SBK. Franco Zonnedda, Brembo: “Toprak è l’evoluzione dello stunt man diventato pilota”

SBK. Franco Zonnedda, Brembo: “Toprak è l’evoluzione dello stunt man diventato pilota”
Carlo Baldi
In Brembo dal 1988 e in SBK dal 1994, con Zonnedda abbiamo parlato della crescita esponenziale di Brembo, ma anche di piloti. Dai mostri sacri della GP sino ai “magnifici 3” della SBK
30 marzo 2023

Nel mondiale Superbike ci sono persone che sono presenze fisse nel paddock e nei box e con i quali si identificano aziende o addirittura interi settori. Una di queste è senza dubbio Franco Zonnedda, Customer Manager di Brembo in SBK, e quindi il maggiore esperto di quello che, chi ha poca familiarità con la tecnica, chiama semplicemente “freni”, un termine che in realtà racchiude tanta tecnologia e nel caso di Zonnedda anche tanta esperienza e capacità di lavorare con tante moto diverse, e di trattare con tanti piloti diversi, riuscendo sempre a soddisfare le esigenze di tutti.

Brembo sempre più impegnata nel mondiale Superbike.

Si è vero. Quest’anno poi abbiamo acquisito nuovi clienti: sei piloti e una casa ufficiale. Saremo presenti come sempre con un mezzo assistenza nelle gare europee e la novità è che saremo presenti con un mezzo per il nostro racing service anche nelle gare extraeuropee.

Quanti piloti utilizzano Brembo in SBK?

Sono diciotto i piloti che utilizzano i nostri prodotti e quindi la maggior parte della griglia.

Si fa prima a dire chi non li utilizza,

Tra i team ufficiali non assistiamo il team Honda, che ha cambiato fornitore nel 2022 più che altro per motivi commerciali. In compenso quest’anno abbiamo acquisito entrambi i team BMW, ufficiale e privato.

La Superbike come laboratorio a cielo aperto.

Certamente si. Sino al 1994 anche qui si utilizzava il carbonio, ma ci vennero dati 18 mesi per implementare una soluzione fruibile a tutti e che non utilizzasse il carbonio. Questo comportò un grande lavoro di sviluppo, perché ci trovammo con moto che pesavano 30 chili in più rispetto a una MotoGP, ma che dovevano essere frenate con dischi in acciaio o in ghisa. Non fu una cosa facile. Siamo stati fortunati a risolvere tutto abbastanza rapidamente, e da lì sono poi nate alcune soluzioni che abbiamo potuto traslare anche sulla produzione di serie. Il nostro reparto racing condivide spesso informazioni con chi lavora sui prodotti destinati al pubblico e devo dire che il flusso di informazioni e di tecnologia avviene in entrambe le direzioni. A volte sono loro a darle a noi.

Quanto costa a un team un impianto frenante Brembo?

Come tutti i fornitori anche noi dobbiamo attenerci al “Price cap” che trovate sul sito della FIM e che definisce il prezzo massimo dei componenti utilizzabili su una Superbike. Per darti un esempio attualmente un disco non può costare più di 850 euro. Parliamo di un disco tagliato con il laser ed in acciai estremamente evoluti. Per fare un paragone con la MotoGP un disco in carbonio costa sui 5.000 euro. Ora i dischi in carbonio si possono usare anche in caso di pioggia, e quindi il motivo per il quale non vengono utilizzati sulle moto di serie, e di conseguenza nemmeno in Superbike, è legato esclusivamente al lato economico.

Da quanti anni lavori per Brembo in Superbike?

Ho iniziato a lavorare in Brembo dal 1989, inizialmente in MotoGP, ma nel 1994 venni inviato in Superbike perché la richiesta era in costante aumento, e le squadre richiedevano la presenza di un tecnico. Da allora non ho mai lasciato le derivate anche se qualche volta vado ancora in GP.

Quanto è cresciuta Brembo dal 1989 ad ora?

E’ cresciuta in modo esponenziale, sia nel numero di dipendenti che di sedi in tutto il mondo. Nel reparto racing eravamo in 600 mentre ora siamo 1.200, mentre in generale nel mondo il personale Brembo si aggira sulle 14.000 unità.

A tuo parere cosa ha portato Brembo ad essere considerata l’azienda più importante al mondo nel suo settore?

Innanzitutto va riconosciuto il merito del grande lavoro del Presidente Alberto Bombassei, figlio del fondatore Emilio Bombassei. Entrambi hanno avuto la visione di poter produrre l’eccellenza degli impianti frenanti, prima per le auto e dagli anni 70 anche per le moto. Negli anni poi ci sono state anche vicende quasi leggendarie ma veritiere, come quella del camion che arrivava dall’Inghilterra pieno di dischi destinati all’Alfa Romeo e che ebbe un incidente nel quale il carico andò distrutto. L’azienda milanese si rivolse a Brembo, che allora era poco più di un’officina, richiedendo di produrre lo stesso materiale in tempi molto brevi. Brembo riuscì nell’impresa e da allora Alfa Romeo utilizzò sempre e solo il nostro materiale. Oltre al Presidente un ruolo determinante è stato certamente quello dell’ufficio tecnico, con le sue idee innovative. A loro si deve ad esempio la pompa radiale, così come la monoblocco, veri fiori all’occhiello che ci hanno differenziato dalla concorrenza.

Chissà con quanti piloti hai lavorato

Ho avuto l’onore ed il piacere di lavorare con tanti “mostri sacri”. In GP ricordo Wayne Raney, Mick Doohan, Freddy Spencer e John Kocinsky, mentre in Superbike Carl Fogarty, Troy Corser, Troy Bayliss sino agli attuali Jonathan Rea, Toprak Razgatlioglu ed Alvaro Bautista. Tutti piloti di calibro molto elevato con i quali è un piacere lavorare, ma che comportano anche un altro grado di responsabilità. In generale posso dire che alcuni piloti con il loro lavoro hanno agevolato lo sviluppo dei nostri prodotti, ma ovviamente non tutti hanno avuto o hanno quella sensibilità che è tipica del collaudatore. Questo al di là dei risultati conseguiti in pista.

Parlami di quelli che io chiamo i “magnifici tre”.

Rea è un campione smisurato, un vero metronomo che non sbaglia mai. Non è troppo esigente, ma devi fornirgli sempre il massimo ed aver sempre pronte soluzioni alternative. Lo “staccatore” Toprak è l’evoluzione dello stunt man diventato pilota di velocità. Anche lui come Jonny sfrutta sempre al massimo quello che gli forniamo. Con lui si naviga a vista e bisogna sempre controllare attentamente le temperature e le pressioni. Anche quando correva con Puccetti, ed era quindi un debuttante in SBK, ricordo che dava delle pressioni d’esercizio estremamente elevate da 17-18 bar, contro i 12-13 della maggior parte degli altri piloti. Alvaro Bautista è un pilota estremamente sensibile, che richiede soluzioni ad hoc. Non è uno “staccatore”, ma bisogna sempre fargli utilizzare gli impianti giusti perché è molto sensibile, per esempio anche alla corsa della leva, perché bisogna anche considerare la grandezza delle mani.