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Se vi trovate a passare da Tallinn, Estonia, potreste trovare una singolare lapide a bordo di una strada che nel 2000 vide sfrecciare tante moto in un evento road racing dove partecipava anche il nordirlandese Joey Dunlop, forse il pilota più amato di sempre delle road race.
Joey era appena reduce da un meraviglioso Tourist Trophy dove aveva raggiunto le 26 vittorie conquistando la F1, la Lightwheight e la Ultralightwheight, ponendo il suo nome al vertice dei più vittoriosi di sempre al TT. Un anno prima, a 47 anni, aveva trionfato in uno dei più emozionanti Ulster GP di sempre battendo "DJ", David Jefferies che in quel momento era il più forte e credibile avversario di "JD" nelle road race insieme all'astro nascente John McGuinness. David purtroppo morirà tragicamente a Crosby nel 2003 scivolando ben oltre i 200 km/h durante le prove del Tourist Trophy.
Ma in quel 2000 William Joseph Dunlop era al top della forma mentale e agonistica e il termine "vecchietto" gli stava strettissimo. La stagione era iniziata benissimo, il supporto di Honda continuava a essere totale e, se vogliamo, anche un po' atipico per i giapponesi che in genere non gradiscono che i loro piloti provvedano ai mezzi ufficiali in proprio e li portino in giro anche per gare di secondo piano, mentre Joey era tutto: meccanico, pilota, team manager, autista e chissà cos'altro quando non era dietro al bancone del Joey's Bar dove lavorava quando non indossava la tuta di pelle.
Quel giorno, era il 2 luglio del 2000, era però a Tallin, in Estonia, in sella a una piccola 125 cc: aveva già vinto due gare dell'evento - non certo uno dei più rilevanti, ma passionale e sentito come molte road race - e si accingeva a vincere anche quella. Era in testa alla gara che sarebbe forse stata una delle sue ultime perché Joey sentiva che la sua carriera era agli sgoccioli.
Non c'è mai stata una vera spiegazione di quello che accadde ma nelle road race molte cadute dagli esiti sgradevoli avvengono a causa di piccoli dettagli, infinitesimali scostamenti dalla traiettoria, banali guasti meccanici o semplicemente perché il pilota da il 100% e l'imprevisto è sempre dietro l'angolo e quel giorno l'asfalto, peraltro, era bagnato.
Joey perde il controllo della Honda 125, cade e muore dove oggi troviamo la lapide e il mausoleo: era il 2 luglio 2000. Ironia della sorte, ma non è l'unica di questa storia, Joey era un uomo di cuore immenso e generoso ma il suo mausoleo qualche anno fa è stato saccheggiato da ignoti balordi irrispettosi della memoria di un uomo che non esitava a riempire il proprio Mercedes Y11 D di beni di prima necessità e portarli nei Balcani in soccorso di bimbi in difficoltà, rifugiati e persone bisognose, attività che gli fruttarono il titolo di OBE (Officer of British Empire) che aggiunse, senza troppo pensarci, a quello di MBE ( Member of British Empire).
Joey non era soltanto un professionista delle corse su strada e un poliedrico e versatile pilota (le sue partecipazioni non si limitano alle road race in tutte le cilindrate ma le cronache lo vedono partecipare anche al motomondiale), ma un vero mito. Ai 26 TT si aggiungono i 24 Ulster GP e le 13 Northwest 200 oltre ai 5 campionati del mondo F1, ma la sua popolarità era dovuta anche per la sua umanità, il suo voler essere una persona normale, lo stesso che molti anni prima aveva - con l'Armoy Armada ma senza patente per la moto - dato inizio a una epica storia di coraggio, road race e passione. Se 25 anni dopo siamo ancora qui a ricordarlo, se sentiamo ancora il suo carisma e avvertiamo viva la sua eredità non è soltanto perchè quella dei Dunlop è una dinastia incontenibile, ma perché la storia di questi campioni è quella delle persone comuni che lavorano, sognano, bevono birra, hanno le mani sporche d'olio motore, le unghie unte, lo sguardo felice, ispirano.
Il suo funerale fu partecipato da 50.000 persone e a 25 anni di distanza da quel tragico 2 luglio la celebrazione del campione e dell'uomo trascina un'altra volta il pubblico e i piloti: tra le tante iniziative tra Irlanda del Nord e Isola di Man quella che chi scrive non vorrebbe perdersi è quella attesa per il Classic TT di agosto: il nipote Michael (oggi il più vittorioso di sempre al TT con 33 vittorie) porterà sullo Snaefell una replica della Honda VTR SP-1 usata in gara dallo zio. La stessa riprodotta nella statua che ricorda Joey e la sua VTR e che tutti coloro che vanno sull'Isola di Man vanno a visitare quando passano dal Bungalow, in cima al Mountain. La stessa della sua vittoria strepitosa nella TT F1 del 2000 ma anche la medesima del terzo posto al Senior TT del 2000, il suo ultimo Senior TT prima di partire per Tallin e lasciare il mondo delle road race e del motosport da solo con la sua leggenda.