Nico Cereghini: "Nessuno si fa male da furbo"

Nico Cereghini: "Nessuno si fa male da furbo"
Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
E’ una regola che va imparata il più presto possibile: tutti noi ci infortuniamo da stupidi, per distrazione o faciloneria. Concordate? Una eccezione: lo strano caso di Bonera che si ruppe il femore senza cadere
  • Nico Cereghini
  • di Nico Cereghini
29 settembre 2015

Punti chiave

Ciao a tutti! Una delle cose che un buon motociclista deve sapere, e prima lo impara meglio sarà per lui, è che nessuno si fa male da furbo. Le casistiche dei miei infortuni sono tante, in pista e soprattutto sulla strada, e purtroppo tutte le volte ho dovuto ammettere: “che fesso sono stato!”.
 

Ebbene, la scorsa settimana, in riferimento al pezzo su Sarron, un lettore ha ricordato il suo incontro casuale con un Gianfranco Bonera appiedato e con le stampelle. E lì mi è tornato in mente uno dei pochissimi casi di incidenti noti in cui un motociclista è incappato da solo, cioè senza il concorso di nessun altro e senza aver sbagliato nulla. Vi racconto la dinamica perché è la più incredibile che abbia mai visto. Il giorno in cui si fece male, metà marzo 1975, c’ero anch’io sulla pista di Modena ricavata dal vecchio aeroporto: turno di prove della 500 per il campionato italiano, Bonera con la MV ufficiale, io con la Suzuki bicilindrica Jada di terza mano, lui vice-campione del mondo in carica e io al debutto tra i seniores. Ero fermo ai box per una qualche modifica; mentre giravano Read e Agostini, e Bonera appunto che si preparava alla stagione più importante, la seconda con le quattro cilindri MV Agusta. Era uno dei favoriti del mondiale ed era soprattutto un mio amico: conoscevo tutta la sua numerosa famiglia e con lui avevo anche disputato il mio primo Bol d’Or tre anni prima.


Lo seguo con lo sguardo -a Modena si vedeva benissimo tutta la pista, completamente piatta come deve essere un aerodromo- e dopo la variante sinistra-destra-sinistra lui imbocca il curvone, una lunga piega a sinistra tutta in accelerazione, dalla seconda fino alla sesta. Da lontano, l’urlo della MV 500 arriva ovattato. E lì capita una cosa bizzarra: Bonera fa tutto il curvone, in modo apparentemente regolare. Poi stranamente accosta vicino all’ambulanza che staziona a bordo pista e lì si ferma, con la gamba destra a terra. Da lontano, saranno quattrocento metri in linea d’aria, mi pare che confabuli con i due infermieri che gli si avvicinano subito; poi quelli lo sollevano dalla moto, lo stendono sulla barella, lo caricano sul furgone e via verso il centro medico.


Per farla breve, Bonera aveva trovato una balla di paglia disallineata, forse spostata poco prima dalla fortuita spallata di un altro pilota che non aveva dato peso alla faccenda, e in quarta piena, sui 180 all’ora, l’aveva centrata con il ginocchio sinistro. Spezzandosi malamente il femore. Chiunque altro sarebbe volato via per il dolore e per il colpo, ma Gianfranco era tosto: forte come un toro, era riuscito a tenere il controllo della moto e a chiudere la curva. La sua MV l’ho vista dopo: il telaietto reggisella era piegato a destra di almeno venti gradi, e il lato destro del serbatoio, in corrispondenza del ginocchio, era sfondato dal contraccolpo. Gianfranco fu sostituito in squadra dal bravo Ramon Toracca per un paio di mesi e poi, dopo l’intervento e la convalescenza, sarebbe tornato a correre in giugno, ad Assen, sesto classificato nella gara che resta famosa per la beffa di Sheene: Ago con la Yamaha bruciato in volata dalla Suzuki e prima vittoria di Barry in 500.


Gianfranco Bonera, per la cronaca, passò nel ‘76 sulle Harley-Davidson 250 e 350 con Walter Villa, e con la prima si trovò particolarmente bene, tanto da vincere a Barcellona e finire sul podio quattro volte. Nelle stagioni successive alternò alle Yamaha 350 la Suzuki 500 con la quale, nel ’77, ottenne ancora un podio e buoni risultati concludendo la stagione al sesto posto. Nell’80 si fermò e si dedicò al salone Yamaha che aveva inaugurato qualche anno prima con i due fratelli Oscar e Paolo. Adesso se la gode con le gare delle moto classiche e per fortuna cammina bello dritto.


Ma tornando a bomba sulla regola iniziale, siete d’accordo anche voi sulla stupidità che è alla base dei nostri infortuni? Avete un’esperienza da raccontare e mettere in comune, per avvertire gli altri lettori e magari evitare loro qualche incidente?

Nessuno si fa male da furbo