Addio Maxime, ragazzo gentile

Addio Maxime, ragazzo gentile
Carlo Baldi
Maxime Berger era un ragazzo gentile e sensibile, che ci ha lasciato proprio mentre la Superbike correva nella sua Magny Cours. Quella Superbike che lo ha dimenticato troppo in fretta
3 ottobre 2017

Nel giorno in cui il campionato mondiale Superbike festeggiava a Magny Cours il terzo titolo mondiale di Jonathan Rea, mi ha raggiunto la notizia della morte di Maxime Berger.

Il ventottenne pilota francese era stato ricoverato all’ospedale di Digione, la città dove era nato e dove viveva, nei primi giorni di settembre, a seguito di un tentativo di suicidio. Da quanto ci hanno dichiarato persone a lui vicine, Maxime stava passando un momento difficile, sfociato in una depressione a causa della quale si era rivolto ad uno psicanalista. Anche se depresso, Berger era pur sempre un pilota, e quindi non era abituato ad arrendersi o a rinunciare a combattere. Anche per questo si era messo nelle mani di questo medico, che però dopo alcune settimane ha deciso di farlo ricoverare in una clinica per malattie mentali. Qui purtroppo la situazione di Maxime è peggiorata, sino al suo gesto estremo.

Soccorso prima che fosse troppo tardi, ma ormai in coma, il francese era stato ricoverato all’ospedale di Digione, dove purtroppo i medici constatavano subito come gran parte del suo cervello fosse ormai irrimediabilmente danneggiato. Tenuto in vita dalle macchine, Berger è rimasto in coma sino a pochi giorni fa, quando il padre, in accordo con i medici che lo avevano in cura, ha deciso di staccare la spina e dare l’eterno riposo allo sfortunato Maxime.

Maxime Berger
Maxime Berger

Una storia straziante, che mi ha riempito di dolore, perché Maxime ha fatto parte per molti anni del mondo della Superbike e le nostre strade si sono spesso incrociate.
Campione Europeo della Stock 600 nel 2007 con il team Trasimeno, Berger era uno delle giovani promesse del nostro sport. Dalla Stock 600 era poi passato alla Superstock 1000 FIM Cup con il team Hannspree IDS Ten Kate Honda, terminando la stagione al secondo posto, per soli 7 punti.
Dal 2008 al 2010 Maxime restava in Stock 1000 e, sempre con la Honda, sfiorava ancora il titolo, raccogliendo un terzo ed un altro secondo posto.

Nel 2011 Danilo Soncini lo volle nel team Supersonic Ducati, squadra con la quale collaboravo. Ricordo ancora oggi la sua gioia nel togliere assieme a Soncini, il velo alla sua Ducati Superbike, la sera della presentazione del team. Maxime era un ragazzo educato e gentile, che una volta in pista si trasformava, ma non ricordo di averlo mai visto autore di una scorrettezza o di un gesto poco sportivo. Era un ragazzo sereno e sensibile, che si faceva subito ben volere. Al suo fianco c’era Chris Favero, che più che una manager era la sua "sorella maggiore" e non gli faceva mai mancare consigli ed affetto. Quell’anno chiuse sedicesimo in classifica e fu protagonista di un curioso quanto spettacolare incidente a Donington, quando si ruppe il cerchio posteriore della sua moto e la gomma si staccò, rotolando nella via di fuga. Ovviamente lui cadde, ma per fortuna senza conseguenze.

Conclusa l’avventura con il team Supersonic, l’anno successivo passò al team Effenbert, che però lo licenziò a due round dalla fine per motivi non molto chiari, ma che di certo nulla avevano a che fare con il suo impegno ed i suoi risultati.
Richiamato in pista dal team Red Devils per sostituire l’infortunato Niccolò Canepa, Maxime corse le due ultime gare di Magny Cours. Sulla pista di casa si tolse la soddisfazione di conquistare il quarto posto, miglior risultato stagionale per il team di Andrea Petricca.

Quella fu però anche l’ultima apparizione di Berger in Superbike. Inspiegabilmente il mondo delle derivate si dimenticò di questo talento francese di soli 23 anni. Provai a farlo rientrare nel mondiale mettendolo in contatto con un team che doveva sostituire un pilota infortunato, ma gli venne chiesta una dote di sponsor che non aveva, e che soprattutto non voleva cercare.
Maxime infatti non ha mai accettato di dover pagare per correre. Conscio del proprio valore riteneva, a ragione, di dover caso mai essere pagato, ma non certo di dover portare sponsor al team per poter correre.

In seguito lo presentai ad una importante squadra del mondiale Endurance con la quale chiuse al secondo posto nel mondiale. Ma le sue caratteristiche di guida non erano esattamente quelle richieste da una specialità così particolare e l'anno successivo non fece più parte di quella squadra.
Da allora non ho più avuto sue notizie, sino a quel maledetto 1 settembre. Non so se la sua depressione dipendesse solo dal non riuscire a trovare una sistemazione adeguata al suo talento, ma a questo punto ha poca importanza. Maxime è stato certamente travolto da un mondo difficile, che a volte calpesta chi antepone i sentimenti al business. Di certo è rimasto sempre sè stesso, con le sue debolezze e con la sua sensibilità. Resta il grande dolore per non averlo potuto aiutare nel suo momento peggiore, e per non poterlo più riabbracciare.