Suzuki GSX-R750: la superleggera

Suzuki GSX-R750: la superleggera
Arrivò nel 1985, si chiamava Hyper Sports, era velocissima e leggera, una vera replica delle mitiche Suzuki da Endurance. All’epoca costava quasi 10 milioni di lire. Ecco la mia prova pubblicata nel giugno di quell’anno
6 agosto 2014

Era da un po’ che in redazione stavamo pensando di pubblicare prove “storiche” delle moto più importanti e significative che hanno fatto la storia del motociclismo, diciamo, dalla metà degli anni settanta ad oggi. Prove effettuate e pubblicate proprio in quegli anni - complete di rilevamenti strumentali e di tutte le informazioni disponibili - realizzate da Nico, da Maurizio Gissi e da me, cioè i tester più "over" di Moto.it.
Ci sembrava una bella cosa comunicare ai lettori – molti dei quali magari le avranno già lette ai tempi, ma molti altri certamente no – le nostre sensazioni di allora, senza cambiare una virgola (se non correggendo qualche refuso sfuggito quando ancora si scriveva con la Olivetti Lettera 32 o, al massimo, con le prime macchine da scrivere elettroniche) ai nostri testi originali. Testi che spesso, letti oggi, fanno perfino tenerezza per il modo in cui esprimevamo i nostri giudizi, o rimanevamo stupiti da quelle che consideravamo stravolgenti supermoto (e chiaramente lo erano, parametrate al loro periodo storico) e che, provate oggi, probabilmente ci farebbero sorridere. Con le debite eccezioni, naturalmente.
Quindi abbiamo dato il “la” a questa nostra iniziativa, che speriamo risulti gradita a molti amanti della motocicletta e della sua storia, appassionando anche qualche giovane in vena di leggersi le nostre esperienze passate. E che magari sia stuzzicato dal pensiero di comprarsi oggi una delle agognate top bike di quando scorrazzava col tubone "truccato". 

E iniziamo con la Suzuki GSX-R750 del 1985: una delle primissime Racing Replica mai costruite, che allora costava quasi 10 milioni. Una moto che nell’anno del suo debutto vinse la 24 Ore di Liegi e la 1000 km d’Estoril, gestita dal mitico Team SERT (Suzuki Endurance Racing Team) di Dominique Meliand: uno squadrone ancora oggi ai vertici del mondiale Endurance in veste di Campione in carica, e con al suo attivo un palmarés ricco di ben 13 titoli iridati.

Arriva l’Hyper Sports

Si chiama Hyper Sports la nuova, attesissima “belva” giapponese: è questa, infatti, la denominazione ufficiale che contraddistingue la Suzuki GSX-R 750. Una denominazione che ci dà da pensare, perché dopo «Sport» e «SuperSport» siamo ora al prefisso «Hyper»: dopo di ché non rimarrà a disposizione che «Ul-tra» ai diabolici nipponici, prima di coniare nuovi aggettivi per le loro moto. Scherzi a parte, la nuova arma Suzuki, diretta concorrente della stupefacente Yamaha FZ750, ha fatto parlare molto gli ansiosi appassionati. «È il più incredibile concentrato di tecnica mai realizzato: l'assoluto motociclistico!» dice la campagna pubblicitaria studiata per la GSX-R. Per la quale vengono dichiarati solo 176 chili di peso a secco, una potenza di oltre 100 cavalli, una velocità massima di 240 chilometri orari, oltre ad un angolo di inclinazione in curva di ben 55 gradi.

Eravamo ansiosi, dunque, di sottoporre alla prova completa questa superbike, che aveva lasciato qualche perplessità dopo i primi test in pista in Giappone. La derivazione della GSX-R 750 da una moto da corsa è palese, sia nella tecnica che nell'estetica: lo staff di progettisti della Suzuki, con a capo Etsuo Yokouchi, si è infatti chiaramente ispirato alla famosa GS1000R regina del Mondiale Endurance. Inoltre, l'ingegner Yokouchi, grande appassionato di tecnica aeronautica, ha voluto metterne un pizzico anche nel motore della nuova moto. E ha così utilizzato un singolare, anche se non nuovissimo, sistema di raffreddamento ad olio, ispirandosi ad uno dei più famosi aerei da caccia della seconda guerra mondiale, il Mustang P51. Il circuito di raffreddamento del nuovo 750 Suzuki, infatti, è stato progettato come potenziamento di quello di lubrificazione, risparmiando così in termini di peso rispetto ad un raffreddamento a liquido tradizionale. Il sistema, denominato SACS (Suzuki Advanced Cooling System), è basato su due pompe dell'olio poste nel basamento, al servizio di due circuiti separati: la prima delle due pompe spedisce l'olio (5,5 chili sono contenuti nella coppa) al grosso radiatore in alluminio; l'olio viene successivamente filtrato e passa attraverso la seconda pompa, che si occupa del circuito di lubrificazione. Ne beneficiano doppiamente anche i pistoni, lubrificati all'interno tramite ugelli da getti di olio fresco sotto pressione. Il nuovo motore gode anche della testata TSCC (Twin Swirl Combustion Chamber, un brevetto peraltro peraltro ceduto a Suzuki dal suo ideatore, l'ingegnere italiano Vincenzo Piatti, nda), dal layout con valvole più grandi e con condotti di aspirazione e scarico estremamente rettilinei.

I 4 carburatori con valvole a ghigliottina respirano attraverso un grosso filtro dell'aria da 8 litri, alloggiato in zona calma e fresca in un incavo ricavato in alto, sotto la parte posteriore del serbatoio. Il quattro cilindri in linea della nuova generazione Suzuki, inoltre, è più compatto del precedente GSX, anche perché l'alternatore è stato spostato dietro ai cilindri; ed è anche più leggero di ben 9 chilogrammi (e di 22 rispetto al primo GS a due valvole per cilindro).
Un risparmio ottenuto con lavorazioni capillari di alleggerimento sui vari organi, e con l'impiego di leghe pregiate, come il magnesio utilizzato per il coperchio della testata. La trasmissione primaria è a denti dritti, con frizione in bagno d'olio e ad azionamento idraulico, ed il cambio è a 6 rapporti. Comoda la manutenzione della distribuzione: come ormai consueto per Suzuki infatti, il gioco delle 16 valvole è regolabile tramite bilancieri doppi (uno ogni due valvole) recanti vite con dado e controdado, in luogo delle scomode pastiglie calibrate. Anche l'impianto di scarico contribuisce, oltre che all'efficienza, alla leggerezza dell'insieme: il “4-in-1” della GSX-R è infatti trattato al Thermetel, utilizzato per le turbine dei motori a reazione. Ciò ha permesso di risparmiare sul peso e di rendere il complesso di scarico resistentissimo alla corrosione.

Per quanto riguarda la parte ciclistica della nuova Suzuki, i tecnici della casa di Hamamatsu hanno creato un collage di novità tecniche e di soluzioni non tutte attualissime. Per la prima volta su una moto di serie, infatti, abbiamo un (costosissimo) telaio in alluminio, realizzato saldando insieme tubi trafilati e parti in fusione, tutti a sezione rettangolare. Il nuovo telaio pesa 8,1 chili, e il forcellone 2,6 (contro rispettivamente 17 e 3,3 del vecchio telaio in acciaio, che tra l'altro era composto da ben 96 pezzi contro i soli 26 dell'attuale), e la sua realizzazione costa ben due volte e mezzo quella di un telaio tradizionale, ma con leggerezza e resistenza alla torsione ben superiori.

Altra novità tecnica consiste nella nuova geometria della sospensione posteriore, che è denominata New Full Floater ma ricorda da vicino il Pro-Link della Honda. Infatti, il monoammortizzatore ora è fissato superiormente diret-tamente al telaio, mentre la progressione viene conferita dal sistema di imbiel-laggi inferiore. La non attualità ciclistica della Hyper Sports invece la si evince osservando la moto spogliata di carenatura e serbatoio: si nota subito come il pur pregevolissimo telaio imbraghi il motore con molto agio, in special modo superiormente, dove riteniamo si sarebbero potuti guadagnare parecchi centimetri in altezza. In tal modo Io stesso serbatoio avrebbe potuto essere posizionato più in basso a tutto vantaggio del baricentro. Altra soluzione controcorrente riguarda la scelta delle ruote da 18 pollici, quando tutta la recente produzione è orientata sui 16 e sono allo studio ciclistiche con ruote da 17 pollici. Evidentemente i tecnici della Suzuki hanno voluto privilegiare la precisione di guida rispetto alla maneggevolezza, ispirandosi fino in fondo alla moto vincitrice del Mondiale Endurance dell'83. In compenso, unitamente ad un’avancorsa di 107 e un interasse di 1.345 mm, abbiamo un cannotto inclinato di soli 26°, certamente studiato al fine di non penalizzare la manovrabilità del mezzo. Tornando alle sospensioni, il monoammortizzatore posteriore è regolabile sia nel freno idraulico (tramite un nottolino superiore nascosto da un cappuccio in gomma: vi si accede smontando il fianchetto di sinistra) che nel precarico della molla. Operazione, quest’ultima, di tipo micrometrico, in quanto si agisce su ghiera e controghiera che ruotano su una lunga filettatura posta alla sommità inferiore dell'ammortizzatore, tramite due chiavi a settore (non in dotazione). La sospensione anteriore è affidata a una robusta forcella teleidraulica con steli da 41 millimetri, provvista dell'inedito sistema PDF (Positive Damping Force) con freno idraulico regolabile su 4 posizioni e auto variabile dinamicamente in proporzione alle sollecitazioni imposte dal carico e dal fondo stradale. Il precarico delle molle è pure regolabile su 4 posizioni, agendo su una grossa vite a taglio posta superiormente a ogni stelo, come sulle Katana. Anche per l'impianto frenante si è scovata una denominazione particolare: i 3 possenti dischi forati (anteriori da ben 300 millimetri e posteriore da 220 millimetri di diametro) sono infatti asserviti dal sistema detto Decapiston, in conseguenza al fatto che le pinze anteriori hanno ognuna ben 4 pistoncini prementi, mentre la posteriore ne ha 2, per un totale appunto di 10 pistoncini.

Nata per la velocità

Carenatura completa tipo racing, un bel serbatoio dalla tipica forma a cuneo appoggiato sui tubi superiori del telaio in alluminio, un grintoso tubo di scarico “4-in-1” con griglia traforata (non particolarmente bella), poi le staffe poggiapiedi pure in alluminio, la strumentazione essenziale con grafica su fondo bianco, inserita in un cruscottino rivestito di materiale spugnoso.
La nuova Suzuki fondamentalmente ci piace, è aggressiva, possiede in tutto e per tutto l'aspetto (e, come vedremo, anche il carattere) di una moto da corsa. Anche il suo seminascosto motore, verniciato in una piacevole tonalità di grigio opaco, con le alette di raffreddamento fitte fitte, sembra muoia dalla voglia di sfogare da un momento all'altro tutto il suo potenziale.
Per quanto riguarda la sella, invece, saremmo stati più favorevoli a una soluzione monoposto con codone eventualmente trasformabile in biposto (come sulle Yamaha FZ ed RD 500, per intenderci). E certamente avremmo eliminato l'orribile maniglione posteriore.
Per il mercato italiano, la Suzuki ha provveduto a eliminare il bellissimo doppio faro anteriore (che per i soliti oscuri motivi legislativi non è ammesso nel nostro Paese) sostituendolo con uno rettangolare decisamente più piccolo, inserito in una mascherina che va a riempire lo spazio vuoto circostante. La scelta non ci strappa commenti entusiasti: riteniamo che un faro, pur sempre rettangolare, ma di maggiori dimensioni avrebbe certamente giovato all'estetica dell'insieme.

Due le scelte cromatiche a disposizione: una imperniata sull'accostamento bianco/azzurro/blu con sella azzurra; la seconda sull'accoppiamento tra il rosso ed il nero, con bande bianche e grigie, e sella rossa. Ci sono piaciute entrambe, ma riteniamo più gradevole e personale la prima versione dai caratteristici colori Suzuki.
Buono il livello delle finiture e delle verniciature. l particolari sono tutti ben curati, specialmente quelli in alluminio relativi alla ciclistica (oltre ovviamente al telaio): il cavalletto laterale, l’asta di reazione sul freno posteriore, i comandi a pedale, anche se quello del freno posteriore ha un aspetto un po' arzigogolato. Decisamente meglio riuscito quello del cambio, agevolmente regolabile.
Molto fine anche la scelta di viti a brugola cromate a testa emisferica, utilizzate per il montaggio della carenatura. Sulla parte inferiore delle pedane del passeggero sono avvitati due anelli: una simpatica finezza utile per agganciarvi eventuali elastici per assicurare alla sella magari una tuta antiacqua.

Tutto ciò che è strettamente necessario (o quasi)

La Suzuki GSX-R 750 è una moto spartana, essenziale (anche se costosa), nata all'insegna della leggerezza. E ciò è riscontrabile osservandone la strumentazione: il pannellino al centro del cupolino incorpora infatti il contagiri (scalato fino a 13.000 con zona rossa da 11.000) e a sinistra il tachimetro, delle medesime dimensioni, con scala fino a 260 e contachilometri parziale azzerabile. Sotto al contagiri, una serie di sei spie: due per gli indicatori di direzione, poi abbagliante, stampella laterale (meno male!) e pressione olio. Nient'altro. Riteniamo che non avrebbe guastato almeno la presenza di un termometro per l'olio. Il blocchetto della chiave di accensione non prevede la comoda posizione «lock» per il bloccaggio dello sterzo, a favore di un classico bloccasterzo sulla piastra inferiore della forcella: scelta decisamente old-style, che non ci trova consenzienti. Semplici anche i comandi al manubrio, di nuovo disegno e mancanti del comodo dispositivo di rientro automatico degli indicatori direzionali. Pratico il pulsante del lampeggio, che si aziona col dito indice.
Le pompe della frizione idraulica e dell'impianto frenante anteriore hanno due serbatoi separati, contrariamente alla prima versione presentata ai Saloni autunnali, dove il serbatoio era unico per entrambi i servizi. Splendido il tappo del serbatoio del carburante, perfettamente a livello e senza sporgenza alcuna, e ottima la sua tenuta anche con il pieno raso. Comodo da azionare il cavalletto laterale, e completamente assente quello centrale, il che complica le operazioni di manutenzione come smontaggio delle ruote o la semplice regolazione della catena: su una moto del genere andavano quantomeno previsti due nottolini che fungessero da ancoraggio per un cavalletto tipo racing. Il comando dello starter è costituito da un pomello a trazione (a due scatti) sulla sinistra dei carburatori, mentre meno agevole è raggiungere il rubinetto della benzina, un po' troppo spostato all'interno. Il livello dell'olio motore (e di raffreddamento) è facilmente controllabile tramite la solita finestrella trasparente sul carter destro. Una serratura posta appena sopra la pedana posteriore sinistra aziona in un senso l'unico gancio porta casco, e nell'altro lo sganciamento della sella, asportabile solo nella parte anteriore. Sotto di essa, in una vaschetta, sono contenuti gli attrezzi di bordo.

Assetto racing e poche vibrazioni

Non ci è mai capitato di salire sulla GS1000R ufficiale da Endurance, «mamma» della nostra GSX-R. Tuttavia ci ricordiamo molto bene la Kawasaki Performance di Roche e Lafond da noi provata tre anni fa, e comunque abbiamo ben presente anche l'assetto delle RG 500 da corsa. E in sella alla nuova Suzuki, 750 ci si sente proprio cosi.

Pedane molto alte ed arretrate (che gioia per gli spilungoni!), con i comandi ben sottopiede; manubrio non eccessivamente inclinato, busto in avanti. E quando si assume la vera guida corsaiola, è un piacere spostarsi sulla sella, sentirsi il serbatoio tra le braccia. Si tratta comunque di un assetto ottimo per viaggiare forte e per sfruttare al meglio la protettività della carenatura; sono dolori invece quando si affrontano percorsi misti stretti, magari in montagna e con il passeggero, il cui peso affatica notevolmente le braccia del pilota già vessate da un acceleratore decisamente duro e dalla corsa lunga. In compenso la sella è morbida e confortevole al punto giusto, ma solo per chi guida. L'eventuale passeggero su questa moto deve infatti adattarsi. Seduto in alto rispetto al pilota, si ritrova con i piedi a pochi centimetri dalle natiche e quindi con le articolazioni inferiori fortemente angolate. A ciò si aggiunga che il malcapitato, per sottrarsi il più possibile alla pressione dell'aria viaggiando ad elevata velocità in autostrada, debba forzatamente abbassarsi contro il non certo più fortunato pilota, ritrovandosi così in una posizione giusto un filino sacrificata. Fortunatamente, almeno la sospensione posteriore offre un buon grado di confort (sempre relativamente al tipo di moto), contrariamente alla forcella, certamente non progettata per essere una mollacciona. Del resto ci pare giusto sia così, per una moto di questo genere.
Ottimo, come già accennato, il servizio reso dalla carenatura: totale la protezione in posizione abbassata, e molto buona stando seduti, situazione in cui, senza eccessivo aggravio fisico, si riescono a raggiungere anche i 240 orari indicati. Elevatissime dunque le velocità autostradali che la GSX-R consente di tenere. Peccato che, come vedremo più avanti, la ridotta autonomia sia nemica delle lunghe percorrenze. Buono il livello delle vibrazioni, che non arrivano mai al limite del fastidio: solo viaggiando a lungo al massimo è facile che si intorpidiscano lievemente le punte delle dita, segno che si tratta di vibrazioni ad altissima frequenza, difficilmente avvertibili.

Ciclistica «rigida» ma buona, maneggevolezza scarsa

Dicevamo delle perplessità che la GSX-R 750 aveva lasciato durante i test di presentazione alla stampa, tenutisi a gennaio sulla velocissima e impegnativa pista privata di Ryuyo, un tracciato da 170 orari di media. Perplessità cui avevano in buona parte contribuito anche i pneumatici d'origine, i non ottimi Bridgestone Exedra. Vogliamo dunque premettere che la maggior parte della nostra prova, svoltasi su vari percorsi stradali, è stata effettuata utilizzando le nuove Pirelli Sportscomp, in quanto la stessa Suzuki Italia non importerà le Bridgestone come ricambio e i suoi tecnici stanno studiando delle valide alternative da suggerire alla clientela. Vogliamo anche anticipare che il supporto delle Pirelli è risultato fondamentale non tanto in termini di maneggevolezza, ma senz'altro di stabilità del mezzo, risultata globalmente ottima. Fatta questa premessa, vediamo cosa è emerso dalla nostra prova completa.

Si diceva, appunto in occasione dei suddetti test giapponesi, che la Hyper Sports Suzuki non è una moto per tutti: ci sono moto più facili da guidare. Ed è vero. La GSX-R è nata per veri esperti, almeno se la si vuole sfruttare a fondo quantomeno in pista. Certamente anche l'amante della passeggiata domenicale senza pretese velocistiche può tranquillamente utilizzarla, assoggettandosi però con sacrificio ai canoni di guida che la moto e il suo assetto impongono. Perciò, amanti della scampagnata sul lago, delle stradine di montagna, delle gite con il passeggero, preparatevi a sopportare un po' di fatica guidando la GSX-R: specialmente in discesa, il passeggero graverà con il suo peso sulle vostre braccia, troverete l'acceleratore duro, vi si indolenziranno le gambe dopo un po' di chilometri e nei tornanti dovrete imporre alla moto la vostra volontà. E non vi venga in mente di montare il portapacchi e le borse rigide, e tantomeno la borsa da serbatoio. Insomma, a meno che non siate appassionati masochisti, avrete capito che questa moto non fa per voi. Invece lo smanettone, l'amante della pista e dei misti veloci su una moto tutta da guidare, una moto dì carattere, da domare, entrerà subito (o comunque dopo pochi chilometri percorsi nel modo giusto) in sintonia con essa. Capirà che è meglio avere l'acceleratore duro piuttosto che arrivare in staccata con il motore un po' su di giri perché la depressione attira le ghigliottine contro le pareti dei carburatori. E troverà bello l'assetto corsaiolo tutto pepe, con il serbatoio tra gli avambracci e la strada vista attraverso il cupolino. E il motore, calmo e pacioso fino ai 7.500 giri, che si trasforma in una belva scatenata con il contagiri a quasi 11.000 in sesta e il tachimetro a 245!

Con la nuova 750 Suzuki abbiamo percorso quasi duemila chilometri in tutte le condizioni succitate, e abbiamo girato anche sulla pista Junior di Monza. Durante la nostra prova siamo passati da sentimenti di odio (vedi passeggiata in montagna con passeggero etc.) a momenti di vera estasi. In ogni situazione comunque, le Pirelli ci hanno sempre assecondato perfettamente grazie alla loro ottima tenuta laterale ed alla stabilità direzionale. Abbiamo trovato rigida la focella (con molla caricata sulla seconda posizione e freno idraulico al minimo), soprattutto in fase di assorbimento delle asperità, con secchi sbacchettamenti peraltro non allarmanti, in quanto subito smorzati sia dalla rigidità di struttura del telaio che dall'ottimo funzionamento della sospensione posteriore. Il monoammortizzatore, con molla regolata su due terzi della corsa e freno anche in questo caso al minimo, si è sempre comportato egregiamente anzi, spesso abbiamo trovato il New Full Floater addirittura confortevole.
Ottima la precisione nell'eseguire la traiettoria impostata, come ottima giudichiamo la stabilità della moto anche arrivando al limite imposto alle gomme dall'uso pistaiolo, condizione i cui si arriva appena a sfiorare l'asfalto con le pedane, con angoli di inclinazione davvero stabilianti per una moto di serie. Un probante test per la stabilità del veicolo e la tenuta dei pneumatici consiste senza dubbio nell'accelerare decisamente a metà della curva parabolica di Monza, con il risultato di uscire dalla curva velocissima senza che la moto deroghi, con l'avantreno o con il retrotreno, dalla traiettoria scelta, e con la pedana destra a sfiorare l'asfalto. In queste condizioni, senza forzare né in staccata né nel percorrere la variante, si gira in un minuto: tempo che giudichiamo eccellente per una moto di serie, e suscettibile di ulteriore miglioramento. Abbiamo provato anche le Bridgestone di serie, ma solo su strada. Meno omogenee delle Pirelli in fase di inclinazione, le Exedra si sono dimostrate gomme non più che oneste nell'uso comune, e piuttosto difficili da portare in temperatura. Con entrambi i tipi di pneumatici la GSX-R ha dimostrato una buona stabilità direzionale, con lieve alleggerimento dell'avantreno alle alte velocità, ovviamente più accentuato in posizione non seduta, quando anche il corpo contribuisce all’ “effetto vela” e comunque si viaggia ugualmente a velocità indicate ben superiori ai 230 orari. Ricordiamo a tal proposito che la Bridgestone anteriore da 110/80 di serie è più ribassata rispetto alla Pirelli 100/90 da noi utilizzata in pista, dunque con la copertura nipponica avremo un tachimetro più ottimista. 
La misura posteriore (140/70) invece è identica per le due marche.
Fuori dai curvoni velocissimi e dal misto veloce, terreno ove comunque va guidata con decisione e con forza, la nuova 750 della Suzuki come dicevamo soccombe anche nei confronti di concorrenti meno blasonate ma giù guidabili. Nello stretto è dura da portare, faticosa anche per colpa della benedetta manopola del gas così dura. Inoltre non concede molto in termini di correzione della traiettoria, per via della geometria di una ciclistica dal baricentro alto (specialmente a serbatoio pieno) che non favorisce certo la manovrabilità.

La Suzuki GSX-R è molto leggera, il top nella sua categoria e anche tra alcune concorrenti più piccole. Abbiamo rilevato 192 chilogrammi con serbatoio completamente vuoto: sono 16 i chili di differenza rispetto a quanto dichiarato dalla Casa, ma ci sarebbe ancora da togliere olio motore, olio della forcella, liquido della batteria, attrezzi di bordo etc. Del resto le moto da endurance pesano 175 chili, quindi... Tuttavia, la leggerezza della moto è avvertibile negli spostamenti a spinta, ma purtroppo scompare appunto nei percorsi tortuosi. Ottimo per modulabilità e potenza l'impianto frenante, specialmente il doppio disco anteriore: anche nelle staccate più violente la moto non si scompone, e non abbiamo riscontrato nemmeno quei fastidiosi saltellamenti al retrotreno che spesso caratterizzano le moto con motore a quattro tempi. Solo l'inserimento in curva risulta ostico a moto ancora frenata, ma senza perdite di aderenza allarmanti.

Sornione ai bassi regimi, rabbioso agli alti, sembra un “2 tempi”

La Suzuki GSX-R 750 gode di un motore che, unitamente a quello della Yamaha FZ, sua diretta concorrente, offre prestazioni strabilianti per una moto di serie di tale cilindrata: valori assoluti in termini di potenza e velocità massima, che superano di gran lunga le avversarie di pari cilindrata per avvicinarsi a quelle delle millecento della penultima generazione. A questo si aggiunga che la Suzuki, in collaborazione con Pop Yoshimura, ha realizzato tre kit di elaborazione che permettono di incrementare i valori di potenza a livelli terribili per una moto da usare in strada, ma fortemente competitivi per correre.
Il nuovo motore Suzuki raffreddato ad olio quindi offre molto al pilota: un'unità non dotata della straordinaria coppia in basso caratteristica della FZ, ma tuttavia docile e trattabile fino a circa 7.500 giri, quando la potenza arriva con la cattiveria tipica di un motore a 2 tempi. L'avviamento a freddo è pronto, mentre a caldo è necessario insistere un po' con il motorino. Tra l'altro è consigliabile chiudere il rubinetto della benzina (che non è del tipo a depressione) quando si lascia la moto ferma per un po’, per evitare eventuali ingolfamenti. Il rumore allo scarico è sordo e sornione, per nulla fastidioso andando a spasso o circolando in città. La tonalità diventa entusiasmante tirando le marce, un vero sollucchero per lo smanettone: non si tratta però dell'urlo lacerante tipico degli scarichi aperti, ma di un suono cupo e certamente gradevole a patto di essere fuori dai centri abitati, come del resto con qualunque altra moto. Al minimo invece il borbottio è irregolare, ad un regime non bassissimo (pena lo spe-gnimento) che tuttavia non si riesce a definire, in quanto la scala del contagiri, come su ogni moto da corsa che si rispetti, inizia da 3.000.

Il terreno migliore dove apprezzare in pieno il motore della Hyper Sports comunque è l'autostrada, o comunque il misto velocissimo, quando, assecondati da un cambio eccellente, secco e preciso, si snocciolano le marce tirando fino a 12.500 giri indicati, regime oltre il quale non è più utile insistere. La velocità massima si raggiunge in fretta e, come già detto, non si può dire di essere infastiditi da vibrazioni insostenibili. Anche la frizione idraulica si è rivelata eccellente, come del resto Suzuki ci ha ormai abituati: precisa nel disinnesto, non ha mai dato segni di affaticamento nemmeno dopo le ripetute sollecitazioni in accelerazione imposte dai nostri rilevamenti. Anche il cambio, contraddistinto dagli ultimi tre rapporti piuttosto ravvicinati, non ci ha mai creato problemi di alcun genere: è molto preciso, con una corsa abbastanza corta e dall'innesto infallibile. Facile da manutendere, non silenziosissimo di meccanica, il quadricilindrico in linea della GSX-R è risultato anche esente da qualunque trafilaggio per tutto il periodo della nostra prova.

Buona bevitrice, ma top di categoria con 234 orari

Abbiamo già annunciato per questa moto prestazioni eccezionali. La nuova Suzuki oggi certamente divide con la Yamaha FZ il trono della categoria settemezzo, in attesa di sfida da parte della Honda (che pare stia per presentare addirittura due 750 sportivissima siglate «R», una con motore V4 e una con un “4 in linea”) e della Kawasaki (di cui non viene importato in Italia la GPZ 750R, troppo vicina alla gemella 900 per avere successo). Con 12 secondi netti sui 400 metri da fermo (rilevati con pilota di 75 chili e l'apparecchiatura Peiseler a bordo) e più di 234 chilometri orari di velocità massima effettiva, la GSX-R, almeno per un po’, è dunque la nuova regina della sua categoria, della quale tiene indisturbata lo scettro per quanto riguarda il peso, dove vince il confronto anche con la stessa Yamaha RD 500 LC.
Netta la differenza dalla Yamaha FZ nella ripresa dai 60 km/h in sesta marcia, dovuta al tipo di erogazione nettamente più favorevole della «venti-valvole» di Iwata, che in questo campo ha fatto meglio addirittura dell’ammiraglia FJ 1100. Gli spazi di frenata sono risultati invece inferiori alle aspettative, anche se da ritenere buoni in assoluto: le prestazioni in tal senso infatti sono risultate inferiori (anche se di poco) a quelle ottenute con la Honda CBX 750 e con l'altra sette e mezzo Yamaha, la XJ. Durante i nostri rilevamenti infatti, grazie alla potenza e alla modulabilità del doppio disco anteriore, non siamo riusciti ad evitare, complice la leggerezza della moto, il netto sollevamento da terra del retrotreno. Dobbiamo comunque tranquillizzare i futuri utenti della nuova Suzuki: infatti tale fenomeno, nell'uso generale, può accadere solamente se il pilota vuole esibirsi in qualche piccolo show per gli amici. Osservando i Gran Premi di velocità, del resto, solo una volta ci è capitato di vedere il funambolico Randy Mamola, in lotta con Roche, compiere una simile evoluzione in corsa.

La volce relativa ai consumi è un po' la nota dolente della velocissima Suzuki. Il suo consumo medio è infatti risultato essere di 11 chilometri con un litro di super. Non diamo molto peso al valore riscontrato durante i rilevamenti alla velocità massima, che dà una percorrenza vicina agli 8 chilometri al litro.
Del resto la stessa Katana 750, nelle stesse condizioni, aveva fatto meglio di pochissimo. Tuttavia, anche andando a spasso, difficilmente si superano i 14 chilometri al litro, e in città, con un utilizzo allegro ed un frequente uso del cambio, non abbiamo percorsi più di 11 km. Ne risente dunque l'autonomia, che mediante si aggira su percorrenze di poco superiori ai 160 chilometri, naturalmente escludendo la riserva (4 litri circa).
Traendo le conclusioni riguardo alla nuova Hyper Sports, dobbiamo anzitutto dire che la sua denominazione risulta azzeccatissima. Si tratta di una moto nata dalle competizioni e depotenziata (ma non troppo) per l'uso di tutti i giorni; ciononostante non è propriamente la moto per tutti, specialmente per chi non ama il sacrificio fisico che richiede. Oltre naturalmente a quello economico. La nuova Suzuki costa infatti poco meno di 10 milioni (franco concessionario), dividendo anche qui con la Yamaha FZ il record (negativo) di categoria.
È dunque fondamentale che il futuro acquirente faccia bene i propri conti: se l'utilizzo previsto sarà a livello racing (la GSX-R sta già dominando le varie gare per moto tipo «Production» in giro per il mondo), chiaramente pensiamo che la scelta sia ottima, anche per il materiale già disponibile per elevarne le prestazioni ad altissimo livello. Anche il classico fanatico delle velocissime smanettate, dei curvoni con pieghe da capogiro, del motore da corsa usato su strada (con la dovuta oculatezza) e della saltuaria tirata in pista non potrà certo chiedere di meglio. È un moto che vuole il classico “pugno di ferro in guanto di velluto” per dare il meglio di se stessa; quindi, amanti delle passeggiatine romantiche, forse è meglio lasciar perdere...

Scarica i file pdf sulla tecnica del motore e sul kit racing

Suzuki GSX-R750 – La scheda tecnica

Casa costruttrice: Suzuki Motor Co Ltd. Ha-mamatsu Hishi, P.O. box 1 423/91, Hamamatsu, Japan
Importatore: Suzuki Italia S.p.A., Strada della Campagna 308, 10148 Torino, tel. 011/257888
Prezzo: lire 9.864.600 f.co concessionario
Forma di garanzia: 12 mesi
Gamma colori: bianco/blu, rosso/nero

MOTORE
4 tempi, 4 cilindri in linea frontemarcia raffreddato ad aria più olio (sistema SACS: Suzuki Advanced Cooling System).
Distribuzione bialbero a camme in testa comandata da catena simplex centrale, con 4 valvole per cilindro; testata tipo New TSCC
Alesaggio e corsa mm 70 x 48,7=749 cc.
Rapporto di compressione 11:1.
Potenza max 100 cavalli a 10.500 giri
Coppia max 7,3 kgm a 8.750 giri
Alimentazione tramite 4 carburatori Mikuni VM 29 SS con valvola a ghigliottina e sistema jet-block
Lubrificazione e raffreddamento forzati, con 2 pompe nel basamento. Accensione elettronica transistorizzata
Avviamento elettrico

TRASMISSIONI
Frizione multidisco in bagno d'olio ad azionamento idraulico  
Primaria ingranaggi a denti dritti, rapporto 1.744 (75/43)
Cambio a 6 rapporti sempre in presa
Rapporti interni: prima 2.769 (36/13); seconda 2.063 (33/16); terza 1.647 (28/17); quarta 1.400 (28/20); quinta 1.277 (27/22); sesta 1.095 (23/211).
Finale a catena autolubrificante, rapporto 3.000 (42/14).
Rapporti totali di trasmissione: prima 14.49; seconda 10.79; terza 8.62; quarta 7.33; quinta 6,42; sesta 5.73

IMPIANTO ELETTRICO
Alternatore 12Volt/360Watt
Batteria 12 V/14 Ah
Motorino d'avviamento da 0,6 kW
Faro anteriore alogeno con proiettore da 60/55 Watt

CICLISTICA
Telaio a doppia culla continua in tubi di alluminio trafilati a sezione rettangolare
Interasse 1.430 mm
Inclinazione cannotto 26°
Avancorsa 107 mm
Forcella teleidraulica Kayaba con steli da 41 mm , dotata di sistema PDFS (Positive Damping Fork System), con regolazione esterna del freno idraulico su 4 posizioni e carico molla regolabile su 4 posizioni; escursione 130 mm
Sospensione posteriore New Full-Floater, con forcellone oscillante in alluminio a sezione rettangolare e monoammortizzatore teleidraulico regolabile in precarico molla (tramite ghiera e filettatura) e freno idraulico (4 posizioni); escursione 126 mm
Freno anteriore a doppio disco da 300 mm , con pinze a 4 pistoncini contrapposti; freno posteriore a disco da 220 mm , con pinza a doppio pistoncino.
Cerchi in lega leggera, anteriore 2.50x18”, posteriore 3.50x18”
Pneumatici Tubeless Bridgestone Exedra da 110/80 V18 e 140/70 V18
Angolo di sterzata 30°, raggio di sterzata 3,2 m.

RIFORNIMENTI
Capacità serbatoio carburante 19 litri, di cui 4 di riserva.
Capacità circuito di lubrificazione e raffreddamento kg 5 di olio.

DIMENSIONI E PESO
Lunghezza max 2.105 mm
Larghezza max 745 mm
Altezza max 1.205 mm
Luce a terra 120 mm
Altezza sella 765 mm
Peso a secco 176 kg (telaio 8,1 kg, motore 73 kg).

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Suzuki GSX R 750 (1985 - 87)
Suzuki

Suzuki
C.so Fratelli Kennedy, 12
10070 Robassomero (TO) - Italia
011 9213711
https://moto.suzuki.it/

  • Cilindrata 749 cc
  • Potenza 90 cv
  • Peso 193 kg
Suzuki

Suzuki
C.so Fratelli Kennedy, 12
10070 Robassomero (TO) - Italia
011 9213711
https://moto.suzuki.it/

Scheda tecnica Suzuki GSX R 750 (1985 - 87)

Cilindrata
749 cc
Cilindri
4
Categoria
Super Sportive
Potenza
90 cv 66 kw 10.250 rpm
Peso
193 kg
Inizio Fine produzione
1985 1987
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