Lo spirito degli organizzatori della mostra è stato un po’ quello di riproporre, seppur nell’ambito di una sola giornata, una pregiata selezione motociclistica sulla falsariga di quella denominata “The Art of The Motorcycle”, allestita nel 1998 nel celebre museo Solomon R. Guggenheim (visitata da oltre un milione di visitatori) e riproposta l’anno successivo e nel 2001 rispettivamente a Bilbao e Chicago. E, come accaduto in quelle occasioni, anche della manifestazione milanese verrà presto realizzato il relativo libro fotografico.
Davanti a Palazzo reale abbiamo ammirato, come già detto, parecchi esemplari davvero di gran pregio. Come rimanere insensibili, per esempio, davanti a una Moto Guzzi Norge 500 gemella della protagonista del famoso viaggio effettuato nel 1928 da Giuseppe Guzzi dalla fabbrica di Mandello del Lario a Capo Nord? L’esemplare esposto a Milano, e portato alla mostra dal proprietario semplicemente…guidandolo, è stato recuperato in Sud America, e al suo attivo ha anche un viaggio in Patagonia.


E che dire della magnifica “voce” suadente della belga FN500 a 4 cilindri longitudinali del 1910? O del ringhio della mitica, estrosissima Megola (prodotta tra il 1921 e il ’25): una delle moto più ardite che si sia mai vista, con un motore stellare a 5 cilindri da 640 cc incorporato nella ruota anteriore?
Si, c’erano tanti begli esemplari, all’esposizione milanese. Però….Però, se ci è consentito un appunto, in una mostra dedicata alle moto del novecento ci saremmo aspettati anche svariati altri modelli rappresentativi dell’ultimo trentennio del secolo scorso: invece abbiamo ammirato “solamente” una Lambretta 200dl, una Moto Morini 3 ½, una Ducati 750SS, una Laverda 750 SFC, una Kawasaki Z1300 a 6 cilindri, una Suzuki RG500Gamma, una Bimota YB11, oltre a due Paton da GP: una bicilindrica 500 bialbero e una Paton 500 quadricilindrica a due tempi. Ma c’erano anche, degne rappresentanti dei giorni nostri (quindi un po’ fuori tema…) le creature della milanese CR&S, ovvero la monocilindrica Vùn e la grintosissima bicilindrica Dùu, della quale il patròn Roberto Crepaldi sta iniziando finalmente le consegne.
A Milano e dintorni sono parecchi gli appassionati collezionisti di moto di interesse storico degli ultimi decenni, sicché crediamo che si sarebbe potuto, con una certa facilità, rendere la mostra meneghina ancora più corposa ed interessante. Lo spazio, del resto, non mancava.


Quanto alla nostra Gallery fotografica, troverete anche l’immagine di una installazione molto particolare, che dal 10 settembre scorso campeggia nel cortile interno di Palazzo Reale, dove rimarrà fino al 2 ottobre prossimo. E che abbiamo voluto inserire in questo contesto non a caso.
Si tratta infatti di un’opera dello scultore pugliese Antonio Paradiso, intitolata “L’ultima cena globalizzata”, ed è costituita da una serie di putrelle d’acciaio contorte e arrugginite. Il che, magari, potrebbe anche lasciare perplessi. Ma che fa cambiare immediatamente idea non appena ne si legge la storia. Quelle venti tonnellate di grossi ferri arrugginiti, infatti, vengono da Ground Zero, e fanno parte delle strutture portanti delle Twin Towers di New York abbattute l’11 settembre di dieci anni fa. Il che, almeno per quanto ci riguarda, fa venire un bel groppo alla gola.
Antonio Paradiso è stato l’unico italiano, di 40 artisti mondiali, autorizzato a scegliere e prelevare gratuitamente le putrelle da un hangar dell’aeroporto Kennedy, dove erano adagiate, per realizzare il suo progetto artistico presentato alle autorità newyorkesi.