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Sepang - Il 2011 è stato l’anno della prima, grande rivoluzione in Ducati. Via Casey Stoner - ormai in rotta con i vertici di Borgo Panigale, in particolare con Claudio Domenicali e con il responsabile dello sponsor, Maurizio Arrivabene (l’uomo che oggi è alla Juventus, dopo essere stato alla Ferrari) - ecco Valentino Rossi, il pilota più forte di quel momento, capace nel 2004 di riportare la Yamaha alla vittoria, fino a farla diventare il punto di rifermento tecnico di allora.
VR46 fallisce il suo tentativo sportivo con la Ducati, ma anche grazie a lui si intraprende una nuova strada tecnica: Rossi ottiene dall’allora responsabile del reparto corse, il bravissimo ingegnere Filippo Preziosi, di lasciare il telaio a traliccio per quello scatolato in alluminio. E, soprattutto, viene abbandonato il motore portante, per una ciclistica più simile a quella delle moto giapponesi. E’ un passo fondamentale per arrivare alla competitività di oggi: naturalmente, ci vuole un po’ di tempo per arrivare ai primi risultati, ma quel cambiamento è la base per costruire, mattone dopo mattone, una casa solidissima.
A fine 2012, dopo due anni di insuccessi con Valentino Rossi - per lui tre podi -, in Ducati si cambia radicalmente. Ufficialmente, Preziosi - l’uomo che aveva portato la DesmosediciGP a trionfare nel mondiale con Casey Stoner, alla guida tecnica fin dal debutto del 2003 - lascia il reparto corse per motivi di salute (in pochi hanno creduto a questa versione) per diventare Direttore Ricerca e Sviluppo di Ducati Motor Holding; Audi decide di affidare il ruolo di Direttore Generale di Ducati Corse al tedesco Bernhard GobMeier, proveniente dalla BMW, campionato mondiale SBK.
Torna in Ducati, dopo un’esperienza come responsabile del campionato SBK, Paolo Ciabatti: è il Direttore del progetto MotoGP. Rossi è sostituito da Andrea Dovizioso su una Ducati davvero poco competitiva: AD04 chiude la stagione all’ottavo posto, con un quarto posto (in Francia) come miglior risultato, con Nicky Hauden nono e Andrea Iannone 12esimo.
GobMeier centra poco o nulla con le corse: a fine 2013 viene annunciato l’arrivo dell’ingegnere Gigi Dall’Igna, il tecnico che ha vinto tutto con i motori a due tempi, ma anche nel mondiale SBK con l’Aprilia.
Dall’Igna porta da Noale i suoi ingegneri più fidati e inizia il cammino per riportare la Ducati ai vertici. “Ho un solo obiettivo: conquistare il mondiale piloti della MotoGP” dice subito l’ingegnere veneto, senza nascondersi.
La moto del 2014 è praticamente già definita, ma Dall’Igna comincia la sua fondamentale opera dando una organizzazione al reparto corse, mettendo gli uomini giusti al posto giusto. All’inizio, il rapporto con Dovizioso, il pilota di riferimento, è ottimo e nonostante, come detto, la GP14 non sia stata sviluppata da Dall’Igna, arrivano i primi risultati: il miglior pilota in classifica è Iannone, quinto, ma i risultati più consistenti li ottiene Dovizioso, cinque volte sul podio, con tre secondi e due terzi posti. Il lavoro di Gigi Dall’Igna comincia a farsi vedere.
La GP15 è la prima moto Ducati interamente progettata dal direttore generale: è molto differente rispetto alle precedenti. Il motore, sempre a 90 gradi, viene ruotato all’indietro all’interno del telaio e vengono apportate altre modifiche importanti.
In Austria, dopo sei anni, arriva la vittoria: Iannone trionfa davanti al compagno di squadra Dovizioso. A fine stagione, il Dovi è quinto in campionato con cinque podi (avrebbero potuto essere sei se non fosse stato abbattuto all’ultima curva dell’ultimo giro da Iannone in Argentina): una vittoria, tre secondi posti e un terzo. E’ tutta un’altra Ducati, anche se continua ad avere qualche difficoltà in percorrenza di curva.
La frattura tra Dovizioso e Dall’Igna ormai è insanabile, anche perché Ducati è convinta di avere la moto più competitiva, ma di non vincere per colpa dei piloti: per questo viene preso con un ingaggio stratosferico Jorge Lorenzo.
Lo spagnolo fatica ad adattarsi alla DesmosediciGP, ma il suo arrivo in Ducati è fondamentale per due motivi: 1) le sue prestazioni convincono i tecnici che la moto è da migliorare ; 2) il suo arrivo sprona Dovi a tirare fuori il meglio di sé. AD04 fa una stagione strepitosa: vince sei gare, ottiene sette podi e viene battuto soltanto all’ultima gara da Marc Marquez.
Dovizioso continua a essere il riferimento del box, Lorenzo cresce, vince tre GP, ma è comunque troppo incostante: la moto funziona bene, secondo alcuni è la migliore della categoria, ma c’è sempre Marc Marquez a fare la differenza: AD04 ci prova in tutti i modi, ma per altri due anni chiude il mondiale al secondo posto nella classifica generale, portando la Ducati spesso ai vertici. Manca ancora un po’ di velocità in alcune piste.
I piloti ufficiali sono Andrea Dovizioso e Danilo Petrucci, ma entrambi hanno i giorni contati in Ducati: si decide di puntare sui più giovani. La DesmosediciGP continua a crescere, ogni volta che i rivali si avvicinano, Dall’Igna ne inventa un’altra delle sue tra “cucchiaio”, aerodinamica, alette di ogni tipo, abbassatore dinamico posteriore (e anteriore). Un demonio. La Ducati è sempre più competitiva, non solo sulle “sue” piste, quelle che esaltano la potenza del “motorone”, ma anche quelle più guidate.
Nella squadra ufficiale arrivano Francesco Bagnaia e Jack Miller. Pecco inizia forte, poi si perde, si fa male, torna veloce e ad Aragon trionfa per la prima volta in MotoGP dopo una spettacolare sfida con Marc Marquez: contende il titolo a Fabio Quartararo, dimostra di essere più veloce, sale quattro volte sul gradino più alto del podio, ma si deve “accontentare” del secondo posto. La DesmosediciGP è ormai una moto completa: va forte più o meno ovunque.
Nonostante la GP21 sia super competitiva, si cambia per la GP22: l’inizio è traumatico, Bagnaia accusa il colpo, non è a suo agio come lo era con la moto della stagione precedente. Ma non viene persa la calma, poco alla volta si porta la GP22 a livelli altissimi, fino alla conquista del mondiale costruttori con grande anticipo. Non solo: la politica delle otto moto in pista paga moltissimo. Al di là dei giochi di squadra presunti o tali, soprattutto in qualifica la competitività della DesmosediciGP, in tutte le sue versioni, è tale che le prime due file vengono spesso monopolizzate dai piloti Ducati, che è stata vincente nella sua politica, aiutando anche economicamente le squadre satellite in difficoltà, pagando direttamente i piloti, con ingaggi ben inferiori a quelli dei piloti più forti. Un trionfo che adesso può diventare totale.