Intervista a John Basher, photoreporter Motocross negli USA

Intervista a John Basher, photoreporter Motocross negli USA
Il vice direttore della rivista Motocross Action spiega a Moto.it il dietro le quinte della più famosa rivista fuoristrada statunitense | M. Zanzani
27 febbraio 2013

 

Negli anni ’70 anche se praticamente introvabile al difuori dei confini statunitensi, Motocross Action era già famosa in tutto il mondo per gli articoli riguardanti le prove delle moto, redatti con precisione chirurgica e con schiettezza sconcertante. Caratteristica che a distanza di quarant’anni esatti è rimasta intatta.


Attuale vicedirettore, John Basher è approdato a MXA nel giugno 2004 appena uscito dal college dopo essersi laureato al Rochester Institute of Technology nello stato di New York ed aver frequentato un corso di publishing che gli ha dato le basi di giornalismo, fotografia, impaginazione, tecniche di stampa. Quelle di motocross le aveva già dall’età di tredici anni, iniziando a correre dopo aver abbandonato la Little League di baseball.

«Molti mi credono californiano ma sono nato nello Stato di New York, a sud di Buffalo – spiega Basher – non lontano da piste famose come Unadilla Valley, Steel City, Mount Morris. Mi piaceva correre, ma volevo ottenere la mia laurea in giornalismo. Alle superiori ero molto attratto dalla fotografia, come il mio fratello maggiore Michael che ha due anni e mezzo più me, che si è laureato in fotografia ed ha iniziato per primo a lavorare per Motocross Action. Quindi quando ero al college andavo a trovarlo in California, e un giorno dissi al direttore del mio desiderio un giorno di lavorare per la rivista. Feci così un paio stages per la tesi di laurea, e per due estati andai in California per fare il mio apprendistato a giornale. E quando mi laureai, nel 2004, comprai un biglietto di sola andata pagato 99 dollari da Buffalo a Long Beach, e con solo due valigie ho iniziato la mia vita in California».


Effettivamente il tuo stile più sobrio e il tuo comportamento meno “aggressivo” lascia intendere la tua provenienza dalla costa Est.
«Non tutti se ne rendono conto. Le persone del nordest hanno una specie di guscio, ma una volta che li conosci sono veramente delle persone simpatiche. Io sono cresciuto in questo ambiente, invece in California sono più rilassati e allo stesso tempo stressati a causa del traffico».

         

Il nucleo della nostra rivista sono i test per aiutare le persone a prendere la decisione migliore prima di spendere 8.000 dollari per una moto

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Motocross Action è ancora apprezzata per i contenuti tecnici, ma in modo particolare per gli approfonditi test delle moto.
«E’ la linea guida portata avanti fin dalla fine degli anni ’70 da Jody Weisel, quando si insediò alla guida del giornale, da allora ha provato ogni moto di serie che è uscita negli ultimi 35 anni. Ci concentriamo sulle valutazioni delle moto e dei prodotti, questo che ci rende diversi dalle altre riviste, diamo informazioni sulle gare, pubblichiamo interviste e prepariamo i profili dei piloti, ma il nucleo della nostra rivista sono i test per aiutare le persone a prendere la decisione migliore prima di spendere 8.000 dollari per una moto, su Motocross Action possono trovare le risposte che cercano per una decisione più consapevole. Quando scriviamo ci basiamo infatti sui tanti anni di esperienza fatta provando centinaia di moto, da quelle di serie alle ufficiali, ma anche accessoriate con parti after market, accumulando conoscenza e informazioni che cerchiamo di trasmettere al lettore. Noi diamo la nostra interpretazione, non tutti sono d'accordo con noi ed è giusto che ognuno abbia la sua opinione, ma noi diciamo quello in cui crediamo».

 
Quindi non vi lasciate influenzare dagli inserzionisti della pubblicità.
«Assolutamente, i lettori devono sapere quello che pensiamo veramente. Questo può dare fastidio, ed infatti abbiamo avuto Case che hanno ritirato la loro pubblicità dalla rivista, altre che non ci vogliono dare le moto per i test o che ce le lasciano solo per un giorno, ma noi siamo quello in cui crediamo e non cambieremo per vendere più pubblicità. A lungo andare funziona, a volte ci danneggia, ma ne vale la pena».


Quindi succede che i costruttori si arrabbino?
«Certo, ad esempio all'inizio del 2000 la Suzuki ce l'aveva con noi perché non era d'accordo con la nostra opinione sulle loro moto, e non volevano più darci le moto da provare. Abbiamo riaggiustato le cose, vedo che quando ci sono dei problemi possono essere risolti prima o dopo, a volte molto dopo, ma si sistema tutto».


La moto migliore che hai mai provato?
«Giudicandola dai miei 82 chili e 1,82 cm penso ad una 450, e la miglior moto di serie senza spenderci dei soldi per me è la Kawasaki 450 2013 perché si adatta al mio stile, ha un motore efficiente e una buona forcella ad aria. Se avessi un budget più limitato probabilmente comprerei la nuova KTM 250 a due tempi, è facile da mantenere, ha una buona tecnologia, è leggera, performante, e può durare per molti anni. Per quanto riguarda le moto ufficiali è difficile da dire quale sia la migliore, sono il sogno di molti perché hanno quel qualcosa di speciale, ma in realtà per la maggior parte dei piloti una moto di serie offre il compromesso più soddisfacente perché quando guidano non spingono la moto al suo limite in quanto non ne hanno la capacità. Provare la moto di James Stewart è spaventoso, non riesci a gestirne il potenziale perché non è costruita per te in quanto è costruita per uno che può andare velocissimo. Ci sono però degli ottimi compromessi, come la moto di Kyle Lewis del Team Moto XXX o la KTM 450 di Michael Lacey che ha usato nel National del 2007 dotata di un motore favoloso, che hanno prestazioni eccellenti senza essere inavvicinabili. Io ho provato praticamente tutte le moto ufficiali degli ultimi dieci anni, e ricordo ad esempio che quella di Ricky Carmichael non riuscivo a guidarla perché io sono molto più alto di lui e il setting non è adatto a me. Per cui è vero che la gente pensa “se potessi salire su quella moto sarei molto più veloce”, ma non è affatto così».


La peggiore moto di serie?
«La Kawasaki 250 2 tempi del 2006, guidarla metteva paura guidarla sia per la terribile erogazione del motore che per la difficoltà di curvare, dovevi piantare il piede per terra per farla voltare, non c'era proprio niente che mi piacesse di quella moto».


Quella che ti è piaciuta meno di quelle ufficiali invece?
«La Honda 250 di Ricky Carmichael del 2002, è stata la prima moto factory che ho provato, sulla pista di supercross di Glen Helen, e pensavo fosse straordinaria. Invece il manubrio era rivolto verso le mie gambe, le manopole erano in verticale, il parafango toccava quasi la ruota dietro, in poche parole è stato bello essere sulla moto di RC, ma da guidarla è stato orribile».

 


Quanto durano più i vostri test?
«Dipende dalla moto. Una moto di serie passiamo circa una settimana e mezzo a provarla quotidianamente in diverse condizioni e su piste diverse con una decina di piloti di diverso livello. Ci piace utilizzare Glen Helen come base, perché crediamo che sia giusto avere una pista di casa alla quale sei abituato, così sai come reagiscono le varie moto sullo stesso tracciato e per un certo periodo, ma usiamo anche altre piste nella California del sud. Terminato il primo test la moto continuiamo a tenerla tutto l'anno, perché ci serve anche per le prove dei prodotti after market, tra cui le sospensioni. Per quanto riguarda la comparativa tra i diversi modelli della stessa cilindrata usiamo un giorno per foto e video e per avere l'opinione di cinque o sei piloti veloci, ma in realtà i nostri Shootout durano mesi. Prendiamo una moto per un mese, poi una seconda moto il mese successivo e le usiamo continuamente, le facciamo correre insieme. Non è che ci presentiamo in pista e diciamo: oggi decidiamo qual è la migliore, praticamente lo sappiamo già perché le abbiamo provate per mesi».

 


Avete tante piste da scegliere, su cosa vi basate?
«Dipende da cosa stiamo facendo nei test, dalle condizioni meteo e dai turni di apertura dei circuiti. Competitive Edge ad esempio è aperta il martedì e venerdì, Milestone il mercoledì, Glen Helen il giovedì».


Il direttore nonostante i suoi 65 anni corre ancora.
«Sì, ogni fine settimana, e si arrabbia se le gare vengono cancellate per maltempo, oppure se non c'è una gara in programma quel week end diventa matto. Il sabato è il suo giorno da pilota».


Anche tu sei stato un pilota, che livello eri?
«Corro ancora, gareggio nella categoria intermedia veterani. La cosa strana è che negli Stati Uniti una certa categoria in California è diversa dalla stessa che c’è nella Costa Est, per esempio io ho 31 anni e nello stato di New York sarei in quella top, mentre qui sono solo nell'intermedia. Forse perché in California ci sono molte più competizioni per via del clima, qui a gennaio vedi la gente in pista mentre il New York è sommerso dalla neve. E’ per questo che nonostante stia invecchiando sto migliorando rispetto ad una volta perché avendo la possibilità di correre di più imparo più cose ».


Cosa ti è mancato per diventare un Villopoto?
«Forse perché sono troppo responsabile, penso a troppe cose e non riesco a scollegare il mio cervello, analizzo costantemente per via dei test e non riesco a lasciarmi andare e guidare più veloce che posso. C'è l'ho talmente dentro che quando sono in sella mi ritrovo a pensare cose del tipo: la sospensione ha fatto qualcosa di strano, come la sistemo?, oppure il freno anteriore è un po' troppo fiacco… Ecco a cosa penso invece di andare e basta. E poi ho avuto un sacco di infortuni, e ora sono vecchio per andare veloce. Ne ho avuti un paio gravi, due anni fa sono quasi morto per una emorragia interna per la lacerazione della milza. Mi stavo allenando per una gara e all’atterraggio di un salto sono finito su di un assistente che stava aiutando dei piloti caduti nello stesso punto, mi sono ribaltato e ho battuto forte l’addome. E' successo di mattina, mi faceva malissimo ma sono rimasto fuori tutto il giorno, nel pomeriggio quando mi stavo avviando verso casa mi sono sentito male e mi hanno portato in ospedale e mi hanno operato d'urgenza per fermare un’emorragia interna e richiudermi la milza. Sono stato fortunato perché successe la stessa cosa a Jim West che però morì in pista proprio per una emorragia alla milza. Poi mi sono rotto un polso, la clavicola, ho subito un'operazione alla schiena. Quindi voglio solo andare veloce ma in sicurezza, continuare a provare le moto senza mettermi in pericolo, anche per mia moglie».

 

E' un lavoro favoloso, e sono molto felice. Di sicuro non divento milionario, ma va bene così, cerco di migliorarmi in sella alla moto, e di fare delle foto migliori

Qual è la parte del tuo lavoro che ti piace di più?
«E' un lavoro favoloso, e sono molto felice. Di sicuro non divento milionario, ma va bene così, cerco di migliorarmi in sella alla moto, e di fare delle foto migliori. In più ho l’opportunità di di viaggiare sia negli Stati Uniti che in tutto il mondo. Mi piace molto la Svizzera, ho imparato un po' di francese alle superiori, mi piace andare al supercross di Ginevra, vedere le case e sciare sulle Alpi: è una zona bellissima, e la gente mi sembra molto cordiale».

 
E la cosa che ti risulta più noiosa?
«Stare in ufficio non è mai divertente, ma direi guidare la macchina. La gente pensa che le piste in California siano una accanto all'altra, che siano a 15 minuti di distanza, ma non è così, in qualunque posto dobbiamo andare devo stare al volante in media un'ora e mezza lottando nel traffico».


Non si è mai rotta una moto durante i test?
«Ne abbiamo rotte parecchie che avevano dei problemi. Quando è uscita la Suzuki 450 siamo stati i primi a provarla e si ruppe la scatola del cambio . Nel 2006 rompemmo una valvola di aspirazione della YZ 250 F, credo di essere stato una delle prime persone a cui sia successo e la Yamaha avvertì tutti i clienti che quella valvola di aspirazione era difettosa».


Ultimamente Lance Armstrong ha ammesso di aver fatto uso di sostanze proibite, cosa pensi del doping nel motocross?
«E' difficile non pensare che alcuni atleti ne facciano uso, specialmente atleti di alto livello, non perché diventano meglio degli altri, ma si affidano ad allenatori che arrivano dalle gare di bici o body building. D’altronde la nostra federazione motociclistica non prevede test, quindi cosa possiamo farci? Non è un cosa piacevole, noi di MXA vorremmo più controlli ma l’AMA non fa niente a riguardo, e nemmeno l'agenzia governativa preposta. A volte fanno dei controlli, ma non credo che cerchino le sostanze che dovrebbero cercare».


Cosa pensi delle moto europee rispetto alle giapponesi?
«Dieci anni fa la gente vedeva le Jap più attraenti e le europee non competitive. Ora le cose sono cambiate grazie alla KTM, è considerata tra le "grandi cinque" Case costruttrici e le sue vendite nel settore fuoristrada sono più alte rispetto alle concorrenti perché fanno dei prodotti di qualità, durevoli, con dei motori favolosi per quasi tutti i modelli. E' bello vedere che l'Europa sta emergendo e che sta iniziando ad esserci più competizione, è quello di cui c'è bisogno».



Il pubblico statunitense non ha molto interesse per i GP.
«Gli americani sono molto patriottici e si sentono al centro del mondo. Gli USA sono gli USA e il resto del mondo è il resto del mondo, questa è la realtà. Io non la penso così, e infatti seguo come va il Mondiale, ma la maggior parte delle persone vuole sapere di Villopoto, di Dungey, di Stewart, di Barcia. Dei GP si rendono conto quando vedono i vari Musquin, Reed, Rattray, Langston, Roczen quando vengono qui da noi, ed il fatto che siano loro a trasferirsi negli Stati Uniti per la gente è la prova che da noi c’è un campionato superiore, che in Europa non sono molto bravi, se lo fossero verrebbero a correre negli Stati Uniti».

 

Tony Cairoli
Tony Cairoli


Cosa pensi di Cairoli?
«Non conosco la sua personalità, ma come pilota è straordinario. Ha la velocità, sembra avere la mentalità giusta, sa quello che fa, si allena come si deve e si gode la vita, l'ho visto da quell'intervista che abbiamo pubblicato pochi mesi fa. E' un "pacchetto motocross" completo, sarebbe favoloso vederlo correre qui da noi, averlo al cancello di partenza per il National sarebbe qualcosa di speciale ma capisco anche che lui ha dei doveri nei confronti del Mondiale e dell'Europa. Lui è il re dell'Europa. E' stato fantastico vedere lui e Herlings lottare in quella sabbia e come hanno spianato il team americano, non che io ci tenga a vedere gli USA perdere ma allo stesso tempo è stato incredibile vedere cosa sono riusciti a fare quei due in quelle condizioni».

 


Effettivamente la gara di Lommel è stata dura per gli americani.
«I nostri piloti e la sabbia non vanno d'accordo, specialmente quella sabbia così profonda. Da noi c’è Southwick, ma è come un box di sabbia per bambini in confronto a Lommel. E' soffice, ma non è profonda come a Lommel. La maggior parte dei nostri piloti nella pista belga non sarebbe in grado di fare nemmeno un giro, io stesso credo che non ci riuscirei».


Se dovessi costruire la moto ideale con le migliori parti prese dalle moto attuali, come la faresti?
«Lo potrei fare, ma probabilmente non funzionerebbe. Metterei il motore della Kawasaki 450, il telaio della Suzuki 250, i freni della KTM, forcella e ammortizzatore della Yamaha 450. Messi tutti insieme però non credo che darebbero la migliore moto, ma è bello sognare ad occhi aperti».


Si dice che le Case tengano conto dei vostri suggerimenti per le moto dell'anno successivo.
«E' vero, non lo fanno tutti, ma alcuni costruttori guardano quello che facciamo e ci appoggiano. Alcuni ci vedono solo come persone esigenti che si lamentano, ma abbiamo avuto delle esperienze in passato dove abbiamo dato dei suggerimenti e un paio d'anni dopo, dato che il processo di produzione dura abbastanza a lungo, hanno apportato quelle modifiche».

 

Credo che la progettazione nel motocross per certi aspetti sia un po' indietro, ad esempio ci sono voluti diversi anni perché una moto da cross avesse l'iniezione elettronica

Come sarà secondo te la moto del 2018?
«Speriamo che sia una due tempi, la tecnologia ha fatto molti progressi in questi ultimi anni, con l'iniezione elettronica e potrebbe esserci una 2T a iniezione diretta, qualcuno ci sta già lavorando e probabilmente avremo un sistema EFI più sofisticato. Forse torneranno i telai in acciaio, che mi piacciono di più di quelli in alluminio perché più flessibili e in realtà, se realizzati bene anche più leggeri. KTM lo sta usando, e infatti mi piace la maneggevolezza delle KTM. Credo che la progettazione nel motocross per certi aspetti sia un po' indietro, ad esempio ci sono voluti diversi anni perché una moto da cross avesse l'iniezione elettronica quando in realtà era in uso nel quad e per le auto già da tanti anni. Sarà interessante vedere cosa succederà».

 


Preferisci il supercross o il National?
«Il motocross tradizionale perché rispecchia esattamente quello che è il nostro sport, è il riferimento per ogni pilota. Non conosco nessuno che proverebbe un salto triplo da 20 metri o che andrebbe sulle whoops. Il supercross è divertente da vedere, lo apprezzo così com'è e i piloti hanno molto talento, ma per quel che mi riguarda andrei al National tutti i giorni perché è ciò che faccio anch'io, è un bello sport all'aperto, non è artificiale, e come scenario per le foto è molto meglio in quanto ti permette di essere artistico».


In questi ultimi anni le piste di Supercross sono più facili, e questo rende difficile per i piloti più bravi fare la differenza.
«Ho visto anch'io che le piste stanno diventando più facili, dopo l'anno scorso i designers delle piste e gli organizzatori erano molto preoccupati dal fatto che tutti i migliori piloti si sono infortunati, e la gente viene per vedere loro. Sembra che cerchino di rallentare un po' il ritmo inseriscono dei salti verticali e dei tratti con la sabbia, ma qualsiasi cosa aggiungi i più veloci resteranno sempre i più veloci e continueranno a vincere. Comunque l'ho notato e per molti aspetti sono d'accordo perché non voglio vedere un triplo salto subito dopo la partenza, è successo l'anno scorso a Canard e Morais ed è stata una tragedia, per fortuna adesso stanno bene. Certe cose non dovrebbero succedere, devono correre in sicurezza e se questo vuol dire costruire delle piste più facili, va bene».


Sai quanto guadagna un pilota di alto livello come Villopoto o Stewart?
«Credo che Dungey guadagni due milioni e mezzo all'anno da quando ha firmato con KTM, Villopoto penso circa due milioni, questo come base, senza i bonus che di solito sono centomila per ogni supercross vinto, un milione di dollari per il titolo, e se vinci entrambi i campionati c'è un milione di dollari extra. Quindi Villopoto, quando ha vinto entrambi i titoli, solo per quello ha avuto tre milioni di dollari, senza contare le vittorie in gara».


Quindi uno come Stewart guadagna più di te?
«Credo che James guadagni leggermente più di me. Ma la cosa strana è che se prendi un pilota che arriva sempre decimo al supercross, per quattro o cinque anni sempre attorno la stessa posizione, per la durata di una carriera io guadagno più di lui. Questo perché la carriera di un pilota è molto corta, magari può guadagnare trecentomila dollari l'anno, ma solo per quattro anni».

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