Gionata Nencini: Tour delle Vie della Seta - Settimana 4

Dopo il mio sbarco in Kazakistan mi sono trovato in un ambiente completamente diverso, ma familiare. Il calore, l’aridità e la desolazione della steppa kazaka era simile ai km percorsi in Australia o in Patagonia, mentre la strada dritta e infinita che collega villaggi lontanissimi l’uno dall’altro, mi ricordava la Siberia del 2005
20 giugno 2016

Così i primi chilometri mi sono apparsi nuovamente belli e in grado di riportarmi in dietro nel tempo, ma con le consapevolezze della persona che sono oggi. Ogni giorni aumentavano i camion che superavo, e con loro i dromedari che attraversavano la strada. Il cielo era sereno, e il termometro segnava 35°. Ma dopo due giorni di “questo” ho cominciato a storcere il naso e guardare altrove, in cerca di stimoli, di cose nuove da scoprire, e soprattutto di avventura.
La mia mappa ritirata gratuitamente a un banchetto di una fiera di Milano due anni prima non dava molte indicazioni, ma mi sono fidato lo stesso, a Mequet ho abbandonato la grande interstatale gremita di camion, e ho deciso di tagliare puntando a est per accorciare quell’odioso nastro d'asfalto di 1.200 km e riempire il tempo con un po’ di sterrato e strade meno frequentate dai passanti.
Da lì in poi sono stati 500 chilometri interminabili. Sono caduto più volte e ogni volta in modo più violento, infangandomi e infangando la moto a cui ho spesso dovuto smontare parafango e piastra anteriore per poter andare avanti. Nell’ennesima caduta ho anche spezzato il telaietto sinistro delle borse laterali, proseguendo su tutte le corrugazioni con una certa difficoltà.
Ore interminabili di guida, pioggia e freddo, scarsità di cibo e di benzina e difficoltà nel trovare un posto per la tenda che non fosse una trappola per la moto, a causa dell’argilla che si viene a formare con le prime gocce d’acqua.
Ma quando ho rimesso piede sull’asfalto, sentivo di aver vissuto esattamente l’esperienza per la quale avevo scelto di abbandonare la strada facile per avventurarmi in quella difficile.


Il Kazakistan tuttavia è molto grande, e i tratti asfaltati permettono di coprire anche 800 km in un giorno senza la preoccupazione di avere tanta fretta. Il clima aveva raggiunto i 39°C e di notte, fra zanzare e caldo afoso, diventa difficile anche dormire.
Quando mi appresto a continuare verso sud su una strada che non è ancora completamente asfaltata, scorgo un altro motoviaggiatore alla distanza. Si chiama David ed è australiano. Per la prima volta decido di condividere tempo, km e piazzola con qualcuno come me e, grazie alla reciproca apertura mentale, l’esperienza si rivela molto piacevole. Il viaggio in solitaria è diverso da quello in coppia con altri motociclisti, e anche se in due giorni ne ho avuto solo un assaggio, sono contento di essermi concesso questa conferma.
L’ultima sera, durante la cena, David mi ha chiesto se agli occhi di un motoviaggiatore navigato come me fosse evidente qualche mancanza in un neo motoviaggiatore come lui. Ho risposto che ognuno di noi lavora tutto l’anno per ritagliarsi il tempo di vivere la propria libertà in viaggio, e che per questo ognuno lo fa a suo gusto e piacimento. Non è una gara, perché non c’è un regolamento; non è una sfida perché non c’è un traguardo, e non è una competizione, perché non c’è un premio da vincere. C’è solo la scelta di farlo come e perché vogliamo.
Durante la sosta ad Aralsk provvedo a rimettere in sesto la moto, e scopro che delle pastiglie freno troppo morbide (o troppo economiche oserei dire) e l’argilla abrasiva (per i sassi che conteneva) hanno mangiato tutta la parte che struscia sul disco. Ho il metallo che sta già iniziando a graffiare i dischi, e se voglio evitare problemi più gravi lungo il mio percorso fino in Thailandia devo trovare un rimedio subito. Ricambisti non ce ne sono, ricevere un pacco non è possibile perché manca il tempo (ho solo 15 giorni di visto in Kazakistan), e con me non ho i ricambi (negli anni precedenti portavo sempre qualche set di pastiglie, ma non le montavo mai, perché freno poco e le consumavo pochissimo). Così cerco una persona che possa rigenerare le mie, e mentre mi avverte che il lavoro di saldatura e rigenerazione di 6 pastiglie freno mi costerà 20 euro, io sono già ansioso di sapere se potrò continuare il viaggio con delle pastiglie costruite in Kazakistan.
 


Il lavoro finisce dopo poche ore e, nonostante il principio di fissaggio lasci un po’ a desiderare, la moto sembra ok e così riprendo il mio viaggio verso sud, questa volta sull’unica strada disponibile, che è appunto l’interstatale gremita di tir.
Mangio vari chilometri velocemente, ma fuggo dall’asfalto ogni volta che l’orizzonte mostra qualche punto interessante: delle rovine, dei monumenti, dei tratti sterrati, delle montagne al confine con il Kirghizistan e, per finire, uno stagno.
Già, proprio mentre sono a 250 km dalla mia metà del giorno il termometro tocca i 42°C, e decido di fermarmi per un’oretta sotto l’ombra di qualche albero e aspettare che la temperatura si abbassi un po’.
Con mia grande sorpresa, scopro che questo piccolissima villaggio completamente dimenticato dal mondo ha uno stagno d’acqua in mezzo a un po’ di boscaglia. Quando mi avvicino valuto se rinfrescarmi la faccia, ma l’acqua è sporca e la cosa non è interessante. Ma poco più in là sento grida di bambini, e mentre li osservo giocare con lo stesso entusiasmo con cui noi, da bimbi, giocavamo a nascondino o a calcio, decido di unirmi a loro e conoscerli un po’ meglio.
Una delle esperienze più inaspettate e più rinfrescanti della mia vita. La loro curiosità era genuina e il loro modo di riempire il tempo era anni luce da quella gelida dipendenza dagli smartphone. Erano ragazzi allegri, sani, atletici, e alla fine mi hanno anche convinto a lanciarmi nel lago dal ramo di un albero alto almeno 6 metri.

Arrivo ad Almaty con il sorriso, e contento di aver toccato la metropoli dopo così tanti giorni di vita dentro al Kazakistan: giorni e km durante i quali ho visto da vicino realtà molto diverse da quella in cui mi appresto a passare qualche giorno.
Sono infatti in cerca di un anti infiammatorio per il mio ginocchio (una delle cadute è stata abbastanza pesante), un kit catena, corona, pignone per la moto, delle pastiglie originali, e un corriere espresso con cui spedire a casa delle cose che non uso e che pesano 6 kg.
E’ l’11 Giugno e celebro il mio primo mese in viaggio, e dopo 30 giorni di uova, carne bollita, zuppe e fritture di ogni tipo, credo di essermi meritato una pizza e un caffè italiano. Ma adesso vi lascio al video.

Gionata Nencini

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