Akrapovic: le tecnologie produttive

Akrapovic: le tecnologie produttive
Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
Uno sguardo sui prodotti dell’azienda di scarichi (e non solo) attraverso materiali, lavorazioni e studi utilizzati. Per capire meglio i motivi dell’unicità di Akrapovic nel panorama motociclistico mondiale
  • Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
1 settembre 2016

Forse, da qualche parte, c’è ancora qualcuno che si immagina un’azienda di scarichi come una romantica, caotica officina fatta di piegatubi e artigiani battilastra che lavorano ad impianti di scarico. Non sappiamo se in giro ne siano rimaste, di aziende così, dove artigiani esperti e dalla grande sensibilità meccanica ed acustica sapevano creare “marmitte” che regalavano quel cavallo in più al motore da elaborare. Certo è che Akrapovič, che forse un tempo così lo è stata, oggi assomiglia più ad un laboratorio di ingegneria aerospaziale che non a quell’immagine eroica ma anacronistica che abbiamo evocato in apertura.

L’AMS 2016 – Akrapovič Media Seminar, ve ne abbiamo parlato qui – ci ha permesso di apprendere dalla viva voce di chi gestisce ogni reparto dell’azienda slovena come sia il loro lavoro oggi, e perché gli scarichi con il marchio dello scorpione siano allo stato dell’arte per qualunque applicazione vengano prodotti. Da parte nostra non pretendiamo di convincervi che siano i migliori scarichi del mondo; ci basta provare a raccontarvi perché valgono le cifre che costano.

Materiali e tecnologie

Per un’azienda come Akrapovič è fondamentale conoscere alla perfezione i materiali impiegati: l’esperienza nella produzione di scarichi ha fatto sì che nascesse un reparto, guidato da Robert Tisu e forte di circa 50 dipendenti, che supporta tutti gli altri effettuando ricerca e analisi su – appunto – materiali e tecnologie, al fine di trovare materiali sempre migliori per la propria attività produttiva e lavorare sulle difettosità per ottimizzare i processi produttivi.

Test metallografico su una partita di titanio
Test metallografico su una partita di titanio

Data l’attività di Akrapovič, la cui produzione consta per più del 70% di scarichi in titanio, gran parte dell’attività consiste nel controllo del prezioso metallo. Il 100% del materiale che entra in azienda viene verificato, un po’ per evitare problemi in ogni singola fornitura e un po’ perché dietro il nome “titanio” si nasconde tutto un mondo. I produttori, peraltro, tendono a non comunicare con precisione le caratteristiche di ogni lotto di materiale inviato, ed è necessario esaminare e selezionare i materiali (non solo titanio, ma anche tutti gli altri metalli e i compositi utilizzati in azienda) più adatti per ciascun impiego. Tanto per dare un’idea, su ciascun lotto viene svolto un esame metallografico per misurare i gas contenuti – ce ne sono alcuni, come l’idrogeno, la cui presenza si rivelerebbe disastrosa per la qualità del pezzo finito.

Ma perché il titanio? Per le sue doti di leggerezza e robustezza unite alla resistenza alla corrosione e alle temperature, motivi per cui viene scelto anche dalle industrie marine ed aerospaziali, e da quella biomedicale per la biocompatibilità. Il grosso problema è che queste caratteristiche non sono economiche, perché se è vero che si tratta di un materiale tutt’altro che raro (è il nono elemento per abbondanza nella crosta terrestre, di cui compone lo 0,6% della massa) è anche purtroppo molto difficile da estrarre e lavorare fino a ricondurlo alla forma metallica, tanto che solo il 4% del titanio estratto segue questa strada.

Lo scarico per la Lamborghini Aventador, in gran parte realizzato in titanio
Lo scarico per la Lamborghini Aventador, in gran parte realizzato in titanio

Quando si parla di titanio, per rifarci al discorso di poche righe fa, si fa riferimento a due possibili strutture cristalline, denominate Alfa o Beta. In Akrapovič si utilizza solamente la prima, perché più adatta alla fusione e migliore nelle sue doti per l’impiego specifico. Per contro, è più difficile da lavorare a freddo ed è caratterizzata da un comportamento anisotropico, ovvero si deforma in maniera diversa a seconda del verso in cui la lastra viene lavorata.

E’ evidente quanto “pesi” l’esperienza, il know-how in questo tipo di processi, e quanto risulti preziosa la presenza di una struttura di questo genere in azienda. Akrapovič, tanto per capirci, è arrivata ad utilizzare sei diverse leghe di titanio (un paio delle quali brevettate) fra cui sceglie a seconda delle caratteristiche desiderate per il singolo pezzo. Alcune di queste leghe arrivano ad avere caratteristiche di resistenza all’ossidazione doppie, e alla temperatura addirittura triple, rispetto a quelle commerciali.

Il titanio non è l’unico materiale impiegato a Ljubljana (l’acciaio viene preso in considerazione solo per i collettori perché troppo pesante) ma per l’impiego automobilistico si lavora anche l’Inconel, ovvero una delle superleghe al Nickel. Un po’ troppo pesante per le moto, perché rispetto al titanio le caratteristiche meccaniche sono meno favorevoli, ma necessario per impieghi estremi in campo automobilistico perché a fronte di un peso doppio si arriva ad una robustezza incredibile, e soprattutto ad una resistenza alla temperatura quasi incredibile: si può arrivare a 1093° prima di assistere a deterioramenti delle caratteristiche meccaniche del pezzo.

La fonderia: tecnologie in-house

Tutte queste tecnologie, a differenza che nel caso di alcune ditte concorrenti, sono presenti in casa Akrapovič anche grazie alla presenza della fonderia, inaugurata nel 2008, che ha letteralmente liberato le mani dei tecnici sloveni il cui unico limite è ormai forse solo la fantasia. Una struttura che facilita e velocizza la prototipazione, e soprattutto consente la produzione di pezzi molto più complessi rispetto alla tradizionale lavorazione per saldatura.

La fonderia – a cui lavorano 21 dipendenti, fra cui il suo responsabile Aleš Mikuž – consente la creazione di tubi dalle pareti sottilissime attraverso la tecnologia della fusione centrifuga, e di conseguenza di allargare ancora gli orizzonti dei tecnici, che possono creare per fusione quasi qualunque forma e pezzo, a patto di riuscire a produrre uno stampo, attività per cui viene normalmente usata la ceramica. Una bella opportunità, che come dicevamo altrove apre anche le porte ad una diversificazione della produzione verso settori che non siano necessariamente quelli degli scarichi o addirittura dell’automotive.

I compositi

Pur se orgogliosi della loro eccellenza, Akrapovič non significa solo titanio ma anche compositi – nello specifico, quelli basati sulla fibra di carbonio che viene trasformata in materiale composito attraverso l’aggiunta di fibra di vetro (soprattutto se il pezzo deve venire a contatto con il titanio, per evitare il fenomeno della corrosione galvanica) e kevlar. Nel dipartimento compositi dell’azienda slovena (guidato da Dejan Castelic) lavorano 80 persone, di cui 4 interamente dedicati alla ricerca e sviluppo, in cui si lavora costantemente per migliorare il prodotto finale. Che, nel caso di Akrapovič, consiste nel 39% di fondelli dei silenziatori e per il restante di silenziatori completi, ma anche parti di carrozzeria aftermarket che vanno a far parte delle linee di accessori di diverse case, per lo più di lingua tedesca…

Un momento della lavorazione di un dettaglio automobilistico in fibra di carbonio
Un momento della lavorazione di un dettaglio automobilistico in fibra di carbonio

La fibra di carbonio è un materiale importantissimo per Akrapovič: leggero, flessibile e contraddistinto da elevata robustezza tensile (e modulabile per rigidezza con grande facilità, una volta che si conoscono le caratteristiche del materiale specifico che si sta lavorando) è stato adottato universalmente anche come elemento di design. In sostanza, un pezzo in fibra di carbonio – e a Ljubljana sono in grado di produrne di ogni dimensione, con masse variabili fra 1 grammo e 200 chili – rappresenta il compromesso ottimale fra forma, robustezza e leggerezza.

Il primo scarico omologato in fibra di carbonio omologato (per la Kawasaki Ninja) è stato prodotto da Akrapovič nel 2004; adesso, unità del genere si trovano su tante moto già in primo equipaggiamento come ad esempio avviene per l’impianto della Kawasaki H2 che, per inciso, ha vinto il Red Dot Award come elemento di design.

La produzione è naturalmente curatissima e contraddistinta dalla massima attenzione nella scelta del materiale grezzo nonché dei cicli produttivi, ormai tutti effettuati in fabbrica: a differenza di alcuni concorrenti, infatti, anche per i compositi Akrapovič lavora tutto da sé per garantire il massimo della qualità. Il lavoro viene effettuato in autoclave, con l’impiego di materiale pre-impregnato (processo molto costoso ma che garantisce i risultati migliori) e stampaggio a caldo.

Il risultato finale

Ma tutto questo non servirebbe a nulla se non desse come risultato impianti di scarico allo stato dell’arte. Questo è il compito del reparto Ricerca e Sviluppo, che si divide fra auto (guidato da Matej Bulc) e moto (sotto la guida di Žiga Zadnik) per un totale di circa 50 persone, il cui compito sostanzialmente consiste nel trasformare idee e desideri del cliente – che sia un’industria auto o il cliente finale – nel prodotto finito, sia esso un impianto destinato alla prima fornitura, all’aftermarket o alle gare.

Il grande lavoro per la produzione di serie non prescinde dall'attività racing, come dimostra il piccolo museo del reparto corse Akrapovic
Il grande lavoro per la produzione di serie non prescinde dall'attività racing, come dimostra il piccolo museo del reparto corse Akrapovic

La gestazione di uno scarico dura circa 6/7 mesi. I primi due sono dedicati alla ricerca e sviluppo, alla definizione delle caratteristiche dello scarico; ne servono poi 3/4 per la cosiddetta tech phase, ovvero l’industrializzazione vera e propria, per passare poi alla production, ovvero la realizzazione di una prima serie limitata che poi porta alla definizione della procedura di produzione standard. Ma andiamo con ordine.

La grande differenza, all’inizio, sta nella disponibilità della moto o dell’auto. Può infatti capitare di dover lavorare prima che i modelli siano disponibili, nel qual caso invece di smontare lo scarico ed effettuare un reverse engineering, con analisi dell’impianto e la scansione 3D del veicolo per capire quali spazi siano disponibili per il nuovo esemplare, si deve procedere lavorando di CAD sui dati forniti dalla Casa produttrice. E’ evidente come lunghezza, complessità e… insidiosità dei due metodi siano molto diverse.

Una volta ottenuto un primo prototipo lo si affina con un minimo di 100 lanci al banco – in Akrapovič ce ne sono quattro, uno auto e tre moto di cui uno certificato per la verifica delle emissioni di scarico, necessario per le procedure di sviluppo in-house dei catalizzatori sulle unità omologate. Si osservano le prestazioni – che devono essere migliori dell’originale – ma si effettua anche un’analisi acustica. Lo scarico non deve indurre fenomeni di droning, ovvero risonanze sgradevoli di bassa frequenza, né di whistling, ovvero “fischi” ad alta frequenza. Dopodiché bisogna naturalmente accertarsi che la “voce” corrisponda a quella desiderata a seconda dell’auto o della moto su cui si sta lavorando – caratteristiche, frazionamento, erogazione.

Una piccola curiosità: diversamente da quanto molti pensano (e lo ammettiamo, prima di questo seminario fra questi andava annoverato anche chi scrive) non è il materiale in cui viene realizzato il terminale ad influenzare il timbro dello scarico. Se eravate convinti che la voce “secca” fosse tipica del carbonio e quella più morbida uscisse da silenziatori in alluminio o titanio, sappiate che non è (necessariamente) così.

La scelta dei materiali, che viene effettuata per trovare quelli più consoni per caratteristiche di leggerezza, resistenza meccanica e alle temperature, influenza solo indirettamente il rumore di scarico, che prende invece la sua intonazione dalla rigidità delle pareti del silenziatore. Ridigità che può essere modulata con grande facilità, a seconda della performance acustica desiderata, come dicevamo prima.

Una volta soddisfatti dello scarico si passa all’industrializzazione, realizzando le maschere e gli eventuali utensili speciali (che Akrapovič si produce interamente in casa) necessari per la produzione. Tutto il processo viene documentato ed inserito sull’ERP aziendale, per tenere sotto controllo ogni fase della progettazione e della produzione; la fase termina con la produzione della prima preserie che viene verificata rispetto ai dimensionamenti previsti dal CAD.

La serie limitata di scarichi realizzata per celebrare il 25° anniversario di Akrapovic
La serie limitata di scarichi realizzata per celebrare il 25° anniversario di Akrapovic

Si passa quindi alla produzione della prima serie, tipicamente compresa di 30/50 pezzi che vengono controllati meticolosamente per capire se il processo produttivo funziona a dovere o se oppure siano necessari aggiustamenti. Si tratta di fatto di esemplari perfettamente equivalenti a quelli di produzione definitiva, e nella stragrande maggioranza dei casi la procedura viene confermata e si dà il via alla commercializzazione. Tanto per darvi un’idea, Akrapovic nel 2016 ha lanciato sul mercato ben 70 nuovi prodotti fra Slip-On (silenziatori), Racing Line (scarichi completi in acciaio) ed Evolution Line (scarichi completi in titanio), il che significa che tutto il processo di cui sopra è stato ripetuto per 70 volte...

Caricamento commenti...