Creatività italiana: moltiplicare i cilindri

Creatività italiana: moltiplicare i cilindri
Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Spesso creatività e passione sono un cocktail esplosivo. Vedi queste realizzazioni pluricilindriche di tecnici italiani
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
20 aprile 2017

Quella di realizzare motori pluricilindrici utilizzando due o più gruppi termici di un “mono” è un’idea che diversi appassionati hanno messo in pratica in varie occasioni. Talvolta anche certi costruttori hanno sfruttato questo principio modulare.
Per quanto riguarda i modelli di serie gli esempi sono stati molto rari, anche se interessanti; basta ricordare che a suo tempo l’inglese Vincent ha realizzato un mono di 500 cm3 e bicilindrico a V di cilindrata doppia utilizzando le stesse teste e gli stessi cilindri. In genere la modularità era meno spinta e ad essere intercambiabili, tra motori con diverso numero di cilindri, erano molti organi interni e non le fusioni principali. Si pensi alle Benelli 500 e 750 a quattro e sei cilindri degli anni Settanta e alle BMW K 75 e K 100

Assai più numerosi sono stati i casi che hanno interessato le moto da competizione, ma questo è avvenuto in larga misura per via del regolamento che da un certo punto in poi ha previsto che le 125, le 250 e le 500 potessero avere al massimo, rispettivamente, uno due e quattro cilindri. Si è trattato di un chiaro invito a far ricorso a una costruzione modulare, con identica cilindrata unitaria e identiche misure caratteristiche! Diversi costruttori hanno abbondantemente sfruttato questa possibilità. In altri casi le fusioni dei cilindri e delle teste potevano magari essere diverse, ma di sicuro i pistoni e le bielle non lo erano.

 

È doveroso ricordare due moto da corsa a quattro tempi che sono state costruite “raddoppiando” dei monocilindrici di successo, la svizzera Maltry (con due gruppi testa-cilindro Motobi) e la nostra Linto, ottenuta accoppiando due Aermacchi 250

Quelli sui quali preferiamo concentrare le nostre attenzioni sono però i motori artigianali realizzati con questo principio, che spesso sono stati particolarmente ingegnosi e “saporiti” e che nella maggior parte dei casi sono stati realizzati con mezzi estremamente limitati. È doveroso ricordare due moto da corsa a quattro tempi che sono state costruite “raddoppiando” dei monocilindrici di successo, la svizzera Maltry (con due gruppi testa-cilindro Motobi) e la nostra Linto (ottenuta accoppiando due Aermacchi 250).
A giovarsi maggiormente della filosofia costruttiva della quale ci stiamo occupando sono stati però i due tempi, assai più semplici sotto l’aspetto meccanico, e di gran lunga più diffusi, tra le piccole cilindrate. Gli esempi non mancano certo.

 

Il bicilindrico di 110 cm3 realizzato da Gonella nel 1965 era dotato di due gruppi testa/cilindro e di due alberi a gomito Franco Morini. Per l’accensione si impiegava il ruttore di un Gilera 300
Il bicilindrico di 110 cm3 realizzato da Gonella nel 1965 era dotato di due gruppi testa/cilindro e di due alberi a gomito Franco Morini. Per l’accensione si impiegava il ruttore di un Gilera 300

Il primo del quale ci occupiamo è un bicilindrico realizzato a Medicina, alle porte di Bologna, dal meccanico Franco Gonella. Che va giustamente ricordato anche perché presso la sua officina ha iniziato la sua carriera Rossano Brazzi, che in seguito ha per lungo tempo legato il suo nome a tanti successi della Aprilia nei Gran Premi.
Questo motore risale al 1965; si tratta di un bicilindrico di 110 cm3 ottenuto dalla unione di due monocilindrici Franco Morini. Veniva alimentato da due carburatori Dell’Orto da 19 mm e aveva una erogazione eccezionale, in rapporto alla cilindrata. I due alberi a gomiti individuali venivano collegati da un sistema a morsetto. Come si può osservare nelle foto, il cambio era quello di uno dei due “cinquantini” di partenza. Per consentirgli di sopportare senza problemi la coppia assai più elevata che il motore erogava, era collegato ad esso da una trasmissione primaria con un rapporto di riduzione diverso da quello originale. In questo modo il cambio girava più forte ma il momento torcente che ciascuna coppia di ingranaggi doveva trasmettere era minore.

Negli anni Sessanta Gonella ha realizzato anche un altro interessante prototipo artigianale, che però è andato purtroppo perduto. Si trattava di una Lambretta bicilindrica, realizzata in tre versioni, rispettivamente di 350, 400 e 500 cm3, che fornivano prestazioni impressionanti, in rapporto a quelle degli scooter dell’epoca.

 

Attorno alla metà degli anni Sessanta a Cervia Antonio Casamenti ha realizzato questo tricilindrico in linea utilizzando tre gruppi termici e tre manovellismi Minarelli
Attorno alla metà degli anni Sessanta a Cervia Antonio Casamenti ha realizzato questo tricilindrico in linea utilizzando tre gruppi termici e tre manovellismi Minarelli

Cervia non è solo una simpatica cittadina balneare. Ha anche una notevole importanza sotto l’aspetto motoristico. A Milano Marittima si sono svolte su di un circuito cittadino numerose gare che hanno visto anche una nutrita partecipazione straniera e a Castiglione di Cervia è nato l’ing. Savelli, padre della Benelli a quattro cilindri, grandi protagoniste dei Gran Premi degli anni Sessanta.
Cervia è anche la patria del pilota Bruno Casanova, dei fratelli Cicognani, che a suo tempo hanno sviluppato la Unimoto 80, e dell’ottimo tecnico Antonio Casamenti (che nei primi anni Settanta è stato un veloce pilota junior e ha colto importanti successi con l’Aermacchi Ala d’Oro preparata personalmente).
Proprio a lui è dovuto il prototipo che mostriamo nelle immagini allegate: un tricilindrico costruito utilizzando tre gruppi termici Minarelli 50. Quando ha realizzato questo motore, per divertimento e soddisfazione personale, Casamenti aveva una ventina d’anni e di motori motociclistici a tre cilindri in giro non ce ne erano (le Kawasaki non erano ancora arrivate). Niente male per un giovane appassionato!

Per completare questo servizio sulla “moltiplicazione” dei cilindri di alcuni motori a due tempi non si possono non citare i Rumi a tre, quattro e sei cilindri realizzato da Fabbri, che gli appassionati delle moto storiche hanno potuto ammirare in più occasioni. E poi c’è una incredibile realizzazione brianzola, la Crippa a sei cilindri con ammissione a disco rotante, della quale ci occuperemo prossimamente assieme ad altri prototipi di grande interesse costruiti dallo stesso tecnico.