Massimo Clarke: "La storia della Norton Commando"

Massimo Clarke: "La storia della Norton Commando"
Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Autentica regina delle mitiche bicilindriche britanniche, ha segnato il punto finale di una linea evolutiva iniziata nel 1949 | M. Clarke
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
25 luglio 2014

Per quasi tutti gli anni Sessanta le grosse moto inglesi sono state il sogno degli appassionati. In giro di quella cilindrata e con quelle prestazioni non c’era nient’altro, se si esclude la BMW R 69S, che però era di un tipo diverso, con il suo motore boxer e la sua trasmissione finale ad albero, e tutto sommato si rivolgeva a un’altra categoria di utenti. Le bicilindriche Laverda e Guzzi sono apparse solo verso la fine del decennio e le pluricilindriche giapponesi da noi sono arrivate all’inizio degli anni Settanta. Ma non si trattava solo di dimensioni e di cavalli; le inglesi avevano un fascino particolare…

A mostrare la strada del motore a due cilindri paralleli frontemarcia, in un mondo dominato dai grossi mono e dai bicilindrici a V, era stata la Triumph nel 1937, anno di presentazione della famosa 5T Speed Twin. Il successo era stato tale che, una volta terminata la seconda guerra mondiale, anche gli altri costruttori britannici si sono affrettati a realizzare moto dello stesso tipo, cioè con un motore di architettura e cilindrata analoghe. Alla fine del 1946 la BSA ha presentato la A7 Star Twin e verso il termine del 1948 è stata la volta della Royal Enfield e della Norton (con il modello 7, progettato da Bert Hopwood ed entrato in produzione l’anno successivo). La bicilindrica del gruppo AMC (ovvero AJS e Matchless) è arrivata qualche mese dopo, con inizio della fabbricazione nel 1949. Tutte queste moto avevano motori di 500 cm3, ma ben presto è apparso chiaro che una buona fetta del mercato richiedeva prestazioni superiori, il che rendeva necessario un incremento della cilindrata. Nel 1949 la Triumph ha presentato la sua 650 (modello 6T Thunderbird) e l’anno seguente è stata la volta della BSA, con il modello A 10. Questa stessa strada è stata ben presto seguita anche dalle altre case.

Norton gonfia i muscoli

La Norton ha aumentato la cilindrata del suo bicilindrico solo nel 1956, quando ha messo in produzione il modello 99 di 600 cm3. Il successivo passo è stato quello di portare la cilindrata a 650 cm3, con la Dominator 650 SS, apparsa nel 1961. La versione di 750 è entrata in scena alla fine del 1962 con il modello Atlas. Il celebre telaio Featherbed a doppia culla continua aveva fatto la sua comparsa sui modelli di serie a partire dal 1951, con il modello 88, versione sportiva della 500. È interessante osservare che i bicilindrici Norton hanno continuato a impiegare una testa in ghisa fino alla fine del 1954; quella in lega di alluminio infatti è stata montata solo a partire dall’anno seguente.

Norton Atlas
Norton Atlas

Il motore a due cilindri paralleli era realizzato seguendo largamente i classici dettami della scuola britannica. L’albero a gomiti, con manovelle a 360°, era in tre parti (due semialberi più un grosso volano centrale) che venivano unite mediante viti con dadi; a supportarlo provvedevano due cuscinetti di banco (quello destro era a sfere e quello sinistro a rulli). Le bielle erano forgiate in lega di alluminio contenente il 2% di rame. La distribuzione era ad aste e bilancieri, con l’albero a camme collocato nella parte anteriore del basamento e azionato da una corta catena a rulli. I due cilindri erano incorporati in un’unica fusione in ghisa; pure la testa era costituita da una fusione singola, in lega di alluminio ad alta conduttività termica. Per ogni cilindro vi erano due valvole, inclinate tra loro di 58°. La lubrificazione era a carter secco con doppia pompa a ingranaggi.

 

Per risolvere il problema delle vibrazioni, i tecnici della Norton Hooper e Trigg hanno ideato un sistema che prevedeva la realizzazione di motore, cambio e forcellone oscillante collegati rigidamente con grosse piastre di acciaio. Il tutto veniva vincolato al telaio per mezzo di silentblock

La Norton Atlas era sicuramente una moto straordinaria, in fatto di prestazioni, quando è entrata in scena. La potenza del motore, che aveva un alesaggio di 73 mm e una corsa di 89 mm, era da record; veniva infatti indicata in ben 52 cavalli a 6800 giri/min. Era però afflitta da vibrazioni tremende e inoltre dopo qualche tempo i segni dell’età hanno cominciato ad essere evidenti, a livello di parte ciclistica e di estetica. La Norton, che non è mai stata una azienda di grandi dimensioni, era stata acquisita dal gruppo AMC nel 1952. Attorno alla metà degli anni Sessanta questo gruppo industriale di notevoli dimensioni è entrato in una seria crisi finanziaria. La sua fine è arrivata nel 1966, con un cambio di proprietà e la nascita della Norton Villiers. La nuova dirigenza ha subito varato un programma teso alla realizzazione di una nuova ammiraglia, di impostazione moderna sia sotto il profilo stilistico che sotto quello tecnico. Il compito di progettare il nuovo modello di punta, in meno di 12 mesi (la presentazione doveva avvenire al Salone di Londra del 1967), è stato affidato a Stefan Bauer, che proveniva dal settore aeronautico. È stato così realizzato un nuovo telaio, a doppia culla continua e con un tubo superiore di rilevante diametro (ben 57 mm), all’interno del quale il motore veniva montato con i cilindri non più verticali ma sensibilmente inclinati in avanti. La cosa era possibile senza alcun problema grazie al fatto che la Norton continuava ad impiegare la classica ma arcaica soluzione del cambio separato. Tanto la BSA quanto la Triumph per le loro bicilindriche erano passate al cambio in blocco all’inizio degli anni Sessanta (e in seguito quando si è trattato di realizzare un motore di 750 cm3, non hanno fatto ulteriormente crescere la cilindrata dei loro bicilindrici, ma hanno realizzato un nuovo modello a tre cilindri). Per risolvere il problema delle vibrazioni, i tecnici della Norton Hooper e Trigg hanno ideato un sistema che prevedeva la realizzazione di un gruppo costituito dai tre componenti fondamentali, ovvero il motore, il cambio e il forcellone oscillante, collegati rigidamente tra loro da grosse piastre di acciaio. Il tutto veniva vincolato al telaio per mezzo di elementi elastici in gomma. Questi silentblock risolvevano quindi il problema delle vibrazioni; per evitare che il forcellone potesse avere un movimento laterale eccessivo, deleterio per la tenuta di strada, era necessario effettuare una accurata regolazione mediante rasamenti di adatto spessore. A livello meccanico, vanno segnalati, rispetto all’Atlas, il passaggio a una catena triplex per la trasmissione primaria e l’adozione di una frizione dotata di molla a diaframma. Per il resto, tutto rimaneva praticamente invariato.

 

Arriva la Commando

La Norton Commando è entrata in produzione nel 1968 destando subito un grande interesse tra gli appassionati. Aveva una estetica straordinaria e prestazioni entusiasmanti; inoltre le doti della ciclistica e l’elasticità del motore la rendevano godibilissima nell’uso. La casa dichiarava per questa moto una potenza di 58 cavalli a 6800 giri/min. La versione originale, con l’innovativo codino, è stata ben presto denominata Fastback; ad essa è stata affiancata nel 1969 la S, che poi si è evoluta nella Roadster.

I problemi di gioventù per la nuova Norton non sono mancati; alcuni sono stati risolti, ma altri… Dopo meno di un anno dall’inizio della produzione il telaio è stato modificato nella zona dietro il cannotto di sterzo, per eliminare il rischio di cedimenti (qualche caso si era infatti verificato). Nel corso del 1969 i contatti del ruttore sono stati collocati in corrispondenza della estremità destra dell’albero a camme (prima erano dietro la base dei cilindri, dallo stesso lato). L’impianto elettrico non è mai stato un punto di forza, per le moto inglesi (non per nulla i motociclisti d’oltremanica avevano soprannominato “principe delle tenebre” il sig. Lucas); il Commando non faceva certo eccezione, sotto questo aspetto. Se è vero che le vibrazioni non venivano trasmesse alla moto, è altrettanto vero che il motore continuava a vibrare; in diverse occasioni questo ha creato non trascurabili problemi ai carburatori. Per lo stesso motivo il tubetto che portava l’olio alla testa, in origine rigido, è stato in seguito sostituito da un altro flessibile, che non si rompeva più.

Norton Commando Fastback
Norton Commando Fastback

Ben presto è stata realizzata una versione destinata alle gare per le moto derivate dalla serie, denominata Commando PR. Nel 1972 ha fatto la sua comparsa la Interstate, versione con estetica riveduta e serbatoio di grande capacità, destinata a impiego granturistico. Su di essa, come pure sui modelli Fastback e Roadster è stato montato il motore Combat, dotato di una potenza più elevata, ben 65 cavalli. Non si è trattato di una decisione saggia perché questo variante più spinta del classico bicilindrico ha accusato seri problemi di affidabilità e di durata (talvolta i cuscinetti di banco cedevano dopo percorrenze inferiori ai 10.000 km!), cosa che ha portato la Norton a fare retromarcia, adottando motori più tranquilli e riveduti in alcuni particolari per l’annata successiva. Attorno alla metà del 1972 il freno anteriore a tamburo è stato sostituito da uno a disco.

Il 1973 è stato l’ultimo anno di produzione per il motore di 750 cm3. Ad aprile è apparsa la nuova versione di 850 cm3, ottenuta portando l’alesaggio a 77 mm. La potenza veniva indicata in 60 cavalli a 6200 giri/min, ma si trattava di un valore piuttosto ottimistico; nel 1975 il dato ufficiale è diventato 58 cv a 5900 giri/min. La produzione è proseguita ancora per un paio di anni, accompagnata da un drammatico calo delle vendite, e la situazione economica dell’azienda si è andata facendo sempre più disperata. Nel 1975, che è stato l’ultimo anno di “vera” attività della casa, sono stati adottati il comando del cambio a sinistra e l’avviamento elettrico (che faceva rapidamente scaricare la batteria). Dopo, si è andati avanti per inerzia, in maniera discontinua, fino a che, nell’ottobre del 1977, è stato montato l’ultimo esemplare di questa gloriosa bicilindrica. Ciò secondo i dati ufficiali, ma pare che nei mesi successivi qualche altra moto sia stata assemblata con i ricambi giacenti ancora nel magazzino.

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