I Racconti di Moto.it: "La moto-moto"

I Racconti di Moto.it: "La moto-moto"
Sarà stata la discussione con un amico motociclista circa l'acquisto di una prossima moto. Sarà stata una pizza coi peperoni e la digestione degna di un coccodrillo. Ma sono un paio di notti che mi sveglio...
2 agosto 2013


Sarà stata la discussione con un amico motociclista circa l'acquisto di una prossima moto. Sarà stata una pizza coi peperoni e la digestione degna di un coccodrillo. Ma sono un paio di notti che mi sveglio con immagini, frasi, ipotesi sul misterioso perché alcune moto trasmettono a pelle, e non solo a chi scrive, la netta percezione che ci sono le moto e ci sono le... moto-moto. Queste ultime non necessariamente sono le più veloci o performanti (anzi, spesso non lo sono affatto), o più fashion o trendy, o più costose o più tecnologiche. In generale interessano una fascia di motociclisti non di primissimo pelo, gente che del tempo sul giro, di quello da casello a casello o dei secondi sul quarto di miglio se ne frega abbastanza. A spanne se ne frega abbastanza anche dei ride by ride e delle infinite mappature, dei traction control e delle sospensioni che ragionano da sole, si regolano da sole, si rompono da sole.


Tuttavia queste moto-moto è difficile che lascino indifferenti, hanno un non so che che attira i motociclisti tutti, e sia i tipi inscatolati dentro le auto ai semafori, sia i passanti quando ne vedono parcheggiata una. Prima di passare a un incompleto elenco di quello che considero le moto-moto provo a fare un'analisi su cosa hanno in comune. Intanto sono belle. Esteticamente ignoranti e a volte non solo esteticamente. Tutte nude o poco vestite: ampie scollature, short corti, qualche fazzoletto c'è per evitare l'offesa al pudore. Hanno una bellezza non da design, non da galleria del vento, non da firma: hanno la bellezza della funzione. Condotti di scarico grossi come tubi innocenti, molle posteriori possenti, forcelle che sembrano tronchi, gomme d'aereo bene in vista, motori dall'aspetto spavaldo, sovrastrutture tanto per dire. Poi hanno quasi tutte un blasone, ergo sono italiane o europee perchè diciamocelo, le jap per quanto efficaci e perfette, la nobiltà... eh no... non l'hanno ancora. Poi incutono rispetto e da ferme sembra che si muovano. E' capitato di recente di vedere una Griso (ecco ne ho già detto una) accanto (ma non troppo) ad altre in un pargheggio per moto.


Tutti le lanciavano uno sguardo e non gli è mai mancata la compagnia di 3 o 4 persone intorno. Ecco allora quelle che per me sono le moto-moto. A voi la possibilità di aggiungerne se ho spiegato bene lo spirito e cosa intendo. Moto Guzzi Griso. Mi ricorda le moto-moto del passato: Laverda SFC e Norton Manx per dire due capolavori a caso. Come altre moto-moto viene chiamata al maschile: «il» Griso. Due cilindroni lucidi che si mangiano anche il serbatoio, tuboni sopra e sotto, un forcellone-cardano che a smontarlo bisogna tenerlo in quattro, un obice di grosso calibro per terminale. Muscolosa come poche, imponente, pesante, maleducata, invadente. Se sbagli a metter bene il distante cavalletto prega di avere quadricipiti, e bicipiti, possenti.
Fosse una donna avrebbe il fascino schietto e diretto di Anna Magnani.


Ducati Monster. La prima serie però. Anche lei è declinata al maschile: il Monster. Novecento a carburatori e vecchi valvoloni. Neanche il contagiri: chi la guida va a orecchio e sa che se sbaglia prende tanti calci nel di dietro. Una vecchia SBK cui un incidente ha portato via le carene e poi un serbatoio e una sella, non serve altro. Scorbutica e nervosa la nonna, le nipotine hanno poi, purtroppo, imparato un po' le buone maniere. La prima però la riconosci dal suono, senza vederla. Fosse una donna sarebbe un'amiccante Rosa Fumetto.
BMW K1200 o 1300 R. Postatomica. Potrebbe essere la moto di Blade Runner. C'è tecnologia, a partire dalla strana forcella e sembra un prototipo mai finito. Potente, molto, ma vedendola nessuno si azzarda a dire «quanto fa?». Abbastanza è la risposta. Il concetto è chiaro anche se si passeggia lungomare. Non ti aspetti che parta a razzo ululando ai semafori. Non ne ha bisogno, non deve mostrare nulla. Già fa molto il piccolo scudetto bianco/azzurro e quel 1200 o 1300 accanto. Fosse una donna? Una inquieta Nina Hagen Buell.

Tutte tranne la Thunderbold e l'Ulysses. Un motorone imbarazzante, vecchio come un bluesman nero, serviva giusto qualcosa intorno che lo portasse in giro. Una sella presa dalle motociclettine delle giostre e un serbatoio con la capacità di una borraccia. Incongruente: esile ma con i muscoli così. I non motociclisti leggono «Buell» e si chiedono che moto sia. Mancando la conoscenza non viene meno il rispetto: quei due cilindri che sembrano pesare più della moto tutta, anzi sono la moto tutta, parlano da soli. Fosse una donna sarebbe un'inossidabile Cher.

Benelli TNT. Ben oltre 1000 e tre cilindri italiani. La "più disegnata di tutte" e anche la più azzardata. Il design moderno rende le moto abbastanza uguali, come fossero complementi d'arredo. Lei no: intanto si vede da lontano che non è una jap ma neanche una tedesca. C'è il design raffinato, quasi snob, ma questo non nasconde la sostanza. Il radiatore laterale sghembo mostra persino una ventola impudica, il forcellone è arte moderna, gli scarichi sono fusi con la coda minimale e la faccia da tecnoinsetto: una moto da videogioco. Sprizza dinamicità da ogni bullone. La vedi ferma e la immagini correre.


Una lei da abbinare? L'elegante e piccante Kate Moss KTM Duke 690. La seconda versione, quella che Kiska ha tagliato col bisturi e il goniometro. Il mono più evoluto di sempre, leggera come una libellula, scattante come un ragno. Non è pari per fascino alle altre e sul cavalletto rischia di confondersi. Ma guardata meglio sa di cordoli e di posteriore che galleggia in staccata disegnando virgole sull'asfalto. La bellezza di una moto che sembra da subito specialistica. Quindi per pochi. Le altre le puoi desiderare e dire «quasi, quasi...me la compro», questa no. Non si porta a passeggio o per farsi vedere. Sarebbe uno spreco e se non hai il piglio giusto...Eh si, ha il guizzo scattante di Uma Thurman.


Giuseppe Cadeddu
 

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