Schuberth: 70 anni di sicurezza

Schuberth: 70 anni di sicurezza
Maurizio Tanca
  • di Maurizio Tanca
Abbiamo visitato la sede della famosa azienda tedesca, pioniera nel campo protezione del capo. Fu la prima a proporre un casco modulare, in collaborazione con BMW, nel 1987. E ambisce a diventare leader mondiale tra i marchi al top
  • Maurizio Tanca
  • di Maurizio Tanca
7 marzo 2011


Lo stabilimento della Schuberth GmbH ha sede a Magdeburgo, capoluogo della Sassonia-Anhalt,  sulle sponde del fiume Elba. La Casa tedesca si occupa della sicurezza del capo fin dal remoto 1922. Sicurezza inizialmente rivolta principalmente all’ambiente del lavoro,  naturalmente: la cosiddetta “sicurezza occupazionale”, della quale da oltre mezzo secolo beneficiano i pompieri, chi lavora nei cantieri o comunque nell’industria, le stesse forze dell’ordine e molti corpi militari in tutto il mondo. Per tutti loro viene realizzato il 70% dell’1,3 milioni di copricapo protettivi prodotti a Magdeburgo. Fin dal 1956 le Forze Armate Tedesche Federali  si appoggiano a Schuberth, e dal 1992 adottano gli elmetti da combattimento standard progettati e sviluppati esclusivamente dal marchio tedesco, idem per i paracadutisti. E le forze speciali militari e della Polizia sono dotati di elemetti antiproiettile Made in Germany.  
Fu nel 1954 che Schuberth  iniziò a riversare il suo già allora notevole know-how tecnologico anche nelle progettazione e fabbricazione dei caschi da motociclista, che attualmente portano nelle casse  dell’azienda tedesca un buon 50% del fatturato globale. Mancherebbero all’appello quelli per il ciclismo e per  lo sci, ma non è affatto escluso che si inizi a lavorare anche in questi due settori, presumibilmente nella nuova sede statunitense, con annesso reparto di ricerca e sviluppo. La Casa tedesca in effetti sta iniziando ad espandersi a livello mondiale, con l’obiettivo di focalizzarsi al massimo sul mercato globale con nuove strategie e prodotti. E il settore che ha incrementato maggiormente le sue quote di mercato è stato proprio quello motociclistico, e in questa voce comprendiamo ovviamente anche la produzione dei caschi per BMW. 
L’82% della produzione di caschi da moto Schuberth attualmente viene assorbita dal mercato tedesco, ma quello italiano è cresciuto dal 5 al 15%. Giusto per citare qualche numero, dei famosi modelli apribili C2 e C3 (quest’ultimo realizzato anche in versione personalizzata per  Ducati) in soli 5 anni ne sono stati venduti più di un milione di pezzi! E tutti i 2000 esemplari dello speciale C3 Carbon (peso 1.450 grammi), si sono praticamente volatilizzati in brevissimo tempo.

Schuberth e la Formula 1

Nella massima categoria dello sport automobilistico, il marchio Schuberth è ormai un riferimento assoluto da 10 anni:  Michael Schumacher, che ne è testimonial dal 2001 (e dal 2003 anche tutto il team Ferrari) ci ha vinto 5 dei suoi 7 titoli iridati, mentre lo stesso Raikkonen  ne ha vinti 2. Non è con questi costosissimi caschi che si fanno i veri numeri , è chiaro. Tuttavia ci è stato raccontato che dopo il famoso incidente occorso nel 2009  a Felipe Massa in Ungheria (dove venne colpito sul casco - un RF 1,8, con calotta grande  – tra visiera e calotta a 300 orari da una molla da 800 grammi staccatasi da una sospensione della Brawn di Barrichello, ne uscì miracolosamente quasi illeso), di integrali RF1 ne sono stati venduti più di 3000!
Per la cronaca, a seguito del fortissimo impatto – la cui forza d’urto era paragonabile a quella contro un oggetto del peso di oltre alle 2 tonnellate! – si spezzò un aggancio del perno sinistro della visiera, costruito in materiale plastico rinforzato con fibra di carbonio: dal GP successivo, quel particolare venne sostituito da un altro in titanio. 
Michael Schumacher
Michael Schumacher

Da notare che la calotta del casco Schuberth RF1 da F1 è realizzata da ben 16 strati di fibra di carbonio T1000 (18, sul casco di Massa) ed è spessa 5 mm, mentre la visiera, antiproiettile, è da 4 mm. Le esigenze dei piloti di auto, infatti, sono molto differenti rispetto alle nostre: è importante soprattutto proteggere la testa del pilota dalla penetrazione in particolare anteriormente, mentre il casco da moto ha il compito di assorbire gli urti da tutti i lati, e deve avere una struttura più elastica. 
Ma se la massima espressione dell’automobilismo sportivo ha comprensibilmente ridottissimi ritorni commerciali per il costruttore tedesco – che per contro non spende un solo euro per equipaggiare i piloti - è anche vero che il fattore immagine, ma soprattutto la ricerca della massima sicurezza possibile richiesta dai piloti automobilistici, possono portare benefici anche al nostro settore.

La Schuberth, oggi

L’azienda di Magdeburgo impiega attualmente 200 dipendenti, per la maggior parte donne (ma il personale aumenta fino a 320 unità, nei periodi di pieno regime), che costruiscono i caschi per  l’80% a mano, utilizzando ben 6 tecnologie di stampaggio differenti, a seconda del settori di destinazione dei prodotti. E sta lavorando sodo per garantire un livello di sicurezza superiore a quello stabilito dalle vigenti normative ECE 22-05, studiando costantemente nuovi materiali e tecnologie costruttive. Va sottolineato che Schuberth è l’unica a costruire caschi costituiti da due parti monolitiche, che sono le calotte esterne e quelle interne. Nel primo caso si utilizzano sia materiali da impregnare che pre-impregnati (kevlar balistico compreso); i tessuti in fibre composite, tra l’altro, vengono intrecciati in maniera differente a seconda delle taglie. Non viene utilizzato il teflon, per via della ridotta aderenza della vernice, né il silicone volatile, vietato in quanto inquinante.
Le calotte interne sono sì a struttura differenziata, ma anch’esse appunto stampate in un solo pezzo, e non incollando varie componenti di differenti densità: un’esclusiva assoluta, questa, della quale in azienda vanno orgogliosi.
Quanto ai sistemi di taglio delle calotte grezze, generalmente vengono utilizzati getti d’acqua a fortissima pressione, ma dovrebbero arrivare anche alcune apparecchiature laser, per impieghi particolari.
Molta attenzione viene da sempre rivolta alla ricerca aerodinamica, con l’obiettivo di minimizzare tutte le forze frontali e laterali che un casco subisce durante la corsa, ma anche di ridurre il cosiddetto SPL (Sound Pressure Level), ovvero il rumore del vento, che spesso sovrasta nettamente tutti gli altri suoni e rumori. A tal proposito, è tutt’altro che secondario il fatto che Schuberth GmbH sia l’unico fabbricante di caschi al mondo a disporre di galleria del vento privata. Il che in scia anche alla fondamentale esperienza maturata lavorando sui caschi da F1 – dove il sistema di aerazione è talmente sofisticato da fungere praticamente come un condizionatore, tant’è che gestisce un passaggio interno d’aria di circa 10 litri al secondo - ha fatto sì che l’integrale apribile C3 sia il casco “flip-up” (termine comunemente usato per definire i caschi con mentoniera sollevabile) più silenzioso esistente: il livello di rumorosità rilevato internamente, alla velocità di 100 km/h, è infatti inferiore a 84 Db(A ). Da notare che il suo sistema di aerazione gestisce un volume d’aria di 7 litri al secondo. 
Schuberth C3
Schuberth C3

Altra caratteristica dei caschi tedeschi consiste nel sistema di ritenzione denominato AROS (Anti Roll Off System): il cinturino di ritenzione infatti si sdoppia a “V” all’interno della calotta, andando così a fissarsi sia sulle pareti laterali del casco sia dietro, sulla nuca, il che evita la rotazione in avanti del casco stesso.
Tutte le visiere invece sono dotate di un labbro superiore (“turbolated”) che aiuta a sua volta ridurre il rumore aerodinamico.
Chiaramente i controlli qualitativi sui materiali ed i test sui prodotti finiti sono severissimi. In termine di assorbimento dell’impatto, i tecnici tedeschi ritengono che per i caschi motociclistici il materiale migliore sia sempre la fibra di vetro, magari rinforzata con quella di carbonio, ma solo superficialmente.
Dall’esterno Schuberth acquista solo il polistirolo e le visiere. Queste ultime vengono realizzate in Europa da tre sole aziende, mentre “l’unico costruttore di caschi a fabbricarsele in proprio è la Nolan, visti i suoi elevati numeri di produzione”, ci è stato raccontato.

2011: arriva l’integrale Sport-Racing, ma non solo

Nell’ambito del sopra citato piano di espansione figura anche l’allargamento della gamma al settore Racing, segmento dove Schuberth ambisce a posizionarsi addirittura entro i “top 3”a livello mondiale. Fino ad oggi, infatti, gli integrali tedeschi si sono rivolti al massimo ad utenti sportivi stradali, tanto da essere anch’essi dotati di visierina interna parasole.
Il prodotto deputato all’ambizioso traguardo è il nuovissimo SR1, del quale a Magdeburgo avevamo visto qualche schizzo, ma che poi è stato presentato ufficialmente allo scorso Intermot di Colonia e poi Eicma milanese. Si tratta in pratica dell’evoluzione dello specialissimo integrale, ispirato ovviamente a quelli automobilistici, realizzato appositamente per Michael Schumacher nel 2008/2009 per correre in moto: un casco compattissimo (taglia 54!), totalmente in fibra di carbonio, dal peso di soli 800 grammi.
L’SR1 (Schumacher Replica 1) è un prodotto molto sofisticato, prodotto con calotte di tre misure; pesa meno di 1.300 grammi contro i 1.525 dello sportivo S1 Pro, e naturalmente non è dotato di parasole interno. L’SR1 è stato collaudato per oltre 500.000 km, e dovrebbe essere disponibile in primavera.
Si sa, anche l’occhio vuole la sua parte, e dopo una vita interamente dedicata alla ricerca della sicurezza, della praticità e del comfort ai massimi livelli, quest’anno Schuberth ha iniziato pian piano a cambiare un po’ filosofia anche a livello di grafiche, con l’ovvio scopo di aumentare l’indice di gradimento, e quindi la diffusione, dei suoi prodotti in tutto il mondo.
Casco integrale Schuberth SR1
Casco integrale Schuberth SR1


Senza tuttavia rinnegare la tradizione tipicamente nord-europea di proporre calotte in sgargianti (quindi meglio visibili) tinte fluo, in particolare gialle e arancio: una tendenza che, in effetti, sta iniziando a contagiare anche altri produttori.
Grafiche più convincenti, insomma, che vanno ad affiancare le monocolore a partire dallo stesso SR1, ma anche dal C3, tra l’altro disponibile anche in versione Lady, ergonomicamente studiato per il volto femminile e con interni chiari.
Chiudiamo rammentando che Schuberth, tra le sue svariate innovazioni – primo flip-up, primo parasole interno - annovera anche il J1, ovvero il primo casco jet in assoluto dotato di protezione rimovibile per il mento, costituita da un semicerchio di sezione tonda in resina. Ma ha anche creato l’intelligente sistema di comunicazione SRC-System, astutamente alloggiabile al posto della “mezzaluna” morbida (asportabile) situata posteriormente, lungo il bordo inferiore delle calotte di J1 e C3.
Interessante anche lo Schuberth Mobility Program, in base al quale un possessore di casco Schuberth danneggiato in seguito ad un incidente può riceverne uno nuovo pagando solo un terzo del prezzo di listino consigliato al pubblico.

Il video: "Schuberth. Nuovo sistema di comunicazione"