Nico Cereghini: “Riportare a casa la moto”

Nico Cereghini: “Riportare a casa la moto”
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
Dopo una caduta, la moto deve tornare a casa. Non importa in che condizioni sia ridotta. Vale in pista e vale anche sulla strada: la moto non si abbandona mai
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
24 gennaio 2017

Punti chiave

Ciao a tutti! Mi capitano tra le mani due vecchie foto in bianco e nero e mi domando: ma davvero questo catorcio è una SFC? Era l’ottobre del ’74, e si correva a Misano la terza prova del trofeo Magnani per le derivate di serie, con le batterie e la finale. Protagoniste della classe maggiore, la 750, le Kawasaki 2T tre cilindri contro le bicilindriche Ducati, Guzzi e Laverda. Con la SFC ufficiale (Giancarlo Daneu l’altro pilota) avevo fatto il quarto tempo dietro a Salmi (Kawa), Sabattini e Sciaresa, e nella batteria me la stavo giocando con Giulio Sabattini, fortissimo ducatista toscano, quando un pilota ruppe il motore e inondò la pista d’olio, non segnalato. Appena il tempo di accorgermi che Giulio alle mie spalle era volato via, e alla Brutapela scivolavo anch’io seguito poco dopo da Paolo Bonera. Dei ventotto partenti chiudemmo la seconda batteria soltanto in sei ed io, che ero riuscito a rialzare la moto e concludere, ero il sesto; dunque sarei partito per la finale dall’ultima fila. Avevamo solo dieci minuti per sistemare la moto, strappammo in fretta e furia la semicarena sbrindellata e il contagiri divelto, nastrammo il codone rotto, raddrizzammo il manubrio e via.
 

Ricordo che in quell’occasione il d.s. Laverda era l’amico Augusto Brettoni con una caviglia ingessata. Me lo ricordo bene perché nella mia rimonta, da ultimo a primo, quando passavo davanti ai box, invece della tabella vedevo la stampella che lui agitava con entusiasmo. Ma pochi giri dopo aver infilato il gruppetto dei primi, fui costretto a rallentare e poi a fermarmi: il cambio aveva ceduto, maledetto lui. La vedete alle mie spalle l’altra SFC con il numero 60? E’ quella privata di Franco Uncini che poi vinse la sua prima gara in carriera davanti a Faccioli, Sartini e Daneu. Ho ancora nella testa e nel cuore le emozioni di quella giornata, la felicità assoluta e la più amara delle delusioni.


Tante altre volte sono caduto, purtroppo anche in strada, e dietro all’accaduto c’è stato ogni volta un pensiero: riuscire a riportare a casa la moto. Sono sicuro che sia capitato anche a molti di voi: quando per fortuna non ci sono conseguenze fisiche, niente di rotto se non la manica della giacca o della tuta, allora si solleva la moto, la si mette sul cavalletto, le si gira intorno per verificare i danni, e se le ruote girano ancora bisogna riportarla a casa. C’è anche della soddisfazione, quando ci si riesce. Ho riportato indietro moto storte e moto sfondate, moto prive delle leve sul manubrio, moto senza più sella o strumentazione. Anche le moto degli altri, se il legittimo pilota non era in grado, cedendo la mia. Ogni volta sentendomi tenuto a farlo, senza alternative, perché una moto non si abbandona mai.


E un pensiero va in chiusura a chi è colpito dal terremoto in centro Italia, nelle località appenniniche che tanti motociclisti hanno frequentato ed amato moltissimo. Anche in questo momento c’è chi sta lottando per la sopravvivenza e ci sono i soccorritori che non si arrendono. Noi qui parliamo semplicemente di moto, ma il pensiero è laggiù: siamo con voi, anche dalla peggior botta si può ripartire.

Riportare a casa la moto2