Triumph Thunderbird

Triumph Thunderbird
Maurizio Tanca
  • di Maurizio Tanca
La terza Thunderbird della storia di Triumph è la moto di serie con il più grosso bicilindrico fronte marcia del mondo. Costa 13.990 euro, o 14.590 con l’Abs
  • Maurizio Tanca
  • di Maurizio Tanca
14 gennaio 2010

Thunderbird, l’Uccello di Tuono, mitologica creatura venerata dai pellerossa americani e rappresentata, ad ali spiegate, in cima ai loro totem. Così la Ford battezzò quella che sarebbe diventata una delle sue più celebri vetture, la mitica convertibile costruita in ben undici generazioni dal 1955 al 2005, e affettuosamente denominata “T-Bird” dagli appassionati. Ma il suggestivo nome Thunderbird era già stato utilizzato qualche anno prima da Edward “Ted” Turner, il celebre progettista di quello che sarebbe diventato il motore bicilindrico più famoso del mondo: il leggendario Triumph Speed Twin 500 (nato addirittura nel 1936) e utilizzato dalla casa inglese praticamente fino agli inizi degli anni ottanta. Nel 1948, Turner aveva infatti presentato al Salone londinese di Earl’s Court la nuova bicilindrica Thunderbird, equipaggiata con lo Speed Twin maggiorato a 649 cc, creata per controbattere – anche e soprattutto nelle competizioni – le fortissime bicilindriche Harley-Davidson in casa loro. La Triumph Thunderbird divenne presto un best seller - peraltro protagonista anche a livello mediatico, e protagonista, assieme al grande Marlon Brando, del cult-movie “Il Selvaggio”, del 1954 – e rimase in produzione, in differenti versioni, fino alla seconda metà degli anni sessanta.

Il motore, in questa moto, fa la parte del leone anche dal punto di vista estetico


Per ritrovare il nome Thunderbird nella storia della Triumph bisognerà attendere gli anni novanta,
quando l’industriale John Bloor iniziò il rilancio del marchio. La nuova Thunderbird 900 arrivò a fine ‘94, vestita da classica naked turistica Bonneville-style e dotata di un piacevolissimo tricilindrico raffreddato a liquido che, se non ci fosse il radiatore, sembrerebbe raffreddato ad aria, per via delle alettature sui cilindri. Questo modello, affiancato nel ’99 dalla versione Sport con doppio disco anteriore (inizialmente con due silenziatori sovrapposti, poi con due tromboncini ai lati), rimase in produzione fino al 2004.
Se la Thunderbird 900 (a parte quel cilindro in più) tutto sommato era affine alla progenitrice, ecco che la Casa britannica, con un deciso colpo di scena, nel 2008 presenta la nuova Thunderbird: una possente cruiser (!), che certamente non esce dal coro per motivi di stile, decisamente classico, ma senz’altro grazie al suo potente bicilindrico da ben 1.597 cc: un motorone con la trasmissione finale a cinghia che trasmette la sua coppia poderosa a uno pneumatico posteriore da 200/50. La T-Bird dell’ultima generazione è dunque l’unica moto di serie al mondo dotata di un bicilindrico frontemarcia di cilindrata così elevata, e in quanto tale assume di diritto il ruolo di ammiraglia della flottiglia delle altre Triumph twin, accomunate dal motore da 865 cc.
La corpulenta inglesotta dal nome leggendario costa 13.990 euro “chiavi in mano”, che salgono a 14.590 per la versione con ABS, nella livrea in tinta unita Jet Black. Nel caso invece foste attratti dalle colorazioni Two Tone bicolore (Aluminium Silver/Jet Black, oppure Pacific Blue/Fusion White, come quella che abbiamo provato noi) sappiate che dovreste spendere altri 400 euro.  Per il 2010, inoltre, sono state presentate due nuove versioni cromatiche Special Edition davvero belle: si chiamano Phantom Blue Haze e Phantom Red Haze, e costano 900 euro più della versionenera. Dulcis in fundo, per chi non si accontenta mai esiste anche un kit Big Bore, il cui nome dice già tutto: il kit comprende nuovi pistoni maggiorati, cilindri, alberi a camme e molle della frizione rinforzate, e consente un incremento cilindrata al limite dei 1.700 cc; la potenza conseguentemente sale da 86 a 97 cv a parità di regime (4.850 giri), mentre il valore della coppia massima sale da 14,9 a 15,8 chilogrammetri, sempre a soli 2.750 giri. Le Thunderbird factory-fitted 1700cc, ovvero quelle che arrivano da Hinckley con il kit già montato, sono omologate per circolare su strada e sono riconoscibili grazie al coperchio frizione cromato che riporta l’incisione “1700”. Costano 1.600 euro in più. Chi vuol farsi montare il kit sulla sua T-Bird, invece, dovrà rivolgersi a un concessionario Triumph: il costo è di circa 960 euro, manodopera esclusa.

Indubbiamente cruiser


La nuova Triumph Thunderbird è stata disegnata da Tim Prentice, che precedentemente si era già occupato delle Yamaha Road Star, delle Honda VTX e Rune e della stessa Triumph Rocket III Touring. Il suo look, come già detto, è decisamente classico, indubbiamente da custom/cuiser, senza grossi sprazzi di fantasia ma comunque elegante. La moto è ben fatta, e personalmente la giudico molto piacevole da guardare, anche se non mi sarebbe dispiaciuta con un bel faro carenato, tipo il “nacelle” delle T-Bird degli anni sessanta: tuttavia, tra i numerosi accessori a disposizione figura anche un bel mini-cupolino che giova decisamente allo stile della moto. C’è da dire che il motore, in questa moto, fa davvero la parte del leone anche dal punto di vista estetico: è davvero bellissimo, magistralmente rifinito e privo di elementi di disturbo (cavi, staffe o che altro) che ne “sporchino” il look. Un gran bel pezzo, insomma, così pulito ed elegante - come peraltro lo è tutta la moto – che verrebbe voglia di mettersene uno in casa come complemento di arredamento. Peccato che davanti ci sia quel grosso radiatore a rovinare un po’ la festa, ma, del resto, il raffreddamento è a liquido…Tra l’altro, il sellino posteriore della T-Bird è asportabile, il che la rende decisamente più bella.
Il cruscotto, come da regolamento, è piazzato sul largo serbatoio da 22 litri
Il cruscotto, come da regolamento, è piazzato sul largo serbatoio da 22 litri

Il cruscotto, come da regolamento, è piazzato sul largo serbatoio da 22 litri: una console cromata a forma di goccia incorpora l’unico strumento circolare, che oltre alle varie spie contiene sia il tachimetro che, in basso, il contagiri, entrambi analogici.
La scala superiore del tachimetro però è in miglia orarie, mentre sotto è riportata quella giusta per noi (ovvero in km/h), che tuttavia ha le cifre più piccole, non agevolissime da leggere (specie la sera) al pari di quelle del contagiri, la cui zona rossa inizia a 7.000. Sulla destra è ricavato un piccolo display lcd, che riporta il livello del carburante (a barrette), l’ora, il chilometraggio totale, due trip parziali e il trip-fuel, ovvero i chilometri di autonomia residua: funzioni comodamente selezionabili premendo un apposito pulsantino sul blocchetto elettrico di destra. Quanto alla chiave di accensione, è posizionata a destra, sotto al serbatoio. Da notare che gli indicatori direzionali sono a rientro automatico, però manca il pulsante del lampeggio, chissà mai perché…

Motore & ciclistica


Il forzutissimo bicilindrico da 1.597 cc vive grazie a due grossi pistoni da 103,8 mm che corrono su e giù per 93,4 mm, mossi da un albero motore fasato a 270°, come quello delle Scrambler, Speedgear ed America (quello di Bonneville e Thruxton, invece, ha l’albero a 360°), per aincrementarne ulteriormente l’erogazione ai bassi regimi. Naturalmente si tratta di un motore progettato completamente ex-novo, con raffreddamento a liquido, iniezione elettronica e distribuzione bialbero a camme in testa con quattro valvole per cilindro. La frizione, azionata idraulicamente, gestisce un cambio a sei marce, mentre la trasmissione finale a cinghia ricompare su una Triumph per la prima volta dal lontano 1922, ed è accreditata di una longevità tripla rispetto agli standard attuali.
Naturalmente non c’è nulla di stravolgente a livello ciclistico. Classico telaio a doppia culla in tubi d’acciaio (con cannotto inclinato di 32°, avancorsa di 151 mm e interasse di 1.615), forcella Showa con steli da 47 mm di diametro e corsa di 120, due ammortizzatori Showa regolabili in precarico su cinque posizioni e corsa di 95 mm, e un impianto frenante Nissin composto da tre disconi da 310 mm, con pinze anteriori a quattro pistoncini e posteriore a due. Le belle ruote in lega, da 3,50x19” e 6,00x17”, montano radiali Metzeler Marathon da 120/70 e 200/55.

Scendiamo in sella


 Una cruiser che si rispetti deve avere un baricentro il piuttosto basso, e la sella della Thunderbird, a soli 7o centimetri da terra, è lì a testimoniarlo. Il peso dichiarato dalla Casa è di 339 chili in ordine di marcia, cui dovrebbero corrisponderne quasi 323 a secco. Un bel blocco mobile di metallo e gomma, quindi, che però, come spesso capita con moto di questa categoria, dinamicamente non dimostra affatto la sua stazza.
La postura in sella è classica: gambe allargate appoggiate al serbatoio corposo, piedi in avanti e busto eretto; le braccia non sono completamente estese, quindi nelle manovre da traffico intenso non si fatica più di tanto. Le leve al manubrio sono abbastanza massicce, ma il comando della frizione è piacevolmente morbido, mentre la frenata anteriore, per contro, richiede un discreto sforzo. 

Di vibrazioni fastidiose non se ne avvertono, a testimonianza di una buona bilanciatura interna


Nonostante la massa importante della T-Bird 1600, dicevo, portarla in giro non è affatto faticoso: guidarla è agevole, il peso dell’avantreno si avverte solo nelle manovre strette, ma basta un minimo di velocità perché l’inerzia lo faccia pressoché sparire. Si guida con piacere, insomma, difficile sentirsi impacciati se non in situazioni limite (tipo retromarcia in leggera salita), e anche quando si esce dalla città e ci si trova su qualche bel misto, l’inglesona mostra una rimarchevole agilità, a dispetto del passo e del gommone posteriore. La moto è generalmente stabile e consente anche di piegare dignitosamente, anche se prima o poi, preso un buon ritmo tra le curve, ci si ritrova quasi inevitabilmente a consumare materiale, a cominciare dai tacchi degli stivali, i primi a soccombere sull’asfalto. Un plauso va senz’altro al comfort delle sospensioni, e in particolare agli ammortizzatori, che filtrano a meraviglia anche gli odiosissimi dossi di rallentamento e difficilmente picchiano a fondo corsa (naturalmente senza passeggero a bordo). È  davvero raro, su moto del genere, non patire sul pavé o sullo sconnesso, tant’è che la T-Bird fortunatamente gode di questa apprezzabilissima virtù.
I freni sono potenti – il posteriore anche troppo, però il feeling col pedale è migliorabile – ma, come già accennato, ci vuole molta forza sulla leva per ottenere buoni risultati.

È davvero raro, su moto del genere, non patire sul pavé o sullo sconnesso, ma la T-Bird fortunatamente gode di questa apprezzabilissima virtù
È davvero raro, su moto del genere, non patire sul pavé o sullo sconnesso, ma la T-Bird fortunatamente gode di questa apprezzabilissima virtù

Personalmente mi sono divertito di più ad utilizzare il freno motore che ad attaccarmi ai freni: un fattore che chiaramente non può mancare a un bicilindrico di questa cubatura, che oltretutto, scalando le marce anche rapidamente, risponde dolcemente, come se la frizione fosse antisaltellamento. Un bel motore questo: pensate che in sesta si può trotterellare dolcemente a poco più di 1.500 giri e poi dare gas senza alcun sussulto, accompagnati da un bofonchiare cupo e ovattato. Già a 2.000 giri la spinta diventa poderosa e le braccia si allungano, anche se poi oltre i  5.000 giri inizia la rapida fase calante, e quando il limitatore “stacca “, sui 7.000, il bello è finito già da un po’. Ma chi se ne frega del limitatore, vien da dire: qui si può viaggiare forte con il motore che gira in souplesse in ogni marcia, e godersela tenendo l’ago del contagiri non oltre la metà scala, senza forzare inutilmente solo per il gusto di farlo. Il bello, oltretutto, è che di vibrazioni fastidiose non se ne avvertono, a testimonianza di una buona bilanciatura interna. Riguardo al cambio, generalmente è dolce e abbastanza fluido e rapido, sopporta senza problemi il mancato uso della frizione e, con un po’ di mestiere, si riesce anche a evitare il rumore nell’innesto della prima. Ma diventa fastidiosamente ruvido e duro quando, muovendosi lentamente nel traffico, può capitare di scalare più marce tenendo sempre la frizione tirata.
Inevitabilmente, e naturalmente, oltre i 120 orari indicati si inizia un po’ a soffrire l’aria, a insistendo oltre inizia a diventar difficile tenere le gambe aderenti al serbatoio. Chi vuol viaggiare, dunque, dovrà dotare la sua T-Bird degli appositi accessori da turismo appositamente creati (vedi sito www.triumph.co.uk/italy).

I consumi che abbiamo rilevato durante il nostro test variano dai 13 km/litro nell’impiego quotidiano, ai 18 nell’impiego misto autostrada/strade extraurbane.

 

Pregi
  • Motore esclusivo
  • Erogazione
  • Trasmissione finale | Vibrazioni ridotte | Qualità costruttiva | Comfort ammortizzatori
Difetti
  • Strumentazione scarsamente leggibile
  • Manca il pulsante del lampeggio | Cambio duro a bassissime velocità

 

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Triumph Thunderbird 1600 ABS
Triumph

Triumph
Via R. Morandi, 27/B
20090 Segrate (MI) - Italia
02 84130994
stefano.nizzola@triumph.co.uk
https://www.triumphmotorcycles.it

  • Prezzo 15.600 €
  • Cilindrata 1.597 cc
  • Potenza 84 cv
  • Peso 339 kg
  • Sella 700 mm
  • Serbatoio 22 lt
Triumph

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20090 Segrate (MI) - Italia
02 84130994
stefano.nizzola@triumph.co.uk
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Scheda tecnica Triumph Thunderbird 1600 ABS

Cilindrata
1.597 cc
Cilindri
2 in linea
Categoria
Gran Turismo
Potenza
84 cv 62 kw 4.850 rpm
Peso
339 kg
Sella
700 mm
Inizio Fine produzione
2009 2016
tutti i dati

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