Buon compleanno, Mick Doohan!

Buon compleanno, Mick Doohan!
Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
Il cinque volte iridato, ultimo pilota della generazione d’oro della 500, compie 53 anni. La carriera di uno dei piloti più duri della storia
  • Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
4 giugno 2018

Venerdì 7 maggio 1999, a Jerez, la carriera di Michael Doohan si è conclusa contro un cartellone pubblicitario. Sbalzato dalla sua Honda NSR 500 durante le prove ufficiali, Mick Doohan riporta lesioni irreparabili ai nervi del braccio destro. Lesioni che, più che le fratture, pongono fine alla striscia vincente del pilota che ha dominato la seconda metà degli anni 90 nonostante un altro incidente in prova, nel 1992, avesse rischiato di chiudere anzitempo la sua carriera, salvata da quel Dottor Costa che proprio in quella occasione ha consolidato la sua leggenda.

Facciamo un passo indietro: Michael Doohan nasce il 4 giugno del 1965 a Brisbane, in piena Gold Coast. Terra di surf e motociclismo, i due hobby fra cui si divide il giovane Mick. Che abbandona presto gli studi e si guadagna da vivere facendo manutenzione alle piscine: abbastanza per pagarsi le birre da bere con gli amici e qualche moto con cui correre.

L'arrivo al Mondiale

Il ragazzo va forte e si fa notare in fretta, e dopo qualche gara con squadre più o meno improbabili, si fa notare da Yamaha che lo schiera nel campionato australiano Superbike. Una wild card nella prova australiana del Mondiale Superbike ad Oran Park in cui sbanca – pole e vittoria in entrambe le manche – fa il resto. Ad Iwata vorrebbero portarlo al Motomondiale, ma a Tokyo sono più convincenti, e Doohan entra nello squadrone HRC 1989 accanto al connazionale Wayne Gardner e al team (fintamente) satellite di Lawson gestito da Erv Kanemoto.

Doohan sulla Honda NSR nel 1989
Doohan sulla Honda NSR nel 1989

Nella prima stagione si mette in mostra più per lo stile selvaggio che non per i risultati: cade molto, spesso con esiti rovinosi (nel paddock lo soprannominano Dead-by-June-Doohan, ovvero “Doohan morto entro giugno”) e salta tante gare. Tra l'altro, a Suzuka soffre anche di un grave infortunio al braccio che condizionerà il suo stile da lì in avanti, costringendolo, nelle curve a sinistra, a quello stile tutto avvitato che gli resterà fino alla fine della carriera. Però, guidato dal team di Jeremy Burgess, piano piano migliora e nel ’90 arriva la prima vittoria. E a fine anno è terzo dietro a Rainey e Schwantz.

L’anno dopo migliora ancora. Honda resta fedele a Michelin, che prima annuncia il ritiro e smette di sviluppare le gomme, e poi riprende a lavorare, ma Doohan ormai cammina sulle sue gambe. Si è guadagnato la fiducia di squadra e tecnici HRC, e la NSR pian piano diventa più sua. A fine anno è secondo dietro a Rainey, vince tre gare e prepara il colpaccio.

Doohan impegnato nel Mondiale 1991
Doohan impegnato nel Mondiale 1991

Assen 1992: la tragedia

L’anno dopo la Honda NSR fa un salto prestazionale mostruoso grazie all’introduzione del motore big-bang, e il pacchetto Doohan-Honda sembra imbattibile. Vince le prime quattro gare, lascia a Schwantz e Rainey rispettivamente Mugello e Barcellona arrivando comunque secondo, torna a vincere in Germania. Poi, ad Assen, il disastro.

Una banale caduta in prova lo manda in ospedale con una gamba rotta. Il vantaggio in classifica è tale che potrebbe prendersela comoda e attendere la guarigione, ma Honda, scottata dalle due sconfitte consecutive del ’90 e ’91, preme perché Mick torni in sella il prima possibile. L’australiano viene operato per velocizzare il rientro, ma i medici olandesi sbagliano clamorosamernte la terapia anticoagulante mandando in cancrena la gamba. Si parla di amputazione, ma Schwantz – ricoverato assieme al rivale – chiama il Dottor Costa che porta di forza Mick in Italia e con una mossa fra il genio e la follia salva la gamba di Doohan. Che rientra eroicamente negli ultimi due GP ma perde il titolo per soli quattro punti.

Doohan in una curva a sinistra, con la posizione tipicamente avvitata sulla sella
Doohan in una curva a sinistra, con la posizione tipicamente avvitata sulla sella

Nel 1993 Doohan deve reimparare a guidare. La caviglia destra non si muove più – Mick zoppica da allora, non riesce più a correre e dovrà sottoporsi ad altre due operazioni per raddrizzare la tibia piegatasi per lo sforzo alla guida – e non gli permette più di usare il freno posteriore. La squadra gli sposta il comando sul manubrio sinistro usando un acceleratore da motoslitta che Mick può azionare con il pollice.

Per il resto si tratta di convincere Honda ad abbandonare l’iniezione elettronica, che fa più danni che altro, e di riprendere in mano lo sviluppo, che come al solito i tecnici di Tokyo intendono come maniacale ricerca della potenza massima. Una vittoria al Mugello, tre secondi posti e Doohan a fine stagione è quarto. Gli avversari non hanno ancora capito cosa sta per succedere.

Il primo titolo e i cinque mondiali

Nel ’94 Doohan entra nella leggenda. Nove vittorie, due secondi e due terzi posti. Mai giù dal podio, Mick domina la stagione: quel pilota la cui carriera due anni prima sembrava definitivamente finita non è solo tornato a vincere, ha letteralmente distrutto gli avversari. Ed è stato solo l’inizio, perché da lì a quella maledetta giornata a Jerez i suoi momenti di difficoltà si contano sulle dita di una mano. Capace di reinventarsi stagione dopo stagione, di trovare motivazione e vantaggio sugli avversari attingendo al suo stile di guida – è rimasto l’ultimo, dopo il ritiro di Schwantz, di quella generazione di piloti capaci di guidare le 500 davvero di traverso – raramente mostra crepe nell’armatura che concedano speranze ai suoi avversari. Cadalora, Beattie, Biaggi, tutti vengono sconfitti sistematicamente.

Doohan con la Honda NSR nella seconda metà degli anni 90
Doohan con la Honda NSR nella seconda metà degli anni 90

Durissimo con sé stesso e con gli altri, non gode di grandi simpatie nel paddock, dove i soprannomi – il più adottato è Mr. Refrigerator – tendono a sottolinearne la scarsissima empatia. Determinato, spesso oltre il limite dell’arroganza con stampa e rivali, firma cinque titoli consecutivi stabilendo un record di 12 vittorie stagionali che resta imbattuto fino alla magica stagione 2014 di Marquez. E che a tuttora, se si considera che le gare allora erano 15, ha dell’incredibile.

Oggi Mick è molto più rilassato e affabile. Ricchissimo e decisamente più sereno di quando correva – è stato il primo pilota a sfondare il tetto psicologico dei 10 milioni di dollari a stagione, e ha fondato e guida tuttora una compagnia di noleggio di jet privati per VIP – vanta ancora un fisico invidiabile come quando correva, frutto di lunghi allenamenti in bicicletta. Anche se, come aveva sempre ripetuto ai tempi dei successi, quando non si lasciava andare praticamente mai, oggi può tornare a godersi il lusso di bere qualche birra con gli amici…