WDW 2014, Ulrich Hackenberg (Audi): “Il desmo è il futuro. Magari a fasatura variabile”

WDW 2014, Ulrich Hackenberg (Audi): “Il desmo è il futuro. Magari a fasatura variabile”
Il responsabile dello sviluppo del Gruppo Audi parla assieme a Claudio Domenicali di gare, soluzioni tecniche e modelli futuri per il marchio di Borgo Panigale
19 luglio 2014

Punti chiave

Il World Ducati Week, kermesse mondiale per gli appassionati della Casa di Borgo Panigale, è stata la gradita occasione per una interessantissima tavola rotonda – presente la migliore stampa di settore a livello mondiale – con Claudio Domenicali e Ulrich Hackenberg, responsabile dello sviluppo del Gruppo Audi.

 

Il Professor Hackenberg, nato nel 1950 a Herne, si è laureato all’Aachen University, conquistando successivamente un dottorato nel 1985 all’Automotive Institute con una tesi relativa alla dinamica del motociclo (più precisamente sul “comportamento stabile del sistema ‘pilota-motociclo-strada’”). Successivamente, Hackenberg è entrato in Audi, dove dal 1989 in avanti si è occupato di Concept Definition e successivamente di Technical Project Management per diversi modelli fra cui Audi 80, A3, A4, A6, A8, TT e A2.

Dopo una parentesi in Volkswagen in veste di Capo dello sviluppo della Sovrastruttura, durante la quale si è però anche occupato da un punto di vista tecnico di alcuni modelli Bentley e Rolls-Royce, nel 2002 Hackenberg è rientrato in Audi per occuparsi di sviluppo dei Concept, della Sovrastruttura e di soluzioni elettriche ed elettroniche. Nel 2007 è entrato a far parte del consiglio tecnico di sviluppo Volkswagen, ristrutturando l’impegno sportivo della Casa, e da luglio 2013 è entrato a far parte del Consiglio d’amministrazione Audi, con responsabilità diretta sullo sviluppo del marchio dei quattro anelli ma anche di tutti i marchi di proprietà del gruppo.

 

Stiamo parlando con due motociclisti, dunque, dato che la passione di Domenicali è ben nota al pubblico dei ducatisti. Prende quindi la parola proprio Claudio per scaldare l’ambiente.
«Vado in moto più spesso che posso, almeno una volta a settimana. Ogni occasione è buona, e ovviamente guido sempre tutti i nostri prototipi e le moto della concorrenza. In fondo nasco come appassionato, solo in seguito sono riuscito a trasformare la mia passione in una professione. Credo che sia una caratteristica fondamentale, perché quando si parla di prodotto motociclistico non si può pretendere di capirne bene tutti gli aspetti senza una profonda conoscenza ed esperienza pratica. Poi, certo, abbiamo i nostri tester professionisti, ma visto che tanti collaudatori Audi sono appassionati motociclisti attendiamo con ansia una loro impressione sui nostri modelli»

 

Hackenberg ribadisce il concetto
«E’ vero, abbiamo in atto un’importante collaborazione sotto quest’aspetto. Abbiamo fatto di recente una comparativa interna di tutte le moto Ducati e anche della concorrenza, nel sud Italia. Anche io, personalmente, vado in moto tutte le volte che posso: sotto il mio ufficio ho un garage con 15 fra Ducati e moto della concorrenza, che provo tutte le volte che ne ho occasione. Ieri, qui al WDW, volevo prendere in prestito una moto per spostarmi, ma sono salito in sella e dopo cinque secondi ho ricordato di avere un’operazione al ginocchio la prossima settimana. Meglio aspettare…»

 

E visto che si parla di WDW viene spontaneo chiedere ad Hackenberg cosa lo abbia affascinato di più qui al raduno.
«Tanta passione, sicuramente, ma soprattutto percepire una passione comune fra Ducati e Audi. Il 50% delle moto qui sono personalizzate, non solo nell’estetica – quello che conta per gli appassionati è la tecnica. Tolgono più sovrastrutture possibile per lasciare i dettagli più tecnici e tecnologici in bella vista: è un trait d’union fra Ducati ed Audi: anche noi siamo affascinati dai dettagli e dalla tecnica, ci piace farla vedere il più possibile. E poi il vedere come gli appassionati cerchino di migliorare continuamente il proprio mezzo: io stesso cerco di ascoltare il più possibile i nostri clienti per capire cosa gli piace, cosa possiamo migliorare. E’ una parte importantissima della nostra cultura, e in questo trovo una forte identità con i Ducatisti»

 

Abbiamo imparato tante cose studiando le moto e i motori Ducati, soprattutto in materia di alleggerimento per quanto riguarda le soluzioni tecniche, come esemplifica bene la Panigale

Audi è proprietaria di Ducati ormai da due anni, ma non possiamo dire di aver già percepito il “tocco Audi” nei prodotti di serie, almeno per quanto riguarda soluzioni e tecnologie. In realtà l’interscambio di informazioni procede molto bene, soprattutto su temi tecnologici. Audi ha imparato qualcosa da Ducati e, naturalmente, viceversa
«C’è naturalmente un continuo scambio d’informazioni. Stiamo aiutandoci a vicenda: noi da parte nostra abbiamo imparato tante cose studiando i motori Ducati, soprattutto in materia di alleggerimento – uno dei nostri pallini – non solo per quanto riguarda i materiali ma anche nelle soluzioni tecniche, come esemplifica bene la Panigale dove abbiamo trovato nuovi concetti molto interessanti anche per noi. Ducati dal canto suo può imparare molto dal nostro metodo di lavoro, soprattutto i nostri metodi di soluzione dei problemi e nel campo dell’elettronica motore e nei materiali. Possiamo condividere tante informazioni per risolvere i problemi che dobbiamo affrontare tutti i giorni»

 

L’industria Automotive è il punto di riferimento tecnologico per tutta l’industria della mobilità su ruote. Cerchiamo quindi di capire quali siano le principali differenze dello stato dell’arte fra le due.
«Parlando di un marchio come Ducati le differenze sono facilmente percettibili: si tratta di una moto specialistica, studiata per essere vincente solamente in alcuni aspetti, in un uso piuttosto ristretto. Non è una moto versatilissima. Nelle auto, anche le Audi più sportive devono essere molto più versatili, utilizzabili anche nell’uso quotidiano. Di conseguenza i reparti R&D hanno diversi tipi di conoscenze ed esperienze: nelle moto come Ducati bisogna essere più specialistici, nelle auto più ampi e versatili»

 

Ci sono comunque tecnologie specifiche in cui Ducati ha molto da attingere da Audi, soprattutto in tema di gestione elettronica, illuminazione di nuova generazione e controlli di stabilità, ma anche nelle tecnologie di interconnessione fra veicoli.
«E’ vero: Audi è leader nella produzione di impianti di illuminazione LED, ma anche Laser, che per primi abbiamo offerto su un’auto di serie, la nostra R8. L‘elettronica per la gestione della dinamica del veicolo è un’altra delle nostre grandi competenze, soprattutto perché da sempre ci sviluppiamo tutto il software da soli, e in questo possiamo trasferire gran parte della nostra conoscenza verso Ducati. Il che non significa che possiamo semplicemente adattare i nostri sistemi: per sviluppare, ma anche solo per pensare sistemi del genere serve una profonda conoscenza della dinamica della moto, che in Audi ovviamente manca. Ducati invece ce l’ha, e quello che stiamo cercando di fare è mettere a fattor comune queste eccellenze, condividendo con loro la nostra esperienza, il nostro know-how elettronico e software per aiutarli a sviluppare le loro logiche di funzionamento. Ma è un processo lungo, fatto di tante prove, errori e correzioni»

 

Prende quindi la parola Domenicali, che scende un po’ più nel dettaglio rispetto all’ultimo aspetto citato.
«Come forse sapete, internamente all’ACEM (l’associazione europea delle Case produttrici) abbiamo stretto un accordo per dotare entro il 2020 tutti i veicoli di sistemi d’interconnessione, per migliorare la sicurezza tanto delle moto quanto delle auto. Abbiamo una task force dedicata, internamente al reparto Ducati Ricerca e Sviluppo, che sta lavorando a stretto contatto con le loro controparti in Audi per studiare il modo di applicare queste tecnologie nascenti nel settore auto anche sulle moto. Si tratta di un programma fondamentale per noi»

 

E l’ibrido? C’è un futuro per queste tecnologie?
«E’ ancora prematuro, perché l’interazione fra i due motori porta a complicazioni in termini di risposta all’acceleratore molto difficili da risolvere a livello accettabile per una moto sportiva come dev’essere una Ducati. La tecnologia elettrica “pura” è più interessante, ma gli accumulatori attuali non consentono ancora autonomie accettabili unite a prestazioni interessanti. La clientela Ducati ha un’opinione molto precisa su ciò che vuole – prestazioni e leggerezza. Finché non sapremo offrire queste cose resteremo sulla propulsione tradizionale»

 

Restando sul piano tecnologico è interessante vedere cosa pensi Hackenberg del desmodromico. Come sottolinea l’ingegner Domenicali, non si tratta di una soluzione di mero marketing: il desmo offre grandi vantaggi tecnici, garantendo potenzialità di accelerazione per le valvole competitive con la distribuzione a comando pneumatico agli alti regimi, e prestazioni più favorevoli rispetto al tradizionale ritorno a molla ai medi.
«E’ un sistema più complicato e costoso rispetto a uno tradizionale, ma di fatto è il cuore di Ducati, è possiamo serenamente dire che sia qui per restare. Credo che sarà fondamentale anche per il futuro di Ducati, e forse anche per il nostro - posso dirvi che lo stiamo studiando anche per potenziali applicazioni su motori Audi. Piuttosto, vista la nostra esperienza auto, possiamo pensare di sviluppare nel prossimo futuro un comando a fasatura variabile. Non aspettatevelo a breve, naturalmente»

 

Stiamo parlando di futuro, tanto vale cercare di capire cosa riserva agli appassionati. Domenicali si lascia scappare la promessa di ben due modelli completamente nuovi – invece che il tradizionale modello singolo – per la prossima stagione. In quali segmenti?
«Non posso dirvi niente, anche se tutti i segmenti, almeno finché si mantiene l’identità Ducati – prestazioni e piacere di guida – sono papabili. Non faremo moto economiche – per noi è difficile produrle con un livello qualitativo compatibile con il marchio Ducati. Non vogliamo creare moto d’accesso per i giovanissimi, non ce lo possiamo permettere – preferiamo lasciare che Ducati resti un punto d’arrivo. Non combattiamo per il volume, vogliamo restare un marchio premium»

 

Azzardiamo: uno scooter? Dopotutto qualcun altro ha dimostrato come sia possibile coniugare praticità con sportività su uno scooter. Hackenberg taglia con decisione, lasciandoci sospettare come ci sia davvero qualcosa che bolle in pentola.
«Non esiste uno scooter veramente sportivo attualmente sul mercato! Però in effetti credo che sia possibile crearlo, magari interpretando il concetto di sport in maniera leggermente diverso, più americano. Diciamo qualcosa che garantisca accelerazioni brucianti partendo dal semaforo… »

 

Non esiste uno scooter veramente sportivo attualmente sul mercato! Però credo che sia possibile crearlo, magari interpretando il concetto di sport in maniera più americana

Tocchiamo infine anche lo sport. Audi è il marchio di riferimento per l’Endurance. Un ritorno di Ducati nella specialità? La parola passa a Domenicali.
«L’Endurance è una specialità molto interessante – il messaggio ai clienti in termini di qualità e affidabilità è molto forte, e ha quindi dei riscontri a cui siamo molto interessati. In questo momento però Ducati è forse la Casa più impegnati nello sport di tutto il panorama mondiale fra prototipi e derivate di serie, campionati nazionali e mondiali. Al momento non c’è spazio per altri impegni, ma a lungo termine sicuramente l’Endurance rientra fra i nostri interessi»

 

Lo sport è sempre un mezzo di promozione. Cosa ne pensa quindi Hackenberg di un pilota tedesco in MotoGP su una Ducati, per spingere il mercato in Germania?
«Il problema è semplice: per vincere a lungo termine serve il pilota migliore, ma per attirarlo bisogna offrirgli la moto migliore, e al momento non siamo in grado di farlo. Iannone e Dovizioso però sono già ottimi piloti: Dovi lo ha già dimostrato, e pensiamo che Iannone abbia un grande potenziale e potremmo scoprire di avere già in casa i campioni che ci servono. Nello specifico, però, credo che se avessimo un pilota tedesco dovrebbe essere in posizione di salire potenzialmente sul podio ad ogni gara. Se non fosse così non sarebbe un riscontro positivo per il nostro marchio»