Jurgen Stoffregen, BMW: “La G310 è una vera BMW, non un giocattolo”

Jurgen Stoffregen, BMW: “La G310 è una vera BMW, non un giocattolo”
Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
Il "papà" della G310R ci racconta la genesi e gli obiettivi della nuova entry level di Monaco di Baviera
  • Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
12 novembre 2015

Diciamo la verità: ci aspettavamo una BMW di piccola cilindrata fin da quando è stato ufficializzato l’accordo fra la Casa dell’Elica e il colosso indiano TVS. Alle prime foto spia è seguito il debutto, poco meno di un mese fa, del concept 310 stunt. Conoscendo la lunga tradizione BMW in materia – ai concept fa immancabilmente seguito, anche se in tempi non sempre brevi, un modello di serie che come minimo condivide la piattaforma motoristica – sapevamo che a Monaco erano pronti per rivaleggiare con la concorrenza, europea più che giapponese.

Detto fatto, in occasione della conferenza in cui BMW ha parlato del suo futuro abbiamo presenziato al lancio della G310R, che arriverà nella seconda metà del 2016 ad un prezzo ancora non definito ma che ci suggeriscono allineato alla concorrenza europea. Occasione in cui abbiamo avuto l’opportunità di scambiare due chiacchiere con Jurgen Stoffregen, responsabile BMW per il progetto 310, che ci ha raccontato come è stata pensata e con quali obiettivi la nuova naked BMW.

Cominciamo dal principio: quando è iniziato il progetto della 310?

«Abbiamo firmato l’accordo di collaborazione nell’aprile 2013, anche se il lavoro è iniziato qualche tempo prima con una fase preliminare. Diciamo che la gestazione è durata tre anni/tre anni e mezzo».

Quali erano i vostri obiettivi?

«Il primo era chiarissimo: volevamo creare una vera BMW. Per qualità, per stile, per tecnologia e personalità. E volevamo una moto adulta – leggera, piccola, ma che fosse una moto vera, non un giocattolo. La qualità doveva essere all’altezza di una BMW da tutti i punti di vista: sviluppo, produzione, componentistica. Da questo punto di vista le nostre aziende hanno collaborato molto bene, i colleghi indiani si sono dimostrati estremamente cooperativi, con tanta voglia di imparare da noi. E sono molto bravi nel produrre moto di piccola cilindrata ma di elevata qualità».

«Se pensate da europei è facile screditare un po’ la produzione indiana, ma se pensate al tipico cliente indiano, che spende per una moto – un mezzo di trasporto quotidiano – un sacco di soldi, per i suoi standard, capite che si tratta di un investimento che deve avere un elevato livello di affidabilità e qualità, altrimenti abbandonerà la Casa che non lo ha soddisfatto».

«Abbiamo quindi capito che i nostri partner erano più che capaci di produrre mezzi di elevata qualità, abbiamo semplicemente dovuto passargli le specifiche produttive BMW – per ogni pezzo che definiamo abbiamo standard interni per quanto riguarda qualità, materiali impiegati, robustezza».

La moto è composta comunque per il 90% di parti prodotte in India.

«Le uniche parti prodotte in Europa sono l’ABS, Continental, e la gestione elettronica Magneti Marelli. Tutto il resto, compresi i componenti motore sono prodotti in India. Ma dovete pensare che la maggior parte dei produttori indiani hanno accordi di collaborazione con case europee – prendete Kolbenschmidt, il costruttore tedesco specializzato in pistoni, produce anche in India. Sostanzialmente molti produttori indiani stanno facendo esperienza attraverso collaborazioni con fornitori europei».

Il che significa però che la concorrenza indiana assorbe know-how da aziende europee…

«Certo – mi aspettavo la domanda. Era una delle mie preoccupazioni, ma dopo questa esperienza posso dire con certezza che certo, condividiamo parte delle nostre conoscenze ed esperienze, ma la cosa porta ad un mutuo beneficio, perché possiamo acquistare da loro parti di livello qualitativo più elevato. L’altro aspetto che ho imparato è che la conoscenza è qualcosa che si può trasmettere, insegnare a scuola, farsi da soli, ma si tratta solo del 50% del quadro globale. Il resto lo fanno la nostra forma mentale, il nostro approccio tipicamente europeo».

«La debolezza delle aziende indiane non sta certo nella conoscenza, ma nel modo in cui la applicano. Hanno menti molto brillanti, persone dalla formazione sopraffina, ma dopo questa esperienza posso dire che sono diventato ancora più orgoglioso della nostra cultura europea, fatta di collaborazione e discussione – altrove si accettano specifiche senza pensare a come fare meglio, semplicemente perché è quello che si deve fare. Ciò significa che l’ingegneria europea non è a rischio da questo punto di vista, sono piuttosto tranquillo da questo punto di vista».

«Per contro posso dire che la grande forza delle aziende indiane sta nel riuscire a seguire con la massima precisione le specifiche stabilite – da un punto di vista qualitativo è un asset impagabile».

Parliamo della moto. Perché una cilindrata di 310?

«Si tratta di un mero calcolo che parte da un rapporto alesaggio/corsa che volevamo ottenere. 300 invece di 250 o 400, invece, perché volevamo avere una moto oltre i 250cc – quando abbiamo iniziato a pensare questa moto tutti i costruttori erano posizionati su quella cilindrata, ma sulla scorta dell’esperienza passata ho pensato che la logica evoluzione dei modelli sarebbe stata di arrivare attorno ai 300. Non abbiamo invece voluto crescere di cilindrata per non pregiudicare l’economia d’esercizio, aspetto importantissimo in molti dei paesi in cui intendiamo entrare con la 310 – alcuni paesi, a parte il consumo, hanno tassazioni molto pesanti per le cilindrate superiori che ci penalizzerebbero moltissimo».

Naturalmente la moto è Euro-4?

«Certo. Siamo partiti fin dall’inizio con l’obiettivo dell’Euro-4 pur sapendo che inizialmente ci avrebbe penalizzati. Ma avremmo comunque dovuto lavorare successivamente per omologare il motore secondo la Euro-4, quindi abbiamo pensato che un approccio integrato sarebbe stato migliore».

Pensate però ad altre versioni di diversa cilindrata su questa piattaforma?

«Al momento non ne stiamo neanche parlando, l’impegno è già massimo già solo per portare sul mercato questa prima versione. Sicuramente lo schema tecnico è aperto a diverse varianti, ma al momento non sono in programma».

Avete iniziato con la versione naked. Quante altre versioni avete in programma?

«Non voglio parlarne in questa fase» risponde ridendo Jurgen. «Seriamente – potete facilmente immaginare quali possibilità si aprano. Diciamo che abbiamo altre idee ma davvero – al momento siamo concentrati su questo scenario».

Quindi non vedremo una G310GS nei prossimi due anni, diciamo. Ma quando arriverà la G310R?

«Prevediamo un lancio mondiale in contemporanea nella seconda metà del 2016, anche se al momento non vogliamo dare una data precisa perché al momento, anche in considerazione del fatto che stiamo parlando di una collaborazione fra due aziende, ci sono troppe variabili da considerare per essere più specifici. E non sappiamo bene come divideremo la disponibilità fra i vari paesi a seconda della richiesta».

Parlando del motore: come mai la scelta di uno schema tanto atipico, a cilindro girato?

«Siamo partiti con tante idee diverse, facendo diversi studi preliminari. Volevamo una moto piccola e leggera, ma di nuovo, una moto adulta. Una delle cose più importanti era coniugare una buona stabilità con la giusta maneggevolezza da parte di chiunque. Una moto divertente per i motociclisti esperti ma allo stesso tempo accessibile per i principianti. Per ottenere questo risultato sono necessarie quote ciclistiche ben precise».

«Un altro dei prerequisiti era l’avere un cilindro inclinato per poter definire condotti d’aspirazione rettilinei. Mettendo insieme tutto questo, se si cerca un’impostazione un po’ sportiva è auspicabile una distribuzione dei pesi un po’ spostata sull’avantreno, e quindi bisogna cercare di posizionare il motore piuttosto in avanti, per poter avere un forcellone abbastanza lungo a parità di interasse e garantire così la giusta stabilità. La nostra soluzione, in questo caso, è ottimale sotto tutti gli aspetti».

«La cosa porta anche a benefici in ottica Euro-4, per cui è importante che il catalizzatore si scaldi molto rapidamente e quindi serve un collettore di scarico molto corto. Diventa evidente che il nostro schema è la soluzione ottimale».

Insomma, una decisione meramente tecnica?

«Certo, anche se all’inizio abbiamo riflettuto sul fatto che i clienti avrebbero potuto non accettarla. Ma poi abbiamo pensato che siamo BMW, siamo nuovi in questo segmento, e questa soluzione non sarebbe stata se non un’ulteriore dimostrazione del fatto che se BMW entra in un nuovo segmento lo fa con la prospettiva di innovare».

Volendo parlare del prezzo?

«Non l’abbiamo ancora definito, ma è evidente che entrando in un segmento nuovo, dove abbiamo ancora molto da dimostrare, è essenziale presentarsi con un prezzo allettante. E’ lo stesso discorso che abbiamo fatto con la S1000RR: abbiamo pensato che in un segmento tanto competitivo avevamo bisogno di entrare con un prezzo altrettanto competitivo».

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