La storia di Behnaz e delle donne iraniane che amano le moto

La storia di Behnaz e delle donne iraniane che amano le moto
Antonio Privitera
  • di Antonio Privitera
La pilota-attivista che sta facendo la storia del motociclismo femminile in un Paese dove alle donne è vietato andare in motocicletta. Anche se forse uno spiraglio si sta aprendo...
  • Antonio Privitera
  • di Antonio Privitera
8 agosto 2019

Abbiamo già parlato di Behnaz Shafiei, la ragazza che da quando ha 15 anni si allena in moto ed è diventata, grazie al supporto del fratello, una motociclista professionista che svolge però la sua attività prevalentemente in ambito internazionale perché nel suo Paese, l'Iran, alle donne è vietato guidare una motocicletta.

Per questa ragione Behnaz si è sempre allenata con le sue moto da cross nelle colline a qualche decina di chilometri da Teheran e continua a vivere la propria passione con il continuo timore di essere fermata dalla polizia e vedere la sua moto sequestrata, anche quando cambia scenario e lascia i campi da cross per muoversi per le strade della capitale iraniana con la moto a ruote basse, magari cercando di dissimulare sotto l'abbigliamento tecnico la propria femminilità.

Oggi Behnaz ha 29 anni, corre anche nel road racing ed è oramai diventata un caso internazionale: dal breve video (ma qualche dubbio sulla spontaneità delle riprese ci è sorto) dove la si vede alle prese con un poliziotto che le contesta il divieto di andare in moto mentre sbandiera la sua patente conseguita negli USA, e dalle sue numerose presenze sui media che ne hanno, giustamente, presentato il personaggio come la paladina dei diritti - almeno certi diritti - delle donne in Iran, si capisce che oramai le donne in motocicletta in Iran sono quasi un dato acquisito; la stessa Behnaz è in un certo senso intoccabile agli occhi dell'opinione pubblica e il suo sogno di emulare Lalaeh Seddigh, "la Schumacher iraniana" e oggi direttrice del Comitato per l'educazione delle donne della Federazione sportiva automobilistica iraniana, si fa sempre più concreto.

La mia è una passione nata a 15 anni, in vacanza con la mia famiglia a Zanjan ho visto una donna sulla sua 125 e sono rimasta colpita. Coi miei primi stipendi da contabile ho comprato un’Apache 180cc”. Le dicevano di smettere, di pensare a cucinare e lavare casa ma “andare in moto è una cosa assolutamente normale per me. Quando vedo che la gente reagisce scioccata... Mi sprona ancora di più ad andare avanti”.

Behnaz Shafiei
Behnaz Shafiei

Ha dovuto combattere per anni contro le discriminazioni e i divieti, contro il principio che vede una donna e la sua pozione in sella indecente o oscena secondo i canoni sociali e religiosi iraniani, ma sembra che qualcosa stia cambiando: grazie all'impegno di Behnaz, dopo tre anni di battaglie, dal 2017 è riuscita ad avere l'autorizzazione dal ministero dello sport per gareggiare in competizioni maschili e all'apertura di circuiti riservati alle sole donne; il clima instaurato dalla politica del sorriso dell'attuale Presidente Hassan Rohani sta influenzando anche le politiche sociali in un Paese che - è bene ricordarlo - resta democratico ma dove le norme religiose hanno sempre avuto un notevole peso nella vita di tutti i giorni.

In Iran, infatti, a partire dall'elezione di Khomeini nel 1979, alle donne era precluso anche andare in bicicletta ma la compressione dei loro diritti ha reso il problema delle donne se avere o no il permesso di guidare una motocicletta sensibile fino ad certo punto.

Insomma, della patente per la moto le donne iraniane non è che in passato ne abbiano fatto una battaglia: prima vengono i diritti negati in famiglia, nel divorzio, nelle successioni, le punizioni corporali e il carcere per il volto scoperto, l'omosessualità come reato, i matrimoni precoci, le violenze domestiche non punibili perché le autorità non hanno mai provveduto ad emanare leggi per istituire questo genere di reati, o comunque la necessità per una donna di avere sempre il permesso da parte del padre, del marito o di un tutore uomo per fare quelle cose che da noi sono all'ordine del giorno. Come andare ad una partita di pallone o valicare i confini nazionali; inoltre, la separazione dei sessi e gli obblighi nell'abbigliamento sono ancora molto radicati.

La notizia di questi giorni è che un'anonima donna iraniana ha investito della questione “patente moto” la Corte di Giustizia Amministrativa e la stessa Corte ha risposto che "la guida per le donne, compresi i veicoli leggeri e pesanti o le motociclette e altri veicoli, non è stata vietata in nessuna delle leggi (iraniane, n.d.r.)". Tradotto: la legge iraniana non contiene alcuna norma che vieti alle donne di guidare le motociclette. Non si conosce il nome della donna che ha fatto ricorso alla Corte, ma a noi non sorprenderebbe se fosse stata la stessa Behnaz.

Il giudizio della Corte ha quindi gettato probabilmente nello scompiglio la Polizia stradale che ha risposto alla sentenza sostenendo l'assunto secondo cui la decisione non è stata emessa a favore di tutte le donne ma soltanto verso la ricorrente, su "base individuale", e ha dichiarato che farà appello nei prossimi 20 giorni.

Ora, cosa cambia questa sentenza? Probabilmente nulla: come dichiarato da Faride Oladghobad (parlamentare iraniana e attivista per i diritti civili e sociali delle donne) sembra ormai una consuetudine accettata che le donne vadano liberamente in motocicletta almeno in alcune parti del paese, si tratterebbe quindi solamente di accogliere il loro diritto all'interno di una legge cercando una mediazione nell'equilibrio politico/religioso.

Behnaz Shafiei
Behnaz Shafiei

Forse adesso il vuoto normativo verrà colmato, e l'acquisizione di questo elementare diritto per le donne sarà il punto di inizio per l'abbattimento di altre e più sostanziali discriminazioni.
Faride Oladghobad ha dichiarato in merito alla sentenza: "dobbiamo vedere se vi sono divieti nelle leggi sul traffico. E se c'è un vuoto legale in questo settore, noi in parlamento possiamo risolverlo ”.

Se la sentenza venisse ampiamente accettata, potrebbe esserci un'esplosione di giovani donne che usano la moto in diverse città dell'Iran, un paese di 82 milioni di abitanti. Immaginate il business. Ma immaginate sopratutto la felicità di Behnaz e le altre.