Nico Cereghini: “Brutta settimana. Sarà meglio domani”

Nico Cereghini: “Brutta settimana. Sarà meglio domani”
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Dopo Salom i morti del TT e sabato notte anche Fabrizio Pirovano. La vita è dura, difficile difendersi. Un solo pensiero mi conforta: le nuove generazioni sono in gran parte più consapevoli e sanno cosa significa la sicurezza
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
14 giugno 2016

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Ciao a tutti! Una domenica senza MotoGP, neppure la SBK a consolarci con una gara live, e poi la bruttissima notizia della scomparsa di Fabrizio Pirovano. Lo avevamo incontrato con alcuni di voi i primi di febbraio, una bellissima serata e lui felice con tutta la sua famiglia. Sorridente, positivo nonostante tutto; era stato al Ranch di Tavullia insieme a Cadalora e Gramigni, e non aveva potuto girare perché non stava bene. “Ma la prossima volta lo faccio!”. Uno come lui, che andava fortissimo nel cross prima di passare all’asfalto e vincere il mondiale Supersport e correre da protagonista nella SBK, con i traversi avrebbe dato una lezione a tanti, gli occhi gli brillavano al pensiero. Sapevamo che era molto malato, lui non lo nascondeva, e un medico che lo seguiva era proprio lì a “Ciapa la moto”: “Che tempra! Gli avevamo dato sei mesi di vita –ci confidava ammirato- e sono già passati quasi tre anni.”
 

Prima Luis Salom a Barcellona, poi il TT con altre vittime, e adesso il Piro. Una bruttissima settimana, e se Fabrizio è morto nel suo letto a cinquantasei anni- e non contro un guard-rail a ventiquattro o contro un muretto a trentadue- questo ci consola poco. Il suo bimbo più piccolo ha due anni, quanti anni ancora avrebbe potuto vivere bene e serenamente il suo papà?


A tutto questo pensavo mentre provavo a distrarre i nipotini nel pomeriggio uggioso della domenica senza moto. Tablet in mano, cosa volete che si guardi? “I sorpassi della MotoGP!” dice il più grande, “Le cadute di Iannone!” pretende il più piccolo. Ci si accorda sul video di una gara di minimoto, tutti i bambini con la tuta di pelle e il casco integrale, immagini amatoriali ma che suscitano sempre un bell’entusiasmo. Ed è a quel punto che il minore dei due, che ha quasi quattro anni, sbotta con un appello accorato:


“Nonno, me la regali al compleanno? Dai, voglio proprio questa –e indica una motoretta rossa che fila in testa alla gara- e mi regali anche il casco integrale? E anche le protezioni!” Dice proprio così: le protezioni. Ed è lo stesso bambino che mi stupisce sempre quando partiamo con l’auto. Prima ancora di imboccare la rampa dei box per uscire sulla via, lui e il fratellino, seduti dietro sui loro bravi seggiolini, se non mi affretto ad allacciare la cintura mi sgridano. “Nonno! La cintura!” Guai a tardare due secondi.


Ed è qui, nonostante i lutti di quest’ultima settimana, che trovo un po’ di ottimismo per il futuro. Per il TT è una battaglia persa, tradizione e passione battono la sicurezza due a zero ed è un mondo a parte. Per Salom la battaglia invece è ancora aperta e si possono migliorare anche le piste più sicure; e per il Piro si può soltanto pregare, se si crede, o se si preferisce confidare nella prevenzione. Ma per le future generazioni basta davvero poco: basta mettere sempre la cintura, infilare il paraschiena sotto la giacca, rispettare il semaforo rosso, lasciare il cellulare dove sta quando si guida. E’ sufficiente seminare e chi lo fa viene premiato. La sicurezza –ne sono sempre più convinto- è un fatto culturale, è un concetto che si assimila da piccoli. Eccolo il premio: chi lo interiorizza, probabilmente vivrà di più.

Brutta settimana. Sarà meglio domani
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