Trial tra le nuvole: tre giorni tra moto e natura

Trial tra le nuvole: tre giorni tra moto e natura
Andrea Buschi
Se ti chiedi da dove nasce la passione per la disciplina, scopri la Tre giorni della Valtellina
4 novembre 2016

Quando ti domandi perché ha avuto successo e diffusione la disciplina del Trial nel nostro paese, tutte le risposte le troverai partecipando ad una manifestazione oramai storica che risponde al nome di Tre Giorni della Valtellina!

La classica Mountain Trial abbinata ad una gara aperta a tutte le categorie, organizzata su tre giorni nell’ultimo weekend di agosto nella splendida location dell’alta Valtellina, è la ricetta che l’indimenticabile Lino Della Rodolfa ideò nell’anno 2000 per dare vita al suo ideale di Trial. Una formula vincente che anche dopo la prematura scomparsa del suo ideatore nel 2005 si è perpetrata sino ad oggi, arrivando ad essere una delle manifestazioni più importanti del mondo trialistico seconda per tradizione solo alla mitica Scottish Six Days, madre naturale del Trial.

Da diciassette edizioni la meravigliosa cittadina di Bormio ospita i quasi 400 trialisti provenienti da tutta Europa, un luogo turistico eccezionale che offre molteplici attività ludico-sportive così come semplice relax con le sue rinomate Terme, ovviamente per il trialista che durante i tre giorni di intensa attività mette a dura prova il suo fisico, questi plus diventano insostituibili.

La scelta di svolgere questa classica a fine agosto, garantisce quasi sempre un meteo ideale per poter apprezzare al massimo le bellezze naturali di queste montagne e così è stato anche per questa edizione 2016 caratterizzata proprio da un meteo particolarmente favorevole.

La “Tre giorni della Valtellina” ha nella sua filosofia originaria la competizione su più giorni e se questo continua ad essere il suo pedigree è altrettanto vero che parallelamente ha sviluppato una spiccata vocazione alla Mountain Trial, un mondo motociclistico a sé che fa del piacere della guida in montagna la propria ragione d’essere. Questa doppia chiave di lettura della manifestazione, porta per una volta l’anno agonisti e motoalpinisti ad incrociare le loro traiettorie celebrando a tutti gli effetti quella che si può definire senza tema di smentita, “La festa del Trial”.

I percorsi impegnativi, paesaggi magnifici e luoghi incantati fuori dal tempo, sono gli ingredienti perfetti per un cocktail adatto ad ubriacare di Trial per tre giorni i 350 motoalpinisti che giungono in gruppi affiatati per confrontarsi ogni anno sui 300 km di sentieri alpini, ogni volta increduli di poterli liberamente percorrere, una volta tanto senza essere inseguiti da guardie ecologiche.

LA MIA TRE GIORNI

Devo ammettere che ho sempre guardato da distante questa manifestazione perché troppo orientato all’agonismo puro e fondamentalmente concentrato sugli sviluppi del Campionato Italiano che mi vedeva protagonista nella categoria Master. A questo ho dovuto aggiungere il mio precedente lavoro che non mi consentiva di assentarmi nel periodo estivo per più giorni.

Finalmente nell’edizione numero diciassette, decido di portare i tasselli della mia VERTIGO su questi mitici percorsi, con la presunzione di fare la gara nonostante sia assente dai campi di gara da cinque anni direttamente nella categoria che un tempo mi aveva visto protagonista. Mi preparo con attenzione cercando di recuperare gli automatismi anche questi inesorabilmente arrugginiti dal pochissimo allenamento di questi anni e parto convinto perlomeno di poter esprimere il mio Trial. Cerco di capire da chi ha già corso le difficoltà del percorso di gara e mi informo sulle peculiarità della gara che esigono una particolare attenzione alla gestione del carburante, così come ad un razionale allestimento dello zaino con ricambi, attrezzi ed alimenti. Le conferme sulla correttezza delle informazioni raccolte mi arrivano poi il giovedì sera nel consueto briefing precedente la gara, dopo che nel pomeriggio si erano tenute le verifiche amministrative, invero molto alla buona segno che la FMI sa anche adeguarsi alle diverse realtà.

Eccomi quindi al via del venerdì carico di aspettative e buoni propositi di risultato, il tempo è bellissimo ed il terreno mi è consono, così parto convinto per affrontare le venti zone per un solo lungo giro di 90 km da percorrere in nove ore e mezza. Le prime zone sono nel piazzale di partenza e sono decisamente facili vanno però progressivamente aumentando di difficoltà nel corso della gara e per questo accumulo un deciso ritardo dal gruppo dei primi pur classificandomi quinto di giornata nella categoria super. Il sabato la musica non cambia, sono poco incisivo fin dalle prime sezioni e la lunga salita verso il passo della Forcola mi trova impreparato fisicamente e le bellissime zone stile scottish le eseguo pedalando come un principiante (che peccato!), la giornata si rivela essere molto dura con i suoi 110 km ed arrivo con giusto due minuti di anticipo sul tempo massimo, con troppi punti e sempre più stanco, nella generale scendo di una posizione. La domenica il giro è più breve 60 km con le solite venti zone da concludere in sei ore, parto bene ma le difficoltà troppo indooristiche delle zone, il mio allenamento evidentemente insufficiente e spiace ammetterlo una carta di identità che mi mette di fronte alla non verdissima età di 49 anni mi fanno chiudere la gara carico di punti ed al settimo posto finale.

Ma è proprio durante il percorso di questi tre giorni che emergono gli aspetti che rendono memorabile questo evento, il lungo trasferimento giornaliero verso valle, significa dover poi risalire verso la partenza e questo è sinonimo di sentieri splendidi immersi in una natura spettacolare che porta a raggiunger le cime circostanti Bormio, Sondalo, Grosio e Tirano giusto al limitare del Parco Nazionale dello Stelvio e dell’Adamello.

Il cameratismo che si manifesta durante i tre giorni è l’altro aspetto che rende piacevole questa esperienza, io in particolare partito da solo ritrovo sul cammino numerosi conoscenti ed in particolare l’amico Massimo Raselli che oltre a seguirmi con determinazione ha realizzato le foto del servizio.

Parafrasando il cult movie Blade Runner, viene spontaneo esclamare: “ho visto cose che voi umani non potreste nemmeno immaginare…”, trovarsi a termine della prima giornata sulla cima di Bormio tremila in un paesaggio lunare proietta realmente nell’immaginario moto e pilota sulle nuvole, che dire poi quando al sabato sugli alpeggi al passo della Forcola si incrociano specchi d’acqua trasparente che invitano a tuffarsi vestiti. La domenica accade poi che al termine della lunga risalita verso gli impianti sciistici al culmine del tratto “Hard” ti si apre davanti uno scenario che toglie il fiato, il ghiacciaio di Cima Piazzi per il quale lo ammetto mi sono emozionato. È stato tutto perfetto, una progressione di difficoltà che giorno per giorno hanno riempito l’anima dei 400 inguaribili amanti dello Sport del Trial, incantati mai come in questa edizione dalla maestosità della montagna.

Per inciso ho già prenotato il posto per l’edizione 2017!