Fausto Gresini: "Tornare a Sepang senza Marco è stato difficile"

Fausto Gresini: "Tornare a Sepang senza Marco è stato difficile"
Giovanni Zamagni
Il ritorno in Malesia è stato uno shock, devastante e Fausto Gresini fatica a trattenere l’emozione. Il manager italiano racconta come sia continuare a lavorare senza il Sic | G. Zamagni
6 marzo 2012

Punti chiave

Il ritorno in Malesia è stato uno shock, devastante e Fausto Gresini fatica a trattenere l’emozione. Prima il saluto ai ragazzi dentro al box, poi una corsa con il motorino fino alla maledetta curva numero 11, quella dove il 23 ottobre Marco Simoncelli ha perso la vita per una serie terribile di coincidenze negative. Qualche minuto di raccoglimento, la tristezza che, ancora una volta, prende il sopravvento, poi di nuovo al box perché la vita, in qualche modo deve andare avanti.
 

Fausto, che effetto fa tornare qui?
«Da quando sono partito dall’Italia che penso a cosa avrei provato tornando qui. Non è una bella sensazione tornare qui, perché tornano in mente tutti gli eventi tragici di quel momento e, inevitabilmente, diventi triste. Tornare qui è difficile, è stata una bella botta ed è come dover ricominciare da capo. Però bisogna farlo, in qualche maniera la vita continua e io ho scelto di andare avanti, anche se non è facile. Qui, con Marco, avevo condiviso anche momenti belli, come nei test del 2011, quando fece il miglior tempo: sembrava tutto fantastico. E’ inevitabile che arrivi lo sconforto venendo qui a Sepang».


Dopo l’incidente di Simoncelli, quanto sei stato vicino a smettere?
«Ci ho pensato, ma un sacco di gente mi ha chiesto di non farlo, di andare avanti: mi hanno dato una motivazione importante in un momento difficilissimo. Questo è il mio mestiere, il mio mondo, anche se oggi mi sento un po’ tradito dalle moto, proprio per quello che è successo. Purtroppo gli incidenti possono capitare e quello di Sic è stato molto particolare nella dinamica: questo ti fa arrabbiare ancora di più, ti lascia l’amaro in bocca. Pensi che non sia giusto, perché non era qualcosa che potevi evitare, ma era scritta nel destino. Dopo questa ennesima sfiga, credo un po’ più nel destino».


Parliamo del 2012: si riparte con Alvaro Bautista con una Honda RC213V e con Michele Pirro con una CRT. Cominciamo da Bautista: quali sono le prospettive e gli obiettivi?
«In questi anni, Alvaro ha fatto una buona esperienza in Suzuki sia per sviluppare la moto sia per la guida. Ha dimostrato, specie nel 2011, di essere un buon pilota, ottenendo buoni risultati con una moto non troppo competitiva. Ha dimostrato di avere talento. Non mi aspetto di vincere le gare o di lottare per il titolo, ma mi aspetto di fare un buon campionato, dove possiamo essere costantemente nei primi 6-7 e togliersi anche qualche soddisfazione. Mi piace molto il suo approccio: è un ragazzo tranquillo, semplice, sincero. Insomma, una bella persona».


Tecnicamente com’è la situazione, che appoggio avete dalla Honda?
«A oggi, le nostre moto sono uguali a quelle della HRC: ci hanno dato un buonissimo prodotto, una moto ben fatta, molto diversa dalla RC212V. Naturalmente c’è da lavorare, soprattutto per noi che abbiamo fatto scelte tecniche diverse, come le sospensioni Showa e i freni Nissin. Credo che anche ad Alvaro serva un po’ di tempo per capire il sistema di lavoro della Honda, diverso da quello che lui conosceva in Suzuki. E’ un ragazzo che affronta le cose con calma, senza esagerare e questo è un aspetto molto positivo: facendo così, può crescere più velocemente, perché la fretta, con queste moto, è cattiva consigliera».


Parliamo della CRT: la moto ancora non si è vista. Com’è la situazione?
«Siamo in ritardo con il programma. Proprio qui a Sepang, lo scorso ottobre, abbiamo fatto un accordo con la FTR e avrebbero dovuto consegnarci le moto entro metà gennaio. Purtroppo, però, stiamo montando solo adesso le moto e avremmo dovuto fare il primo test ad Aragon l’8 e il 9 di marzo, ma non è stato possibile e abbiamo dovuto rinviare il debutto a Jerez (23, 24 e 25 marzo, NDA). Sono amareggiato per questo ritardo, ma la moto non mi sembra male, anche se, naturalmente, ci sarà bisogno di tempo per sviluppare un progetto totalmente nuovo».


Qui a Sepang le CRT sono molto staccate dalle MotoGP, mentre a Jerez l’Aprilia ART di De Puniet è andata più che discretamente: cosa ti aspetti dalla vostra CRT e qual è il reale valore di queste moto?
«Io credo sia più vicino a quello di Jerez, ma molto dipende dal tracciato. Quella di Sepang è una pista “estrema”, molto penalizzante per le CRT. Sicuramente la ART è la CRT più a posto e competitiva e De Puniet è un pilota esperto. Inoltre, quello di Jerez è un circuito che si adatta bene a questo tipo di moto. Credo che in calendario ci siano più piste guidate e meno estreme di questa di Sepang: quindi le CRT saranno più competitive di quanto visto in Malesia. E’ chiaro che le CRT dovranno pagare un gap importante, ma potranno migliorare parecchio durante la stagione».


Tra Dorna e Case costruttrici c’è disaccordo sul futuro della MotoGP: tu come la vedi?
«Io avrei preferito fare due MotoGP, ma non è stato possibile, perché i costi erano troppo elevati e per avere due piloti in pista ho dovuto scegliere una CRT. Bisognava fare qualcosa di drastico, perché avevamo raggiunto un punto di non ritorno, con poche moto in pista. E quest’anno sarebbero state ancora meno, senza prospettive future. Ci voleva una presa di posizione forte per cominciare a cambiare il sistema: Dorna ha fatto la scelta giusta per avere una griglia più corposa, anche se con qualche pilota non all’altezza. Probabilmente ci si doveva pensare prima, siamo arrivati in ritardo e quando prendi decisioni in ritardo hai poco tempo per gestire la situazione».


Ma il futuro è delle MotoGP o delle CRT?
«Questa è una partita che devono giocare le Case con la Dorna. E’ importante avere in pista 20-22 moto, fare spettacolo, avere più piloti competitivi: deve essere questo l’obiettivo di un campionato bello e affascinante come è la MotoGP, che in questi anni ha perso un po’ di fascino».


Per quanto riguarda il campionato, il pronostico sembra tutto a favore di Stoner: si può battere?
«Anch’io vedo Stoner davanti a tutti: se non riescono a fermarlo un po’ all’inizio, non lo fermano più. Lui in prova è sempre velocissimo, ma in gara è un po’ diverso: gli altri piloti dovranno essere aggressivi e cercare di mettergli un po’ di pressione. Altrimenti diventa quasi imbattibile».