Nico Cereghini: “Eppure è meglio l’oggi”

Nico Cereghini: “Eppure è meglio l’oggi”
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Una telefonata da Firenze, la seconda dopo quarant’anni. E spuntano un vecchio Bol d’Or, le Segoni Special, qualche rimpianto. Ma credetemi: nonostante i guai è molto meglio oggi
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
3 novembre 2015

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Ciao a tutti! Mi arriva una telefonata al momento giusto: con i veleni degli ultimi giorni e la MotoGP che fuma ho voglia d’aria pura. Mi chiama da Firenze Lorenzo Segoni, un ragazzo pieno di entusiasmo; dice che sta lavorando su una moto particolare, che è una bellissima rivisitazione delle famose Segoni Special, che presto sarà pronta. E mi torna in mente un’altra telefonata di tanti anni fa.


“Vieni a correre il Bol d’Or?” quella volta era Giuliano, il padre di Lorenzo. Lo conoscevo solo di fama, e prima ancora di sapere con che moto e con chi e come si fa con le spese, avevo detto sì, ci vengo. La moto aveva telaio monotrave Segoni e motore Laverda 750, avrei diviso la sella con Giancarlo Daneu. Appuntamento a Genova mercoledì mattina, dove il clan Segoni arrivò da Firenze in convoglio: una vecchia Peugeot 404 col carrello, un piccolo camper VW, e via per strade statali perché Giuliano detestava l’autostrada. Trentasei ore di viaggio, e giovedì notte arrivammo a Le Mans e dormimmo in macchina aspettando l’apertura dei cancelli. “Avete pensato all’albergo? Se dobbiamo correre dalle 16 del sabato alle 16 della domenica ci vorrà pure una notte di riposo vero…” in extremis trovammo noi una cameretta libera per il venerdì sera.

Giuliano Segoni era brillante, aveva estro, barba lunghissima e un gran mal di schiena. La sua era una squadra di appassionati, poca organizzazione, pochissimi soldi e naturalmente niente ingaggio, ma a me faticare è sempre piaciuto. Finimmo la gara in penultima posizione con un sacco di problemi di alimentazione, ma concluderla era ciò che contava; peccato soltanto perché per l’ultimo c’era una sommetta di consolazione e noi la perdemmo per due giri. Premiazione, due piccole coppe di bronzo e subito si ripartì per l’Italia. Ricordo che Giancarlo Daneu ed io eravamo stanchini, ma non quanto Giuliano e i suoi che avevano gli occhi a mezz’asta: dopo la 24 Ore sulla Laverda-Segoni ne facemmo subito una seconda al volante della Peugeot e del camper.
 


Giuliano purtroppo è morto in un incidente in centro a Firenze nell’autunno del ’78. Ha avuto pochi anni per inventare telai, ma ha lasciato tante tracce indelebili e un figlio in gamba come Lorenzo. Quello era un motociclismo davvero puro, e adesso mi fa bene riviverlo nel ricordo, però sia chiaro: è molto meglio oggi. Allora si moriva troppo e proprio nell’estate di quel 1973, in una sola curva, a Monza morirono cinque piloti: Saarinen, Pasolini, Chionio, Galtrucco e Colombini. Ero lì, li conoscevo tutti. Cinque famiglie nella disperazione. Inaccettabile.


La passione era tanta ma non bastava, dilettanti erano i piloti e i costruttori, dilettanti (con qualche bandito nel mezzo) anche gli organizzatori, i gestori delle piste e i papaveri della Federazione. Nessuno ignorava i problemi, se ne parlava ma soltanto i piloti provavano in qualche modo a risolverli. Ora è molto meglio: abbiamo un buon livello di sicurezza perché abbiamo tanta professionalità a tutti i livelli. E d’accordo, con la professionalità sono arrivati i soldi e con quelli il business e con il business sempre meno sport. Ma è un prezzo inevitabile che andava pagato e credetemi, chi ha vissuto quei tempi non rimpiange proprio nulla. A parte la gioventù, naturalmente.

 

 

Eppure è meglio l’oggi
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