Franco Farnè, un mito col desmo nel cuore, ci ha lasciati

Franco Farnè, un mito col desmo nel cuore, ci ha lasciati
Maurizio Tanca
  • di Maurizio Tanca
Una dolorosa perdita nel nostro ambiente. All’età di 80 anni ci ha lasciati uno dei tecnici più noti del nostro motociclismo. Cresciuto letteralmente all’ombra dello stabilimento di Borgo Panigale, Franco Farnè era una vera icona del mondo Ducati
  • Maurizio Tanca
  • di Maurizio Tanca
5 marzo 2015

Quando l’ingegner Fabio Taglioni creò i mitici motori desmo, a metà degli anni 50, Franco Farnè era già in forze alla Ducati in veste di meccanico, e correva con il famoso ciclomotore Cucciolo. Uomo dalla grande sensibilità, in qualità di pilota e collaudatore divenne presto una figura fondamentale nell’ambito della produzione, come in quella delle corse, ove diventò uno dei tecnici più famosi ed apprezzati a livello mondiale. La sua carriera di pilota venne stroncata da un incidente che gli limitò parzialmente l’uso del braccio destro, ma non tanto da impedirgli di accompagnare passo passo la storia della sua amata Ducati attraverso momenti e periodi esaltanti. 

Come quando l’ingegner Taglioni creò la bicilindrica 500 GP, prima bicilindrica desmodromica progenitrice delle mitiche 750. E non per caso nel ’72 Franco fu co-protagonista del vittorioso esordio delle 750SS alla 200 Miglia di Imola, con Smart e Spaggiari primo e secondo. Mentre nel 1978 seguì il leggendario Mike Hailwood nel suo magico ritorno alle corse, che vide l’asso britannico tornare alla vittoria al TT con la 900 bicilindrica desmo dopo 8 anni di assenza dalle gare. Naturalmente il tecnico bolognese fece anche parte della celeberrima scuderia bolognese N.C.R. (affiancando quindi i celebri Giorgio Nepoti e Rino Caracchi, altri due tecnici di alto livello), che funse praticamente da reparto corse esterno in quegli anni settanta in cui il marchio bolognese era in mano alle pastoie burocratiche statali dell’Efim: l’ente statale decise infatti di affidare all’esterno un’attività sportiva ormai limitata alle moto derivate dalla serie, vedi F1 e gare di durata, con le grosse bicilindriche.
Un’attività sportiva che ovviamente l’ingegner Taglioni e lo stesso Farnè ritenevano fondamentale per lo sviluppo della produzione e per l’immagine dell'azienda, in contrasto totale con l’assoluto scetticismo, se non dell’assoluto disinteresse della dirigenza Ducati.

 

Inutile dire che l’acquisizione della Ducati da parte dei fratelli Castiglioni fu una vera manna per l’ottimo Farnè, ormai da tempo uomo simbolo del marchio Ducati, che operò ufficialmente a fianco dell’ingegner Massimo Bordi nel rinnovato reparto corse fino all’età di 62 anni, ovvero nel 1996, anno del suo pensionamento, per diventare poi preziosissimo consulente fino al 2000.

In quegli anni Farnè ed i suoi uomini gestirono l’esordio della prima Ducati 750 bicilindrica bialbero raffreddata a liquido e alimentata ad iniezione, che nel 1988 dominò a Donington la primissima gara del neonato Mondiale Superbike con Marco Lucchinelli. Così come fu a fianco di Carl Fogarty fin dall’esordio nel ’93, sempre a Donington. Dopodiché offrì la sua esperienza al team Superbike allestito dalla Bimota per Anthony Gobert e diretto da Virginio Ferrari, che chiamò appunto Farnè per sviluppare il bicilindrico Suzuki a iniezione della nervosissima SB8. Ovvero la moto con cui il bizzoso australiano vinse una manche sul bagnato a Phillip Island. L’avventura tuttavia fallì presto per motivi economici, sicché Farnè se ne tornò in NCR, finché la salute gli è rimasta amica.
E noi lo ricordiamo con affetto e commozione.

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